Se ci seguite da tempo o foste comunque pratici dell’universo tech cinese, sicuramente avrete già sentito parlare più volte di LeEco, inizialmente conosciuta come LeTV. Stiamo parlando di una realtà che in pochi anni di attività è riuscita quasi da subito ad imporsi come promettente top player del settore.
Tuttavia, in questi ultimi mesi la società sta dando numerosi segnali di crisi, dimostrando alcune debolezze che potrebbero minarne il futuro. Quale sorte si prospetta per LeEco?
LeTV, la nascita di una nuova stella nel firmamento asiatico
Il progetto LeTV nasce dalla mente di Jia Yueting, imprenditore allora 30enne di Pechino, inizialmente sotto il monicker di Le.com, formalmente denominato come Leshi Network. Siamo nel 2004, periodo storico in cui i media iniziarono lentamente a migrare dalla TV al web visto il crescente interesse. A differenza di YouTube, nata successivamente nel 2005, la piattaforma di Yueting seguiva uno stile più canonico, trasponendo contenuti televisivi/cinematografici/sportivi/musicali dall’antenna, appunto, al web. Il successo giunge presto, visto che nel 2007 è il primo servizio video al mondo a generare profitti e nel 2010 diventa la prima azienda del settore ad essere quotata in borsa.
Salto temporale, siamo a cavallo fra il 2014 ed il 2015 e nacque Leshi Holdings, un ramo dell’azienda che si sarebbe occupato della produzione di servizi e prodotti strettamente collegati ai contenuti di Le.com. Da ciò nacquero altre costole, fra cui LeMusic, servizio musicale con contenuti audio/video, e LeMobile, ovvero quella che abbiamo poi conosciuto come LeTV.
Ecco quindi che, ad inizio 2015, in rete si inizia a parlare del primo smartphone targato LeTV, il Le 1 X600, al quale sono succeduti i maggiori Le 1 Pro X800 ed Le 1 Max X900. Ma il telefono che fece innamorare molti fu in particolar modo il Le 1s X500: equipaggiato con l’acclamato Helio X10, cavallo di battaglia della MediaTek d’allora, fu uno dei primi esempi di “tecnologia di serie A al giusto prezzo” (cit.), una filosofia cardine del mercato dei cinafonini, a partire da Xiaomi fino a OnePlus.
Stiamo parlando di prodotti che, seppur provenienti da una società emergente e proposti a prezzi più accessibili della media, presentavano caratteristiche innovative e solitamente ad appannaggio di brand più blasonati, come la cura dei materiali e del comparto multimediale. Insomma, se dovessimo decretare un premio 2015 per l’azienda più coraggiosa, innovativa e di qualità, LeTV sarebbe una delle sicure candidate.
LeTV e la metamorfosi in LeEco
Se c’è una cosa, però, in cui LeTV non è mai stata un esempio da imitare è l’utilizzo dei nomi. Basti pensare al succitato LeTV Le 1, denominato anche “Le S” ed “X600”, al cui è succeduto il LeTV Le 1s, conosciuto anche come “Le X500” (e non “X700”), a cui aggiungere i successivi Le X800 aka Le 1 Pro o S1 Pro, X900 aka Le 1 Max, S1 Max, Le X608 e così via: il caos, e stiamo parlando di soli 4 telefoni! Per non parlare del nome stesso dell’azienda: certo, i tuoi prodotti comprendono anche smart TV, ma quanto può essere produttivo chiamarsi LeTV se uno dei tuoi core business sono gli smartphone?
Se tutta questa confusione non bastasse, LeTV ha ben pensato di debuttare sul suolo statunitense in occasione del CES 2016 presentando il Le Max Pro X910 (da noi incontrato al MWC 2016), ovvero il primo smartphone al mondo a montare lo Snapdragon 820 di Qualcomm, riuscendo ad anticipare con 1-2 mesi d’anticipo competitors ben più noti come Samsung, LG ed HTC.
