Per Huawei, l’unica arma della Cina contro gli USA sono i suoi microchip

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Crediti: SCMP

Dapprima un argomento caldo, la presentazione della serie Huawei Mate 60 ha riacceso la situazione che vede contrapposte USA e Cina e il sensibile argomento dei microchip. Lo dice la stessa Intel: oggi sono più importanti del petrolio nello scacchiere globale, e il fatto che la Cina sia riuscita a realizzare da sola un chip come il Kirin 9000S è un grosso traguardo, nonostante i dubbi che vi aleggiano attorno. A tal proposito, in occasione della World Computing Conference 2023 tenutasi a Changsha, capitale della regione dell’Hunan, il vice-presidente di Huawei Eric Xu ha colto la palla al balzo per invitare la Cina a rendersi più indipendente nel campo dei semiconduttori

Il vice-presidente di Huawei dice la propria sullo scontro a suon di microchip fra USA e Cina

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Patriottismo a parte, Eric Xu è comunque cosciente che la Cina sia anni indietro rispetto alle nazioni leader come Taiwan, Sud Corea e USA. “C’è ancora un divario tra chip, server e personal computer fabbricati in Cina e all’estero, ma se non utilizziamo i nostri quel divario non si colmerà mai. Se li utilizziamo su larga scala, è possibile che contribuiscano a promuovere i progressi nella nostra tecnologia e nei nostri prodotti”. Anche perché “sarà difficile se non impossibile ottenere chip o sistemi informatici avanzati a causa dei controlli sulle esportazioni statunitensi”, sottolinea il vice-presidente Huawei: “sulla base della nostra esperienza e delle previsioni future, ciò continuerà a essere un problema a lungo termine“.

Da quando gli USA hanno bannato Huawei, HiSilicon e SMIC, i principali chipmaker cinesi non hanno più accesso alle tecnologie più avanzate per la produzione di semiconduttori. E mentre TSMC, Samsung e Intel si preparando al futuro dei chip a 2 nanometri, la Cina riesce a produrre a 7 nm ma con difficoltà, dovendo affidarsi ai più datati macchinari DUV anziché quelli EUV di ASML (causa ban).

Ovviamente Huawei ha tutto l’interesse a promuovere l’utilizzo di microchip cinesi, visto che il suo Kirin 9000S (mai citato da Eric Xu nella conferenza, fra l’altro) risulta inferiore rispetto alla controparte Apple, Samsung, Qualcomm e MediaTek. Nel panorama cinese, nonostante il fallimento di OPPO, dopo Huawei altri produttori di smartphone starebbero tentando la strada dei SoC proprietari: una su tutte Xiaomi, il cui nuovo accordo con Huawei andrebbe proprio in quella direzione, ma anche vivo.

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