Successe qualcosa di inaspettato nel 2014, un nome comparve dal nulla, sgomitando nel già allora difficile mondo degli smartphone per farsi una posizione. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e OnePlus è passata dall’essere l’underdog contro tutto e tutti ad essere – a detta di molti – quello contro cui si era schierata al debutto. Lungi da noi idealizzare quelle che sono semplici dinamiche di mercato, ma quella che è stata la forza di OnePlus potrebbe essersi rivelata una debolezza. Ad affermarlo non sono io ma Pete Lau in persona: il fondatore dell’azienda ha rilasciato un’interessante intervista, in vista del lancio di OnePlus Z.
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Se si fa un salto indietro nel tempo a 6 anni fa, erano tempi ben diversi per il mercato della telefonia. Allora i top di gamma di riferimento erano telefoni come Samsung Galaxy S5, LG G3 e Nexus 6, venduti rispettivamente a 699€, 599€ e 649€ (bei tempi, eh?). Senza considerare iPhone 6 e i suoi 729€ richiesti al lancio. Era un’epoca in cui il mercato cinese era ancora poco sviluppato fuori dai confini. Xiaomi iniziava a far parlare di sé con Mi 4, Huawei era ancora tutto fuorché mainstream con il suo P7 e Meizu era ancora una nicchia con il suo MX4. Discorso differente è quello di OPPO, che già nel 2014 dimostrava di che pasta fosse fatta, producendo terminali molto intriganti come Find 7 ed N3.
Ed è proprio a fine 2013 che, da una costola di OPPO, nasce OnePlus, un brand che ha rivoluzionato il settore con tecniche di marketing e vendita fuori dai canoni. Lo stesso Pete Lau ha un trascorso importante in OPPO, arrivando a divenire vice presidente nel giro di pochi anni. Senza ombra di dubbio il suo porsi come la giovane start-up contro i giganti del mercato l’ha posta in una posizione favorevole, risuonando nell’animo di coloro che già allora protestavano contro i rincari annuali dei brand più blasonati.
Allo stesso tempo, c’è chi si dimostrava scettico nei suoi confronti: sembrava quasi irrealistico che un’azienda dal nulla potesse arrivare a competere ai piani alti del settore. Non c’è voluto molto prima che qualcuno indagasse e scoprisse che, in realtà, OnePlus non era proprio una società venuta fuori dal nulla. D’altronde bastava fare 2+2, prendere il succitato passato del fondatore e sommarlo al fatto che molti smartphone OnePlus e OPPO fossero a dir poco simili fra loro.
Ma chi è BBK Electronics?
Già nel 2014 si vennero a creare controversie su questo legame, sin da subito reso pubblico in maniera poco chiara. OnePlus ha smentito la possibile appartenenza ad OPPO, dichiarando che l’azienda fosse soltanto uno dei vari investitori. Negli anni a venire la faccenda è diventata ancora più confusa, con la comparsa del nome BBK Electronics a fare ulteriore notizia. Non è una notizia ufficiale e pubblica, ma è considerabile una sorta di segreto di Pulcinella, quello che all’interno di questa grossa multinazionale cinese ricadrebbero brand come OPPO, Vivo, Realme, iQOO e OnePlus. Se seguite il mondo delle notizie tech, vi sarete accorti che gli smartphone di queste aziende spesso e volentieri condividono tecnologie. Queste solitamente partono da OPPO e Vivo, le due aziende capostipite, e poi si ramificano in tutti questi altri sub-brand più o meno indipendenti fra loro.
A questa ipotesi si è schierata contro proprio OnePlus, che nel 2018 affermava così:
“OnePlus e OPPO sono tue compagnie completamente indipendenti. Ricerca & Sviluppo, economia, canali di vendita, operazioni quotidiane e così via sono settori che operano indipendenti. Le due parti condividono alcuni investitori. OnePlus ha in nolo la linea di produzione di OPPO e condivide parte delle risorse della sua catena di approvvigionamento.“
Lo stesso affermarono OPPO e Vivo, chiarendo di non avere alcun legame con BBK. Quest’ultima sembra una realtà quasi misteriosa, su cui si hanno poche notizie concrete sui suoi ultimi anni di attività. Su Bloomberg si menziona la sua operatività in ambiti quali “televisioni, antenne, smartphone, microonde e altri prodotti“. Facendo qualche controllo più profondo, si scopre una pagina (adesso rimossa) del sito ufficiale del governo della prefettura di Dongguan dove si afferma che OPPO fa parte di BBK. La situazione si fa ancora più “losca” con Vivo, il cui sito ufficiale riportava la sua appartenenza al gruppo BBK. Indovinate? La pagina è stata rimossa.