Peccato che questo smartphone non sia mai ufficialmente arrivato sul mercato, a dimostrazione di come questa mossa fu unicamente una sorta di atto di forza da parte di LeTV. Non che ci sia nulla di strano eh, il mercato è pieno di episodi di questo tipo, però il rischio che ciò vada ad intaccare la propria credibilità in futuro è tangibile.
Sì, era arrivato il momento per il colosso cinese di trovare un’entità ben precisa e marcata. Cambio di logo ed ecco che nasce LeEco!
I 3 colori blu, rosso e verde più il grigio, ovvero la somma dei 3 colori, rappresenta l’integrazione della tecnologia, cultura ed internet all’interno dell’ecosistema dell’azienda. Il punto formato dalla sovrapposizione delle linee simboleggia il perno dove combaciano “EUI” e “Le Fans”. La connessione e l’interazione tra le lettere “L” ed “E” esprime il costante spirito di rottura dei confini da parte di LeEco, oltre alla sinergia dell’ecosistema.“Dirigenti di LeEco
Ma è ad aprile 2016 che LeEco si rinnova definitivamente, presentando la nuova gamma di smartphone comprensiva di Le 2, Le 2 Pro e Le Max 2. Stiamo parlando di terminali sì competitivi, ma che iniziarono a soffrire la concorrenza dei numerosi competitors sempre più attenti al rapporto qualità/prezzo. Non è un caso se il device LeEco più venduto durante tutto il 2016 sia stato proprio il più economico del lotto Le 2.
Più in là durante l’anno verranno poi lanciati altri due nuovi modelli, il Cool1, nato dalla stretta collaborazione con Coolpad (di cui LeEco è azionista di maggioranza) ed il Le Pro 3. Quest’ultimo, assieme al Le Max 2, rappresentarono delle anomalie. Perché? La risposta è molto semplice: la presenza della tanto discussa banda 20.
Come ben sappiamo, non essendo utilizzata in Cina, buona parte delle aziende cinesi non la integrano a bordo dei propri smartphone, in quanto farlo avrebbe un costo e, essendo prodotti destinati quasi interamente alla Cina, sarebbe uno spreco di denaro.
Il cruccio di LeEco: uscire o rimanere in madre patria?
In un mondo così globalizzato ma allo stesso tempo così diviso, è importante per un’azienda capire quale sia il suo target e calibrarsi di conseguenza. Sotto questo punto di vista, possiamo dividere il settore degli smartphone in 3 macro-categorie: quelli venduti praticamente ovunque (Apple, Samsung, LG e co.), quelli venduti quasi soltanto in Cina (OPPO, Vivo ecc.) e quelli che stanno nel mezzo. Ed in quest’ultima categoria rientrano a pieno nomi come Xiaomi, Meizu e LeEco.
Ma facciamo un passo indietro: da cosa nasce questa separazione fra mercato asiatico ed internazionale? Questa scissione trova le sue fondamenta in due ambiti: quello sociale e quello logistico.
Parlando del primo, le differenze a livello sociale fra il mondo occidentale e quello asiatico vanno inevitabilmente ad impattare sui trend e relative vendite. Nel caso degli smartphone, i devices che in Asia hanno più appeal offrono ampi display, tanta memoria (RAM e ROM) e fotocamere con tanti mega-pixel, specialmente quelle frontali: qualcuno ha detto OPPO e Vivo? Non è un caso se, ad esempio, Samsung stava per lanciare il Note 7 e potrebbe lanciare un S8 con 6 GB di RAM sul mercato orientale.
Se ci si sposta in Occidente, principalmente USA ed Europa, l’hype per uno smartphone non si basa solamente specifiche, anzi. Ci sono altri meccanismi, principalmente legati al marketing, che vanno ad influire inevitabilmente, spostando le scelte della massa verso altri aspetti.
