Se anche con la presidenza Biden non si è allentato il ban contro Huawei, una delle motivazioni è da ricercare nella controversa vicenda degli uiguri in Cina. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, gli uiguri sono un’etnia islamica sunnita che vive nella regione dello Xinjiang, nel nord-ovest della Cina. Un’etnia con cui la Cina si scontra da quasi un secolo ma specialmente dopo l’11 settembre 2001 e il conseguente avvio della guerra al terrorismo islamico. Negli ultimi anni si sono intensificate le polemiche contro la Cina, accusata di una vera e propria persecuzione etnica contro gli uiguri. E in mezzo ci sarebbero anche varie aziende coinvolte, anch’esse accusate di aver collaborato col governo nel fornire loro strumenti persecutori.
L’azienda più grande a essere apparentemente coinvolta nella lotta della Cina contro gli uiguri sarebbe Huawei. Già in passato la compagnia di Ren Zhengfei è stata accusata in tal senso, ma la risposta è sempre stata la stessa: “noi vediamo dispositivi per scopi generici”. Poi se questi dispositivi vengono utilizzati in maniera nociva non sarebbe colpa di Huawei, quindi. Tuttavia, nel nuovo report del Washington Post viene evidenziato come Huawei sia ben più coinvolta di come vorrebbe dare a credere. L’azienda avrebbe prodotto tecnologie per aiutare il governo a “identificare individui dalla voce, monitorare figure politiche di interesse“, ma anche “gestire la rieducazione tecnologica e gli orari nei campi di lavoro per prigionieri“.
Aggiornamento 16/12: Huawei ha rilasciato un comunicato sulla questione. Lo trovate a fine articolo.
Un nuovo report punta il dito contro Huawei e il suo coinvolgimento nella lotta contro gli uiguri
Ciò trasparirebbe dall’ottenimento di pagine PowerPoint private relative a presentazioni in Cina dei servizi di sorveglianza sviluppati da Huawei. Per esempio, Huawei e iFlytek avrebbero sviluppato una tecnologia per l’identificazione vocale delle persone mediate un vasto database di impronte vocali collezionate non si sa bene come.
Proseguendo, nelle slide si parla di “Huawei and Hewei Smart Prison Unified Platform“, cioè della progettazione completa di centri di “rieducazione “cinesi. All’interno di quelle che sono delle vere e proprie carceri vengono ospitati non soltanto criminali e dissidenti politici, ma anche i succitati uiguri. Varie testimonianze di ex detenuti parlano di torture e lavoro obbligatorio nelle fabbriche, pena il mancato rilascio. In tutto ciò, Huawei avrebbe collaborato allo sviluppo di un sistema di sorveglianza completo di videocamere, porte intelligenti, software gestionali per gli orari dei detenuti, dei loro corsi di “rieducazione culturale, tecnica e ideologica” e dei turni di lavoro in carcere.
Un altro dei prodotti in esame si chiama “Huawei e PCI-Suntek Technology Video Cloud Big Data Joint Solution“, ideato per rintracciare personalità di interesse politico e criminali tramite riconoscimento facciale e tracciamento dell’indirizzo MAC tramite Wi-Fi.
Il report del Washington Post evidenzia come tutte queste tecnologie targate Huawei finiscano per essere utilizzate dalla Cina contro gli uiguri. E non soltanto in maniera inconsapevole: già in passato un dipendente si era dimesso dopo che Huawei era stata accusata di aver creato un “allarme anti-uiguro”.
Ma non finisce qui: fra i documenti ottenuti ci sono anche altri prodotti non strettamente governativi, come lo “Smart Service Center Joint Solution“. Creato da Huawei e 4D Vector, questo strumento permetterebbe di individuare dipendenti distratti sul luogo di lavoro, che magari si sono addormentati o che stanno giocando col telefono. Inoltre, lo stesso strumento potrebbe essere utilizzato nei negozi per riconoscere i clienti dal loro volto, capire i loro comportamenti e i loro dati demografici.
Comunicato ufficiale | Aggiornamento 16/12
In merito al report del Washington Post, Huawei ha rilasciato un comunicato per rispondere alle accuse:
“Huawei non è a conoscenza dei progetti citati nel rapporto del Washington Post. Come tutti gli altri principali fornitori di servizi, Huawei fornisce servizi di piattaforma cloud conformi agli standard comuni del settore. Huawei non sviluppa né vende sistemi destinati ad alcun gruppo specifico di persone e richiediamo ai nostri partner di rispettare tutte le leggi, i regolamenti e l’etica aziendale applicabili. La protezione della privacy è la nostra priorità assoluta e richiediamo che tutte le parti della nostra attività siano conformi a tutte le leggi e i regolamenti applicabili nei paesi e nelle regioni in cui operiamo.“
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