Dopo l’apertura dei tre storici impianti in Irlanda, Intel ha pubblicamente manifestato l’intenzione di espandere la propria presenza in Europa, coinvolgendo anche l’Italia, sebbene il ruolo chiave rimanga principalmente della Germania. Secondo il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Margrethe Vestager, “non c’è vita digitale senza microchip“, come dimostrato dall’European Chips Act e dagli investimenti miliardari per l’apertura di nuovi impianti, non solo per i chipmaker europei che per quelli di nazioni, come gli Stati Uniti, che oltre a essere alleati politici possiedono le tecnologie più avanzate nel settore del computing.
Proseguono i lavori per aprire la prima fabbrica in Intel in Germania: e l’Italia?
Nelle scorse settimane, l’accordo fra Intel e la Germania era giunto a un momento di stallo, quando Intel ha avanzato maggiori richieste economiche: se inizialmente la richiesta per la costruzione degli impianti era di 6,8 miliardi di euro, si è saliti a 9,9 miliardi di euro, una cifra inizialmente non ritenuta compatibile dalle direttive tedesche. È quanto dichiarò il ministro delle Finanze Christian Lindner: “non ci sono più soldi disponibili nel budget” venne risposto a Intel, che giustifica l’aumento con costi più alti del previsto in termini di costruzione ed energia. Ma dopo l’iniziale empasse si è giunti a un accordo fra le parti, e potranno così riprendere i lavori nei pressi della città di Magdeburgo, per un investimento da parte di Intel di circa 30 miliardi che coinvolgerà 3.000 posti di lavoro più altre decine di migliaia all’interno dell’ecosistema.
L’inizio dei lavori è previsto fra 4/5 anni, tempistiche che hanno fatto optare il chipmaker americano per la scelta di produrre chip Ångström a partire da 1,8 e 2 nanometri. Al suo interno non verranno prodotti solamente i chip Intel ma anche quelli di Intel Foundry Services, la divisione fab con cui l’azienda vuole vuole diventare rivale di TSMC e Samsung nella produzione di microchip avanzati per terze parti.
Per consolidare il suo piano d’espansione europea c’è anche la costruzione del primo impianto in Polonia, notizia che ha nuovamente puntato i riflettori sul progetto di Intel in Italia. Dopo gli entusiasmi iniziali, complice anche il passaggio dal governo Draghi a quello Meloni e annessi cambiamenti alle riforme economiche, da inizio 2023 si sono verificati rallentamenti che hanno portato a un punto di stallo. Alcuni analisti ritengono che l’accordo potrebbe saltare, anche se le motivazioni non sono ancora chiare, mentre per la Gea sarebbe ancora in corso il dialogo fra Intel e governo italiano. Nei mesi scorsi si era parlato di una sorta di Chips Act italiano che avrebbe potuto smuovere le acque, ma sembra che le cifre in gioco siano troppo basse per ottenere tale effetto.
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