Non è un caso se Huawei ma anche OnePlus hanno spinto sull’acceleratore della macchina pubblicitaria, dando vita a campagne e spot con personaggi del calibro di Scarlett Johansson o Emily Ratajkowski: perché, parliamoci chiaro, quello che fa vendere non sono i 6 GB di RAM ma la fig…ura, l’immagine di un brand. Scherzi a parte, basta pensare ad OPPO, la quale vende milioni di smartphone in Cina ma che quando ha provato ad espandersi in Europa non ha ottenuto i risultati sperati.
Spostandoci al lato logistico, è innegabile che fattori come la garanzia, l’assistenza clienti, le infrastrutture di vendita e via dicendo giochino un ruolo fondamentale nella scelta dei prezzi. Se in Cina lo stesso smartphone costa meno che in Europa o negli USA un motivo c’è, anzi, più di uno. Differenti condizioni del lavoro, legislazioni in merito ai brevetti, certificazioni e così via.
Parte l’espansione globale: rotta verso India e USA!
A seguito del suddetto restyling, LeEco decide ad inizio 2016 di uscire fuori dai propri confini ed approda ufficialmente in India, lanciando i già esistenti Le Max e Le 1s e riscuotendo un buon successo, complice anche la crescita tecnologia del paese in questione. Proprio per questo la società decide anche di aprire fabbriche e centri di ricerca in loco ed una filiale online di LeMall (lo store proprietario) e proporre servizi di abbonamento.
Tuttavia, i risultati non sembrano premiare del tutto la società, visti i recenti tagli di personale in India. Inoltre, analizzando le statistiche fornite da Antutu, non troviamo traccia di LeEco nella top 10 degli smartphone più popolari in India, al contrario di Xiaomi con ben 7 telefoni in classifica.
Parallelamente, l’azienda di Yueting compie un passo ancora più grande e a fine 2016 annuncia l’approdo ufficiale negli Stati Uniti, uno dei mercati più difficili al mondo per un’azienda cinese, vista la predominanza pressoché assoluta di nomi come Apple, Samsung, HTC e Motorola. Soltanto Huawei è da poco riuscita nell’intento di farsi un (piccolo) nome anche negli USA, ma la strada da percorrere è ancora lunga e questa è un’altra storia.
Come abbiamo detto, in mercati come questi non basta proporre specifiche di fascia alta, ma bisogna essere in grado di rompere gli schemi e proporre qualcosa in più, che colpisca in un certo qual senso il cuore dell’utenza. Per questo motivo nasce il LeEco Ecosystem, un vero e proprio calderone hi tech in cui troviamo prodotti di varia natura come smartphone, smart TV, bici ed auto elettriche, il tutto guidato dalla parte software: l’interfaccia EUI ed il LeCloud. A sostegno di tutto ciò arriva anche la notizia dell’acquisizione per ben 2 miliardi di dollari di Vizio, grazie a cui poter produrre contenuti multimediali anche per il mercato statunitense.
Tutto bene fino a qui, giusto? In realtà non proprio, visto che le cose non sembrano andare come programmato: dopo soltanto un mese Bloomberg riporta le parole dello stesso Jia Yueting, il quale, in una lettera interna all’azienda, afferma come LeEco stia soffrendo più del dovuto questa espansione, sia a livello puramente economico che organizzativo, parlando di una struttura societaria non ancora pronta ad affrontare il mercato globale, in quanto carente di alcune figure chiave e ancora poco sviluppata a livello societario.
Dopo tagli al personale, riorganizzazioni aziendali e nuovi fondi con cui risanare il bilancio, non è sufficiente nemmeno l’assunzione di Richard Ren, precedentemente presidente di Huawei Europa, a mitigare la crisi dell’azienda. LeEco decide quindi di bloccare la vendita delle proprie azioni, a seguito della riduzione del valore delle stesse, segno di come vadano apportati necessariamente dei cambiamenti.
LeEco, una stella senza meta?
In barba alle critiche ricevute, LeEco decide di riprendere in mano un altro progetto che aveva cullato in questi anni, cioè quello legato alle auto elettriche. Inizialmente partito in sinergia con Aston Martin, il progetto è sembrato rallentare (se ne dovrebbe riparlare nel 2018), salvo riprendersi con l’annuncio del progetto LeSee, la prima vettura elettrica firmata LeEco.
