Intel in Italia, salta l’accordo? C’è la smentita, ma il taglio dei fondi preoccupa

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Crediti: Intel

Aggiornamento 23/08: sulla vicenda si è nuovamente pronunciato Luca Zaia, trovate le dichiarazioni nell’articolo.

Lo scorso giugno, Intel ha annunciato che aprirà la sua prima fabbrica in Polonia. È stato poi il turno della Germania, che non soltanto sarà la nazione dove sorgerà il primo impianto europeo di TSMC, ma anche quella dove Intel aprirà la sua prima fabbrica, utilizzando processi produttivi di ultimissima generazione. C’è poi la Francia, dove dovrebbe sorgere un nuovo centro di Ricerca e Sviluppo che renderebbe la nazione la sede europea di Intel per High Performance Computing e intelligenza artificiale. Ultima ma non ultima l’Irlanda, dove il chipmaker statunitense espanderà i suoi impianti per portare nel continente il suo processo Intel 4. In tutto ciò, che fine ha fatto l’Italia?

Niente fabbrica Intel in Italia: l’accordo rischia di saltare

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Era marzo 2022 quando Intel annunciava il suo piano d’espansione sulla scia dell’European Chips Act, programma da oltre 43 miliardi d’euro per ravvivare la fabbricazione di microchip in Europa e farla salire dal 10% al 20% della produzione globale. Un programma utile non soltanto per l’ingresso di realtà estere come Intel e TSMC ma anche per i chipmaker europei: in Francia, STMicroelectronics investirà 7,4 miliardi per una nuova fabbrica in zona Crolles, mentre in Germania nascerà un nuovo impianto Infineon da 5 miliardi.

Quando si parla dell’Italia, invece, le cifre in ballo sono nettamente inferiori: sempre STMicroelectronics, chipmaker italofrancese nato dalla fusione della divisione semiconduttori di Olivetti e Telettra e la francese Thomson, ha investito per espandersi in Italia, seppur solo 730 milioni a fronte dei miliardi necessari per competere su scala globale. Potrei citare anche il KDT JU, partnership fra Europa e Ministero delle Imprese e del Made in Italy che prevede finanziamenti da soltanto 20 milioni per “ricerca e innovazione nella progettazione di componenti elettronici, nonché la loro produzione e integrazione in sistemi intelligenti“. O il Chips Act italiano, che prevedrebbe 225 milioni da qui al 2030 ma di cui non si è più saputo nulla.

Le ultime notizie ufficiali sulla situazione fra Intel e Italia risalgono a giugno, quando il presidente del Veneto Luca Zaia affermava che il Veneto fosse pronto ma che fosse necessario “attendere la decisione di Intel, non su dove lo farà ma se lo farà davvero“. E dopo mesi di silenzio, si rischia la fumata nera per l’ambizioso progetto in casa italiana.

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Crediti: Intel

Inizialmente si parlava di un collegamento con la fallita acquisizione di Tower Semiconductor, chipmaker israeliano che Intel avrebbe dovuto acquisire per 5,4 miliardi. Acquisizione saltata “a causa dell’impossibilità di ottenere in tempo utile le approvazioni normative richieste dall’accordo di fusione” da parte delle autorità cinesi, che di fatto hanno ostacolato l’accordo forse per l’intensificarsi delle tensioni tech fra USA e Cina. Ma cosa c’entra Tower nella nostra vicenda? I rumor fanno presente che ha un impianto di produzione ad Agrate in collaborazione con la succitata STMicroelectronics; tuttavia, Intel Italia ha smentito l’indiscrezione.

Lo snodo cruciale sembrerebbe invece la componente economica. La trattativa partì nel 2022, quando il governo Draghi mise sul piatto 4,15 miliardi di euro tramite il Decreto-Legge 17 dell’1 marzo 2022. Intel annunciò di conseguenza un “potenziale investimento fino a 4,5 miliardi” per una fabbrica di packaging di nuova generazione che coinvolgerebbe “circa 1500 posti di lavoro in Intel e altri 3500 posti di lavoro fra fornitori e partner“. Con il passaggio al governo Meloni, la situazione andò in stallo: il governo italiano avrebbe dovuto garantire il 40% dell’investimento di Intel, ma in questi giorni è arrivato il Decreto-Legge 104 dell’agosto 2023, che abbassa i fondi della legge Draghi da 4,15 a circa 2/2,5 miliardi.

Sempre Luca Zaia è tornato sull’argomento, probabilmente per rispondere alle voci che stanno circolando insistentemente di recente. Il presidente del Veneto ribadisce: “dagli ultimi contatti che ho avuto con Intel non ci sono interruzioni nelle trattative“, aggiungendo che “non ci sono altri aggiornamenti, ma il dialogo con la società è confermato“. Zaia ricorda anche: “per noi la trattativa resta aperta, ma non ho mai negato che per l’area in questione ci siamo mossi anche su altri fronti, su Vigasio abbiamo talmente la situazione in mano che ci possiamo candidare anche per altri contest internazionali“, specificando che però che l’obiettivo resta Intel.

Non resta che attendere la pubblicazione del Piano nazionale della Microelettronica, che secondo il ministro Adolfo Urso “sarà alla base del Chips act italiano“, ma parliamo comunque di cifre insufficienti che potrebbero non soddisfare i requisiti di Intel. Nel suo investimento in Germania, Intel ha richiesto e ottenuto un aumento dei sussidi da 6,8 a 9,9 miliardi.

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