Niente Intel in Italia: il governo annuncia il mancato accordo

intel italia

Fumata nera per Intel in Italia: era nell’aria e adesso è ufficiale, perché è saltato l’accordo da cui sarebbe nata la prima fabbrica del chipmaker statunitense nel Belpaese. Ad annunciarlo al G7 sull’Industria, Tecnologia e Digitale a Verona è il ministro delle Imprese e del Made in Italy in persona, Adolfo Urso, che in queste ore ha messo nero su bianco quella che era un’impressione che aleggiava sulla vicenda già da diverso tempo.

Intel, niente da fare per la realizzazione della sua prima fabbrica di semiconduttori in Italia

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Partiamo dal principio: nell’ottobre 2022 venne siglato l’European Chips Act, piano con cui la Commissione Europea stanziò investimenti per oltre 43 miliardi di euro con l’obiettivo di far crescere dal 10% al 20% la produzione di microchip europei per il mercato globale entro il 2030. La mossa attirò le attenzioni di Intel, che in quel periodo annunciò l’intenzione di espandersi in Europa.

Nacque così la proposta da 4,5 miliardi di euro da parte dell’allora governo Draghi per convincere la compagnia di Pat Gelsinger ad aprire il suo primo stabilimento in Italia. Sulla zona predisposta alla sua apertura ci furono diverse ipotesi: l’area Mirafiori di Torino, la zona STMicroelectronics di Catania ma quella più papabile risultò essere nei pressi della città di Vigasio, in Veneto.

L’idea di Intel era quella di aprire un impianto di packaging con tecnologie avanzate, che avrebbe ricevuto i microchip fabbricati in altri impianti per effettuarne l’assemblaggio finale (il packaging, appunto), le cui attività sarebbero partite fra 2025 e 2027 e che avrebbe generato circa 5.000 posti di lavori: 1.500 direttamente coinvolti nell’impianto e 3.500 fra aziende partner e fornitori.

Le parti sembravano vicine a chiudere l’accordo, ma poi nel gennaio 2023 sorsero i primi tentennamenti: il presidente veneto Luca Zaia dichiarò che la decisione finale spettava a Intel, “non su dove farlo, ma se lo farà davvero“. Non aiutò il passaggio del governo all’amministrazione Meloni, che abbassò i fondi della legge Draghi da 4,15 a circa 2/2,5 miliardi, mossa che potrebbe aver alimentato i timori di Intel, al punto che verso fine 2023 il governo italiano iniziò a rivolgersi pubblicamente anche ad altri chipmaker per convincerli a investire in Italia.

Nonostante le sue dichiarazioni ottimistiche, a gennaio 2024 il CEO di Intel si dichiaròfocalizzato sugli investimenti in Germania e Polonia“, tralasciando l’Italia dalle sue affermazioni. Al momento, infatti, Intel ha ufficializzato solamente la sua fabbrica in Germania (30 miliardi di euro) e quella in Polonia (4,6 miliardi), oltre a un’espansione dei già esistenti impianti in Irlanda (12 miliardi).

Come dichiarato ai giornalisti dal ministro Urso, Intel “ha rivisto i suoi piani di investimento anche alla luce del mercato e ha rivisto al ribasso le proprie ambizioni“. Qualora Intel fosse intenzionata a cambiare idea, le porte dell’Italia rimangono aperte, specifica Urso, ma l’Italia non è l’unica colpita dai tagli del chipmaker, visto anche il mancato accordo in Francia per la realizzazione di un hub di ricerca e sviluppo.

Accantonato il progetto Intel, prosegue lo stesso il piano italiano per incentivare l’industria nostrana dei semiconduttori. Lo dimostra l’aver siglato un accordo con la compagnia di Singapore Silicon Box, che aprirà il suo primo impianto da 3,2 miliardi di euro focalizzato sui chiplet di ultima generazione.

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