Dietro al binomio “Chips Act” si cela la volontà di molti paesi nel mondo di intensificare i propri sforzi nel mondo dei semiconduttori: Stati Uniti e Sud Corea stanno effettuando investimenti multi-miliardari per recuperare il gap con Taiwan, e l’European Chips Act esiste per dimostrare che anche l’Europa vuole la sua parte. E si sa, quando si parla di Europa si parla di realtà non sempre affini ma che volenti o nolenti devono concorrere affinché il continente non rimanga indietro rispetto alle nazioni leader. In occasione della conferenza “Tutela, sviluppo e sicurezza del tessuto produttivo” in quel dell’Università della Sapienza a Roma, il ministro delle imprese Adolfo Urso ha annunciato la creazione di un Piano Nazionale per la microelettronica, la cui ambizione è quella di diventare il Chips Act italiano.
Il Chips Act italiano sta nascendo, ma può l’Italia essere veramente competitiva?
Non è dato saperlo, ma è plausibile che questo nuovo piano italiano sia la concretizzazione di quello che un mese fa trapelò sui giornali nostrani con il nome di ChipsIT. Verrà discusso dal Consiglio dei Ministri nelle prossime settimane, con l’obiettivo di rendere l’Italia più attraente agli investitori del mercato digitale. Verrà creato un fondo sovrano per la promozione del Made in Italy: non soltanto agroalimentare, moda e artigianato, ma anche tecnologia, rafforzando la catena di approvvigionamento delle materie prime. In tal senso, giocherà un ruolo fondamentale il Critical Raw Materials Act, il programma avviato dall’Unione Europea per ridurre la dipendenza dall’estero. Sarà importante anche il ruolo delle università, visto che anche secondo lo stesso ministro Urso “in Italia mancano un milione di competenze“.
Per il momento i dettagli, finiscono qua, ma rimangono dubbi attorno alla somma degli investimenti in ballo; nel caso del ChipsIT, si parlava di circa 225 milioni fino al 2030, mentre il piano italo-europeo KDT JU ne prevede altri 20. L’obiettivo dell’European Chips Act, che di investimenti ne prevede 43 miliardi, è portare la produzione di microchip in Europa al 20% su scala globale, ma pe il chipmaker europeo NXP di miliardi ne servirebbero 500 per raggiungerlo. Senza contare che il progetto di Intel in Italia starebbe naufragando, al contrario di Francia e Germania che stanno investendo miliardi per la costruzione di nuovi impianti. Uno di questi sarà targato STMicroelectronics, chipmaker italo-francese che grazie ai finanziamenti europei sta espandendosi anche in Italia, con un impianto avanguardistico a Catania.
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