L’Europa vuole finanziare i microchip italiani, ma i soldi scarseggiano

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Vi ho parlato in precedenza di ChipsIT, il piano “segreto” del governo per far tornare l’Italia sulla mappa dell’industria dei microchip, a cui adesso si aggiunge il programma KDT JU. La sigla sta per “Key Digital Technologies Joint Undertaking” e ha come obiettivo il rinascimento tecnologico dell’Europa, in uno scenario geopolitico che vede nei semiconduttori un elemento cruciale, al punto da essere definito “il nuovo petrolio” da parte di Intel; un obiettivo che coinvolge i paesi cardine, fra cui rientra anche l’Italia, fra luci e ombre.

Nasce KDT JU, il piano di Europa e Italia per far tornare in auge l’industria europea dei microchip

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Taiwan, Sud Corea e poi Stati Uniti, Europa e Giappone ma anche Cina: queste sono le macro-aree dove si snoda la filiera globale dei semiconduttori, con Taiwan e Sud Corea in prima linea e Stati Uniti in seconda nella produzione dei microchip più avanzati al mondo. L’Europa ricopre un ruolo importante con chipmaker quali Infineon, NXP, STMicroelectronics (che ha impianti anche in Italia) ma soprattutto ASML e Carl Zeiss, dai cui laboratori escono i complessissimi macchinari senza cui né TSMC né Samsung e Intel sarebbero in grado di produrre i loro chip. Ma non basta: del trilione di microchip prodotti annualmente, solo il 10% arriva dall’Europa, e l’European Chips Act vuole aumentare questi numeri.

Nonostante lo si possa dimenticare, l’Italia è stata un’importante polo tecnologico per l’Europa: negli anni ’50 Olivetti fondò la divisione semiconduttori SGS, che assieme ad ATES fece da spalla agli storici chipmaker americani Fairchild e RCA, e la cui fusione portò alla nascita di quella che oggi conosciamo come STMicroelectronics. Per non parlare di Federico Faggin, che dal vivaio Olivetti passò a una giovane Intel dove partecipò alla creazione del primo microprocessore della storia. Purtroppo non possiamo che parlare al passato, perché da allora l’Italia è uscita dai radar e il polo produttivo europeo si è focalizzato principalmente in Germania e Paesi Bassi; non a caso, mentre si sta chiudendo l’accordo fra Intel e Germania, quello in Italia potrebbe saltare.

Torniamo quindi al piano europeo KDT JU, che coinvolge direttamente anche l’Italia. Come si legge sul sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la partnership sostiene la “ricerca e innovazione nella progettazione di componenti elettronici, nonché la loro produzione e integrazione in sistemi intelligenti” e si rivolge praticamente a chiunque: industrie, imprese di commercio e/o di trasporto, artigiani, agro-industria, università e centri di ricerca. La nota stonata arriva nel paragrafo “Risorse“, dove il ministero indica finanziamenti per 20 milioni di euro (di cui il 40% riservato al meridione). Le aziende interessate avranno tempo fino a settembre per proporre i loro progetti, ma la cifra risulta a dir poco modesta se confrontata oltreoceano. Forti della loro leadership, Taiwan e TSMC stanno investendo 100 miliardi e Sud Corea e Samsung addirittura 400 miliardi per aumentare e migliorare le capacità produttive, e gli Stati Uniti con Intel e Micron hanno in ballo 200 miliardi.

Ovviamente questo KDT JU non sarà l’unica via con cui cercheranno di rivitalizzare la filiera tech europea: il succitato European Chips Act prevede fondi per 43 miliardi, ma secondo il chipmaker europeo NXP ne servirebbero 500 per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea. E se si parla del ChipsIT, la cifra prevista è di 225 milioni di euro, più considerevole di quella del KDT JU ma che impallidisce di fronte a quelle messe sul piatto dalle nazioni di riferimento.

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