Seppur sia stata fondata dieci anni fa, la compagnia cinese Royole ha iniziato a far parlare di sé sul panorama globale a fine 2018, quando riuscì a superare tutti e presentare il primo smartphone pieghevole della storia. Un traguardo che già allora dette da discutere, perché Royole era sì riuscita ad anticipare compagnie blasonate come Samsung e Huawei, ma lanciando un FlexPai difficilmente commercializzabile.
Royole sull’orlo della bancarotta: il triste destino della meteora cinese dei pieghevoli
Dove Samsung ha deciso di affidarsi ai pieghevoli cosiddetti “infold”, cioè che si piegano su sé stessi verso l’interno, Royole ha fatto l’esatto opposto, sfoggiando un design outfold (verso l’esterno, quindi). E quando lo schermo pieghevole è così esposto, è abbastanza probabile che si danneggi per la sua natura meno resistente rispetto a quella degli smartphone tradizionali. Aggiungiamoci anche che Royole fosse un’azienda sconosciuta ai più, con tutti i problemi che ne derivano in materia di supporto software e hardware, e non sorprende che fin da subito ci fossero dubbi sulla fattibilità di un progetto tale; nonostante ciò, l’azienda fece sapere di aver fatto sold out con i primi ordini, rivelando un certo interesse verso il suo FlexPai.
Chi c’è dietro Royole?
La data di fondazione di Royole Corporation risale al 2012, quando un 29enne Bill Liu decise di concretizzare a Shenzhen l’idea che gli era venuta durante i suoi trascorsi all’università di Stanford, nel pieno della Silicon Valley. “Grandi schermi da poter arrotolare e mettere in tasca“, questa è stato il concetto con cui Royole è nata, arrivando a creare il primissimo prototipo già nel 2014. In questo modo, mr. Liu riuscì a convincere una serie di investitori VC (IDG Capital, Green Pine Capital Partners e Shenzhen Capital Group) che finanziarono il suo progetto, permettendogli fra 2018 e 2019 di lanciare il succitato FlexPai.
Così facendo, nel 2018 la startup Royole è riuscita a ricevere una valutazione da ben 5 miliardi, dando via alla produzione di schermi pieghevoli nel campus di produzione di Shenzhen tirato su grazie ai soldi ricevuti dagli investitori. Fin dal suo debutto nel campo degli smartphone, l’approccio di Royole è stato piuttosto forte, arrivando persino a criticare Xiaomi e i suoi primi prototipi pieghevoli. Smartphone a parte, Royole si è concentrata anche nella creazione di un business B2B per la vendite di schermi ad altre aziende, anche in altri ambiti: per esempio la moda, con la collaborazione con Louis Vuitton per la creazione di borse tech dotate di schermi flessibili. Ma anche la partnership per i mondiali FIFA del 2018 in Russia e la realizzazione di cappelli a cilindro con schermi per guardare le partite in diretta.
Oltre al mondo wearable, fra le proposte di Royole c’era anche quella di realizzare un monitor curvo per i cruscotti delle automobili, così come l’inaugurazione di flagship store in Cina, Europa e Stati Uniti. In mezzo a tutte queste idee, nel 2020 è arrivato il seguito del primo pieghevole, un Royole FlexPai 2 che non è riuscito ad attirare a sé l’attenzione del suo predecessore. Probabilmente anche perché nel 2020 Huawei, Samsung e Motorola avevano ufficialmente lanciato i primi pieghevoli sul mercato, togliendo i riflettori all’azienda che l’aveva fatto per prima (ma con risultati discutibili).
L’inizio della fine
Ed è proprio nel 2020 che iniziano i problemi economici, con Royole che prova a dar via a un nuovo giro di finanziamenti con cui raccogliere una somma stimata di circa 8 miliardi. Ma a causa di una recessione del settore Venture Capitalist in Cina, Royole dà via alla sua prima quotazione IPO in borsa negli Stati Uniti, che era previsto avrebbe raccolto qualcosa come 1 miliardo di dollari per finanziare lo sviluppo aziendale. Quotazione che viene però bloccata, probabilmente a causa delle crescenti tensioni fra USA e Cina. A questo punto, Royole si vede costretta ad affidarsi esclusivamente al mercato finanziario cinese, e nel 2021 fa partire un’importante IPO da 22 miliardi questa volta sulla borsa STAR di Shanghai.
Anche in questo caso, però, la quotazione non va a buon fine e inizia a circolare la voce che la società abbia problemi di liquidità e non stia pagando da mesi gli stipendi; problemi che vengono confermati sui social cinesi come Weibo e WeChat, dove iniziano a circolare gli screenshot delle mail con cui Royole comunica ai dipendenti di star preparando nuovi finanziamenti per sopperire alla difficile situazione. Dopo le perdite stimate di oltre 400 milioni dal 2018 al 2020, la quotazione a Shanghai viene bloccata in seguito ai controlli delle autorità sulla struttura aziendale, sospetta di non poter sostenere i costi da affrontare.
Come affermato da mr. Liu sui social a fine 2021, “nel momento più buio, l’unica cosa che si può fare è andare avanti“. Fatto sta che nel 2021 Royole non si ferma, presentando il primo schermo pieghevole Micro LED al mondo; inoltre, iniziano a circolare in rete le prime immagini del Royole FlexPai 3, di cui però non è mai arrivato l’annuncio a distanza di oltre un anno dalle prime immagini. Nel frattempo, succede qualcosa di imprevisto: vi ricordate Vertu, la sussidiaria di Nokia dedicata agli smartphone di lusso?
Dopo essere fallita nel 2017, è poi risorta come l’araba fenice e nel 2021 ha fatto parlare di sé per aver lanciato il suo primo smartphone pieghevole, a cui è seguito l’ultimo Vertu Fold 3. Se ve ne sto parlando, è perché in entrambi i casi parliamo di un rebrand dei pieghevoli Royole, e fa specie che Vertu Fold 3 sia una rebrandizzazione proprio del mai nato Royole FlexPai 3. Che Royole abbia deciso di tirare i remi in barca e affidare le proprie creazioni ad altre società anziché proporsi in prima linea in un mercato altamente competitivo che sta decimando le aziende cinesi?