La Cina è un paese forieri di novità, quando si parla di tecnologia. In particolar modo se si tratta di telefonia: avendo in casa il core della filiera produttiva, è da qui che escono molti degli smartphone più avvincenti. Produttori come Huawei, Xiaomi ed OPPO sono i principali pionieri delle novità che poi vediamo mesi o anni dopo sui telefoni degli altri produttori. Ciò non significa, però, che non ci siano stati dei passi falsi per le aziende cinesi, se non dei veri e propri flop. A tal proposito, in questo articolo vi parlo degli esperimenti peggiori nella telefonia di stampo cinese.
Percorriamo la storia della peggior telefonia cinese, a suon di flop
Xiaomi Mi 5C
Partiamo con l’unico modello della lista che abbiamo recensito a fondo, ovvero Xiaomi Mi 5C. Uno smartphone unico nella storia del brand, in quanto (ad oggi) è il solo ad aver fatto utilizzo di un SoC proprietario. Il Surge S1 rappresentò un traguardo notevole per Xiaomi, ma per il quale non c’è stato alcun seguito, nonostante le indiscrezioni. E la cosa non ci sorprende, dato che si è trattato di un esperimento decisamente poco azzeccato. Abbiamo potuto testare con mano le difficoltà che derivavano dall’utilizzo di un SoC a dir poco acerbo, fra l’eccessivo consumo energetico e le limitazioni di rete. Senza contare il pessimo supporto software, essendo nato e morto con Android 7 Nougat. Chissà se rivedremo mai uno smartphone Xiaomi dotato di un chipset fatto in casa.
Xiaomi Mi MIX Alpha
Sarebbe esagerato definire “flop” un prodotto come lo Xiaomi Mi MIX Alpha, capace di stupire ed emozionare i tech entusiasts di tutto il mondo. Il suo display Surround ha fatto girare gli occhi di tutti, con un look che sembra uscito direttamente da un concept futuristico. È proprio la parola “concept” la chiave di tutto: per non si sa bene quale motivo, la linea Mi MIX ha subito una battuta d’arresto e non abbiamo avuto nessuno Mi MIX 4. Al suo posto un poco più che prototipale Xiaomi Mi MIX Alpha, costosissimo e quasi impossibile da acquistare. Uno sfoggio tecnologico che si rivela riuscito a metà, senza considerare le difficoltà pratica che derivano dall’utilizzo di uno schermo del genere.
Meizu PRO 7
Come Mi MIX Alpha, anche Meizu PRO 7 non è un vero e proprio flop: per capire il perché della sua presenza nella lista è necessario un contesto. Un passo indietro nella storia ci riporta al biennio 2014/2015, quando l’azienda fletteva i muscoli contro i big del settore con prodotti come MX4, M2 Note ma soprattutto PRO 5. Quanto di buono visto con la serie PRO la rese molto promettente, ma con i successivi top di gamma Meizu ha perso il focus. Prima con un PRO 6 non del tutto convincente e poi con un PRO 7 ancora meno concreto.
Il suo modo per contraddistinguersi fu un second display di cui probabilmente non si sentiva la necessità. Soprattutto quando Nubia X ha dimostrava come andava fatto, seppur un prototipo abbia svelato che anche Meizu stava lavorando ad una soluzione del genere, mai arrivata ufficialmente. Da lì in poi per Meizu la strada è andata in salita, fra vendite in calo, problemi con Google ed un abbandono della serie PRO con conseguente rebranding dei top di gamma.
