Ban OPPO e OnePlus in Europa: ecco perché Xiaomi non rischia

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Anche se oggi Nokia è ben lungi dall’essere il colosso della telefonia che era nei primi anni 2000, è comunque una presenza silenziosa ma costante. E no, non mi riferisco alla divisione mobile HMD Global, la cui diffusione sul mercato degli smartphone è piuttosto bassa, quanto alla suddivisione della compagnia che si occupa della creazione e gestione dei brevetti. Quando si parla di connettività, Nokia è ancora oggi una delle aziende leader al mondo: solamente nel settore del 5G, Nokia conta oltre 4.000 brevetti, per non parlare degli oltre 20.000 brevetti relativi agli standard precedenti come 4G, 3G e così via.

Di conseguenza, praticamente ogni produttore di smartphone deve pagare royalties a Nokia affinché i suoi smartphone siano legalmente vendibili. È successo con Samsung, è successo con Apple e adesso lo scontro è avvenuto con il gruppo precedentemente conosciuto come BBK, cioè OPPO, OnePlus, Realme e vivo.

Perché OPPO, OnePlus, Realme e vivo rischiano il ban in Europa? E invece Xiaomi?

Premessa: se si torna indietro nel tempo, esattamente a novembre 2018, si scopre che in realtà Nokia e OPPO avevano già siglato un accordo per la licenza di alcuni brevetti. E quindi com’è possibile che siamo arrivati alla situazione odierna, in cui OPPO e OnePlus sono ufficialmente bannate dalla Germania e rischiano di esserlo anche da buona parte dell’Europa assieme a Realme e vivo? Prima di tutto, è sempre difficile parlare dell’argomento brevetti, visto che non è chiaro se la violazione attuale c’entri qualcosa con l’accordo del 2018. Forse no, forse sì ma magari l’accordo era scaduto e non è stato rinnovato.

Anche perché la richiesta di Nokia non è trascurabile, cioè il pagamento di royalties pari a 2,50€ per smartphone: una cifra che di per sé potrebbe sembrare trascurabile, ma non se si considera che l’accordo sarebbe su scala globale. Nel 2021, OPPO ha venduto circa 143 milioni di smartphone nel mondo, di cui oltre 133,5 milioni in Cina (dove la gestione dei brevetti è più complessa rispetto che in occidente) e circa 15/20 milioni in Europa. Per quanto i numeri di OPPO nel nostro continente siano stati in salita, la crisi del 2022 sta colpendo principalmente i brand cinesi, OPPO in primis. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se OPPO e tutte le varie compagnie associate si oppongano alla richiesta di Nokia.

Ecco perché Xiaomi non rischierebbe il ban in Europa

Veniamo quindi a Xiaomi, visto che in tanti si chiedono se avrà la stessa sorte delle dirette rivali dalla Cina. Al contrario di molti altri produttori cinesi, Xiaomi si è sempre dimostrata piuttosto conciliante in termini di brevetti. Per esempio, nel 2016 collaborò con Microsoft e forse vi ricordate che Mi Pad 2 era disponibile anche con OS Windows; e lo stesso possiamo dire di Nokia, con cui strinse nel 2017 un accordo pluriennale per l’utilizzo di brevetti di vario tipo. Di conseguenza, questo è il motivo per cui il colosso finlandese non ha portato Xiaomi in tribunale.

Tuttavia, gli accordi hanno una scadenza (come potrebbe essere accaduto nel caso di OPPO) e non è da escludere in toto che la situazione non possa cambiare. Nel 2021, dei 190 milioni di smartphone Xiaomi venduti globalmente, 51 milioni sono stati venduti in Cina e 40 in Europa. Di conseguenza, l’Europa ricopre un ruolo più importante nel business mobile di Xiaomi rispetto a OPPO, vivo e rispettivi sub-brand. Senza contare che la difficile situazione in India potrebbe ulteriormente spostare gli equilibri di mercato di queste aziende.

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