Nuovamente, il tutto sembra essersi dissolto in una bolla di sapone quando la società, in collaborazione con la statunitense Faraday Future, mostra ufficialmente al CES 2017la Faraday Future FF91, auto elettrica che vuole porsi come rivale della ben più nota Tesla.
A tal proposito, è interessante questo articolo di The Verge in cui vediamo spiegata la situazione finanziaria di Faraday Future, nella quale è possibile ritrovare varie similitudini con LeEco: forniture non pagate (così come successo per LeEco), instabilità societaria (come LeEco), bilanci non chiarissimi (come LeEco) e licenziamenti vari (ok, avete capito).
Ma ciò che accomuna maggiormente Faraday Future e LeEco è l’ambizione, sia in senso positivo che negativo. La necessità di voler dimostrare di essere i migliori a tutti i costi finendo con l’affrettare i tempi, che sia lanciando il primo telefono con Snapdragon 820, mai arrivato sul mercato, o l’auto elettrica più veloce al mondo, che rischia di non arrivare mai sul mercato ed il cui record è già stato battuto da indovinate un po’? Tesla.
Quale sarà il futuro in casa LeEco?
Fra pochissimi giorni si terrà il MWC 2017 in quel di Barcellona e fra le aziende che presenzieranno troviamo per la prima volta anche LeEco in veste ufficiale. Non abbiamo nessun rumor, nessun leak o voce di corridoio in merito, mentre degli altri competitors che troveremo alla fiera catalana sappiamo praticamente tutto. Di conseguenza, la sensazione è che LeEco possa non avere nulla di strepitoso da mostrare, anche se potremmo essere smentiti da queste recenti certificazioni TENAA.
Al di là di questo, il rischio è che, come per Xiaomi con la presentazione del Mi 5 al MWC 2016, questa possa essere l’ennesima occasione sprecata per un’azienda cinese di mostrarsi ad una più ampia platea. Salvo stravolgimenti, difficilmente verrà annunciata un’espansione in Europa e ciò potrebbe screditare ancora di più le sorti della società. Basti pensare alle recenti notizie secondo cui LeEco potrebbe non acquistare lotti del chipset di fascia alta Helio X30 da parte di MediaTek, proprio a rimarcare le evidenti difficoltà economiche in corso.
Alla luce di tutto ciò, alcuni di voi potrebbero giustamente pensare “Ma perché un’azienda che riesce a sfornare terminali di qualità come il LeTV Le 1S o il Le Pro 3 sta avendo tutte queste difficoltà?“. A mio avviso, una delle maggiori pecche di LeEco è la mancanza di un’identità ben precisa.
Perché, parliamoci chiaro, siamo ben consci che dispositivi come il LeEco Le Max 2 o lo ZUK Z2 siano la miglior scelta per chi voglia spendere poco ed avere il massimo possibile ma ciò, spesso e volentieri, non basta. Paradossalmente, i brand più di successo in questo momento sono Apple, Samsung, OPPO e Vivo, nomi non particolarmente noti per la loro economicità. Certo, a parte Apple stiamo parlando di aziende ben piazzate anche nelle fasce inferiori del mercato, ma il cui appeal nasce in gran parte dai prodotti high end.
Come già spiegato precedentemente, gli smartphone LeTV sono nati principalmente come mezzo con cui diffondere i propri contenuti multimediali. E allora, anziché buttarsi in progetti ambigui come quello di Faraday Future, perché non puntare su questo? Perché non consolidare il proprio ecosistema e dargli dei contorni ben delineati? Se realtà come Xiaomi ed Apple sono riuscite ad arrivare dove sono ora è proprio utilizzando sviluppando questo concetto, seppur con mezzi ben diversi, che si tratti di software o accessoristica.
Voglio concludere con un buon proposito per questo 2017: togliete queste diamine di bande nere attorno al display. Seriamente, basta. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per LeEco.