Tutti la vogliono, pochi la possono avere: mi riferisco a TSMC, la fabbrica mondiale dei semiconduttori da cui dipende la maggior parte dei microchip nei dispositivi più avanzati; se si considera soltanto il mercato smartphone, oltre un terzo dei prodotti in commercio non esisterebbe senza i suoi semiconduttori. Sembra quasi incredibile che le sorti del mondo tecnologico possano dipendere da un’isola grande poco più della Sicilia, ma le ragioni di questo fenomeno ve le ho già spiegate. Gli Stati Uniti hanno recentemente ottenuto il successo di convincere TSMC a portare le sue fabbriche per la prima volta sul suolo americano. Tuttavia, Morris Chang, lo storico fondatore di TSMC, ha etichettato questo traguardo come “uno spreco e un costoso esercizio di futilità“.
Secondo il fondatore di TSMC, la sua espansione negli USA sarà una perdita di tempo e denaro
Durante una conferenza della Brookings Institution tenutasi nei mesi scorsi, Morris Chang ha condiviso la sua visione sul mercato dei semiconduttori, basata sulla sua esperienza sia negli Stati Uniti che in Asia. Fra anni ’50 e ’60 iniziò a lavorare per Texas Instruments, dove assistette in prima persona alla transizione degli Stati Uniti, che dopo aver dato i natali alla loro produzione preferì investire sul design dei microchip, considerato l’aspetto più “teorico” del settore. Al contrario, in Asia e in particolare in Taiwan ci si concentrò sull’aspetto più tipicamente manifatturiero. Questa differenza di approccio portò alla nascita di chipmaker fabless come Apple, Qualcomm, AMD, NVIDIA e Broadcom, che si concentrarono sull’ingegnerizzazione dei propri microchip ma dovendone affidare la produzione effettiva a fabbriche asiatiche come TSMC o Samsung. E questo non è necessariamente un male, come afferma Chang: gli USA sono i migliori al mondo nel design dei chip, molto più bravi di Taiwan, ma questa strategia li ha portati a non avere personale altrettanto qualificato nel settore di fabbricazione.
Del debutto di TSMC negli USA si parla dal 2022, ma in realtà la compagnia taiwanese opera negli States da 27 anni sotto forma di WaferTech, joint venture fondata nel 1996 assieme a partner americani e poi acquisita interamente nel 2000. Un progetto molto ambizioso ma che si rivelò un buco nell’acqua, e TSMC abbandonò l’idea di costruire nuove fabbriche anche a causa di costi più alti del +50% rispetto a Taiwan. WaferTech faticò anche a trovare personale qualificato da impiegare negli impianti; attualmente, l’unica fabbrica a Camas, in Washington, conta oltre 1.000 dipendenti ma non sono previste espansioni proprio a causa di queste difficoltà.
Oggi Morris Chang non ha più lo stesso potere decisionale in TSMC che aveva quando la guidava in prima persona, ma affermazioni del genere sono sicuramente controverse. L’idea di aprire fabbriche TSMC negli USA è stata alimentata più dalla sollecitazione americana che dall’intaprendenza taiwanese, proprio in virtù delle suddette problematiche. Anche perché per Morris Chang i miliardi del Chips Act americano non sono sufficienti per rendere competitivo produrre negli Stati Uniti anziché in Taiwan. Per quanto sia previsto un aumento della produzione statunitense, egli afferma che “ci sarà un elevato aumento dei costi e sarà difficile per gli Stati Uniti competere a livello internazionale“. Anche secondo gli esperti statunitensi, l’apertura di fabbriche TSMC e Samsung significherà migliaia di posti vacanti a causa della mancanza di lavoratori all’altezza.
Morris Chang non ha mancato di esprimersi su un’eventuale conflitto fra USA e Cina, con la situazione più tesa che mai dopo che un politico americano ha parlato dell’eventualità di bombardare TSMC in caso di invasione cinese. Per Morris, se il conflitto non ci sarà quella degli USA sarà stata un’impresa inutilmente costosa, mentre in caso contrario “avranno molto di più della produzione di chip di cui preoccuparsi“.
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