Vi ricordate lo scorso autunno, quando la Lituania rivolse accuse contro varie aziende cinesi, fra cui Xiaomi, di fare censura per conto della Cina? Un’accusa che fece molto discutere, in un contesto storico in cui l’occidente guarda con sempre più sospetto alle realtà di stampo cinese. Lo si vede con il ban USA contro Huawei, l’esempio più eclatante di come a ovest ci sia una certa diffidenza contro compagnie apparentemente ammanicate col partito cinese. E forse non è un caso che a rivolgere queste accuse contro Xiaomi sia la Lituania, nazione alleata degli Stati Uniti e che ne tende ad appoggiare le visioni geopolitiche.
L’accusa rivolta contro alcuni dei principali produttori cinesi di smartphone è abbastanza grave. Quella che ha fatto più notizie è senza dubbio il presunto comportamento censorio, con tanto di “blacklist” contenente parole non gradite e quindi da rimuovere. Ma non finisce qui: la Lituania ha parlato anche di tracciamento dei comportamenti degli utenti, registrazione su server asiatici alla loro insaputa e invio di informazioni sensibili in Cina.