E all’improvviso compare Oplus
Capirete da voi che è un quadro non propriamente trasparente, che indubbiamente sfugge all’attenzione del pubblico generalista, ma di cui noi addetti ai lavori siamo ben consci. Alla luce di tutto ciò, pare che da parte di OnePlus ci sia il desiderio di fare più chiarezza, per quanto le carte in tavola vengano mischiate ulteriormente. In questa intervista, Pete Lau specifica nuovamente di non avere niente a che fare con BBK. Al contrario, si menziona per la prima volta Oplus, nome inedito che rappresenta uno dei gruppi di investimento privati che la finanziano. Viene quasi da sorridere e forse alzare un sopracciglio nel vedere la palese somiglianza di nome fra le due aziende, ma tant’è.
Il perché sia stato tirato fuori questo nome di cui non si ha alcun’altra notizia non è ben chiaro. Si vocifera che il motivo sia chiarire il legame che c’è fra queste aziende, con cui – ricordiamo – sono condivisi i team di investimento. Lo stesso Pete ha aggiunto che i dispositivi OPPO aiuteranno OnePlus a soddisfare le proprie ambizioni economico/sistemiche.
“OnePlus rimane una società indipendente, ma ciò significa che esiste una base più ampia per un potenziale accesso alla costruzione di un ecosistema più ampio.“
OnePlus vuole costruire il proprio ecosistema, ma i rischi sono molti
Uno dei difetti che più vengono imputati a OnePlus è la sua tendenza a smentirsi da sola. E fin qua non ci sarebbe nulla di male: tutte le aziende lo fanno, ma il modo esplicito con cui OnePlus si espone la rende potenzialmente più facilmente criticabile.
Nope. 🤷♂️ https://t.co/hsFBhDFZ8J
— Carl Pei (@getpeid) February 6, 2018
L’esempio più evidente è quanto avvenuto con chi si aspettava un successore di OnePlus X, allora smentito categoricamente dalle affermazioni di Carl Pei. L’azienda ha ripetuto in più occasioni di volersi concentrare su pochi prodotti, affermando che OnePlus X non avrebbe avuto nessun seguito. Ma eccoci qui nel 2020, con un OnePlus Z praticamente certo alle porte. Il motivo di questo dietrofront è presto detto: la società ha bisogno di prodotti che soddisfino i portafogli di tutti. Specialmente se ti sei fatta una carriera sul proporre il miglior rapporto qualità/prezzo.
Questo non potrà che far contenti coloro che vorranno usufruire dell’esperienza mobile OnePlus, ma allargare l’ecosistema comporta sempre dei rischi. Xiaomi è in costante crescita in occidente ma allo stesso tempo in forte calo in Cina: la stessa dirigenza ha affermato di essere cresciuta troppo velocemente e di aver perso quote di mercato in ambito smartphone. Per OnePlus sarà diverso, secondo Pete Lau, definendo la propria crescita “più sostenibile” di quanto accaduto ad altri marchi.
Affermazioni discutibili, se si considera che in Europa sono stati attuati licenziamenti importanti, definiti normale ristrutturazione aziendale ma che secondo alcuni nasconderebbe una crisi di identità. I report indicano come OnePlus voglia investire maggiormente nei paesi più benestanti, come quelli del Nord Europa. Non a caso, il quartier generale è stato spostato da Londra ad Helsinki. Questo in virtù dell’innalzamento dei prezzi, a scapito dei paesi dove la platea è più attenta nella ricerca dei prezzi più convenienti. Insomma, chi vivrà vedrà.
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