Troppe auto elettriche cinesi: l’Europa indaga, prezzi a rischio

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Come ci sono preoccupazioni per le telecomunicazioni e social, ci sono anche per le tecnologie di trasporto“: questo è quanto affermato dal governo USA, e adesso anche l’Europa guarda con sospetto alle auto elettriche cinesi. Al punto che la Commissione Europea ha deciso di avviare un’indagine per capire se il mercato automobilistico europeo stia venendo penalizzato o meno dal boom che le auto EV cinesi stanno avendo nel continente.

La Commissione Europea indagherà sulla concorrenza sleale delle auto elettriche cinesi

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BYD, Xpeng, NIO ma anche Aito, Aiways, Dongfeng, Chery, Lynk, Zeekr, Saic, MG, Fengshen: tutti marchi che finora a pochi anni fa erano sconosciuti fuori dalla Cina ma che adesso iniziano a farsi conoscere anche in Europa. Ci sono poi casi come quelli di Geely, che oltre a possedere il brand di smartphone Meizu è anche proprietaria di Volvo e London Electric Vehicle Company, è azionista di maggioranza in Daimler AG, ha il 51% di Lotus, il 49,9% di Proton e il 7,6% di Aston Martin.

Come da tradizione delle aziende asiatiche, parliamo di brand automobilistici che vogliono imporsi sul mercato con una politica aggressiva dei prezzi. Il ché spaventa l’Europa, dove l’industria automobilistica ha un ruolo chiave nella sua economia e contribuisce in modo sostanziale a produzione, esportazione e occupazione. I dati di mercato ci dicono che le auto cinesi rappresentano l’8% del mercato europeo, numeri che potrebbero salire al 15% nel 2025 andando a togliere quote ai marchi europei come Volkswagen, Mercedes Benz, BMW e Stellantis.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen afferma: “I mercati globali sono ora inondati di auto elettriche più economiche, il cui prezzo è mantenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali“. La vendita delle auto EV cinesi in Europa sarebbe quindi facilitata dai sussidi statali che le nazioni europee sono solite offrire a chi acquista un veicolo elettrico anziché a combustibile. I dati riportati da AlixPartners parlano di 57 miliardi di dollari in sussidi ricevuti fra 2016 e 2022, denaro che avrebbe contribuito a far diventare la Cina il più grande esportatore di auto elettriche nel mondo, superando il Giappone a inizio 2023.

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Ci sarà adesso un arco di tempo di 13 mesi durante cui l’Europa valuterà se imporre dazi più alti rispetti all’attuale tariffa del 10% sull’importazione di automobili dalla Cina; un’indagine che non riguarda esclusivamente i brand cinesi ma tutti quelli che producono in Cina, comprese quindi le varie BMW, Renault e Tesla.

Non è tardata la risposta da parte della Camera di commercio cinese, secondo cui il vantaggio delle auto elettriche cinesi non sarebbe legato ai sussidi bensì a una maggiore competitività. Per alcuni, saremmo dinnanzi all’inizio di un possibile scontro economico fra Europa e Cina, dopo che circa 10 anni fa si evitò per un soffio una guerra commerciale a seguito delle indagini dell’Unione Europa sull’importazione dei pannelli solari cinesi. “L’Europa è aperta alla concorrenza, non a una corsa al ribasso, ha sottolineato Ursula Von der Leyen, proprio per non ripetere gli errori dei pannelli solari, i cui produttori europei sono stati spazzati via dalla concorrenza cinese.

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