Meizu Zero
Discorso ben differente per Meizu Zero, il cui flop è stato palese agli occhi di tutti. Pur avendo vinto il prestigioso iF Gold Awards, è probabilmente una delle meteore più deludenti degli ultimi anni. Meizu ha deciso di percorrere la tortuosa strada vista anche dalla serie Vivo APEX, con uno smartphone altamente tecnologico, privo di tasti e fori. C’è chi potrebbe controbattere “A chi serve un telefono del genere?#8221;: il gioco vale la candela? Chi spenderebbe più di 1000€ per un telefono senza porta di ricarica e senza tasti, con tutti i compromessi che ne conseguono? Evidentemente nessuno, dato che la campagna di crowdfunding si è rivelata un fallimento. Il CEO ha poi commentato l’accaduto: è stata tutta una manovra di marketing e non c’è mai stata una vera intenzione di venderlo. Ma personalmente non so quanto ne sia uscita bene la figura mediatica della società.
Lenovo Z5
Di per sé Lenovo Z5 è uno smartphone senza infamia e senza lode. È uno dei tanti mid-range del 2018: Snapdragon 636, display con notch, dual camera ed una batteria di modeste dimensioni. Allora perché inserirlo? Non tanto per il dispositivo in sé, quanto per il modo in cui Lenovo ha deciso di promuovere la sua uscita. Prima che scoprissimo come sarebbe stato, l’azienda ha rilasciato teaser che hanno sollevato diverse sopracciglia. In particolar modo questa foto teaser, in cui veniva mostrato un pezzo di schermo.
Capirete da voi che un’immagine del genere facesse intuire che Lenovo Z5 avrebbe offerto un look full screen che, per il 2018, sarebbe stata una novità di alto profilo. Se ciò non bastasse, ci furono ulteriori teaser a dir poco fraintendibili, in cui si menzionavano 4 TB di memoria ed una batteria in grado di durare 45 giorni. Peccato che nel primo caso si trattasse di un hard disk e nel secondo di uno smartwatch. Chiaramente il pubblico, noi compresi, non reagimmo bene all’amara sorpresa e da allora Lenovo viene trattata con una certa dose di scetticismo. Che gli possa essere di lezione.
Lenovo Phab 2 Pro
Ben diversa è la situazione attorno a Lenovo Phab 2 Pro, la cui delusione è imputabile più a Google che a Lenovo. Fu il primo smartphone al mondo con Project Tango: vi potreste star chiedendo cosa sia, e questo è già un segnale della scarsa riuscita di quello che è a tutti gli effetti uno dei tanti progetti abbandonati da Big G.
Lo smartphone era dotato di un comparto fotografico modificato ad hoc per effettuare una mappatura 3D dell’ambiente. Ciò era possibile grazie ad un sistema di sensori in grado di svolgere 250.000 misurazioni al secondo per il rilevamento dello spazio attorno. Quello che, in parte, avviene con i sensori ToF che troviamo in molti telefoni odierni. Le potenzialità di questo approccio alla realtà aumentata erano molteplici, secondo Google: fatto sta che Lenovo Phab 2 Pro è stato praticamente l’unico smartphone del Project Tango, ufficialmente chiuso l’anno successivo.
Royole FlexPai
Concludiamo con Royole FlexPai, quello che possiamo considerare a tutti gli effetti il primissimo smartphone pieghevole della storia. Il problema sta proprio nella necessità di essere il primo a tutti i costi: come dice il detto, “la gatta frettolosa fece i cuccioli ciechi“. Royole ha sin da subito attirato l’attenzione dei media di tutto il mondo, anche con partnership con brand di lusso come Louis Vuitton. Purtroppo questa azienda incarna a pieno l’estrema intraprendenza dell’industria cinese, spesso morbosa nell’arrivare per primi senza pensare alla concretezza.
Se avete visto il nostro video, così come quello di tutti quelli che hanno avuto modo di provarlo, vi sarete accorti che Royole FlexPai è tutto fuorché un prodotto concreto. Avrà pure uno schermo flessibile, ma la scocca è raffazzonata, il sistema di piegamento è tutto fuorché affinato ed il software è – volendo essere gentili – grezzo. Ok, hanno già lanciato un secondo modello, ma abbiamo veramente bisogno di prodotti così acerbi, in un settore così delicato come quello dei pieghevoli?