Mercato smartphone: le spedizioni dalla Cina calano del 21%

Risulta ormai naturale considerare la Cina – per una serie di fattori – come una delle più grandi potenze mondiali in riferimento al settore degli smartphone. Infatti è proprio qui, precisamente nella regione di Ghuangzhou che è concentrato uno dei più grandi conglomerati di produzioni tecnologiche. Nonostante ciò, molti analisti avevano pronosticato la saturazione del fiorente mercato.

Arriva lo stop delle crescite per il mercato smartphone in Cina

Uno dei dogmi economici con i quali ogni mercato deve fare i conti è proprio quello della saturazione della domanda. Proprio questo è successo in Cina, quando per la prima volta dal 2013, nello scorso anno c’è stata una chiusura passiva delle esportazioni. Infatti nel 2017, e nel primo trimestre di quest’anno, le vendite hanno smesso di crescere, scendendo sotto i 100 milioni di unità esportate. Si legge dal report che otto dei primi dieci produttori di smartphone sono stati colpiti da questa “recessione”. Soltanto alcune società sono riuscite a resistere a questi dati, mostrando addirittura un trend positivo, prosegue l’istituto d’analisi Canalys.

Xiaomi, Huawei, Oppo e Vivo rappresenterebbero la quasi totalità del mercato smartphone

In questo trend negativo, fanno la parte del leone Xiaomi, Huawei, Oppo e Vivo. La società di Lei Jun è stata in grado di registrare un momentum positivo del 37% raggiungendo i 12 milioni. Purtroppo per Xiaomi, però, i suoi introiti sono ancora strettamente legati alla fascia medio-bassa. Quest’azienda, con le altre 3 sopra citate si spartirebbero ad oggi la maggior parte del mercato, circa il 73%. Per il team di analisti questo oligopolio produrrebbe un dato dannoso per gli utenti.

Secondo Mo Jia, della compagnia Canalys, potrebbe esserci un inversione di trend nel secondo trimestre. Infatti grazie al lancio dei top di gamma da parte di Huawei, Vivo ed Oppo, il mercato potrebbe avere un’iniezione di fiducia. Lo scenario presentatosi attualmente in Cina sembrerebbe molto simile a quello americano, vissuto qualche anno fa: la massa dei consumatori non aggiornerebbe, infatti, i dispositivi, con la stessa frequenza richiesta dalle aziende.


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