Fra le aziende cinesi coinvolte nella diatriba fra USA vs Cina compare anche DJI, il celebre produttore di droni. Forse non tutti sanno che l’acronimo sta per “Da-Jiang Innovations“, praticamente la romanizzazione del nome originale “大疆创新“, traducibile in “grandi innovazioni di frontiera“. Come tante aziende tech, anche DJI nasce nella regione del Guangdong, in quella Shenzhen da cui proviene buona parte della tecnologia globale. Ma il suo essere semplicemente una compagnia cinese non è il motivo per cui gli Stati Uniti hanno deciso di metterla alla berlina.
Se vi ricordate, durante la fine del 2020 era arrivato il ban USA contro DJI, inserendola nella famigerata Entity List assieme a brand come Huawei e ZTE. Ma le controversie con gli Stati Uniti erano già iniziate nel 2017, quando l’esercito statunitense ne cercò di vietare l’utilizzo per “motivi di sicurezza”. Fra 2017 e 2020 sono arrivati più report in cui DJI veniva accusata di trasferire i dati acquisiti dai droni a server cinesi. Ecco, quindi, che circa un anno fa il Dipartimento del Commercio ha deciso di inserire DJI nella blacklist del Bureau of Industry and Security.
Il ban USA contro DJI rischia di farsi ancora più stringente
All’inserimento di DJI nella Entity List, seguì un ordine esecutivo dell’allora presidenza Trump in cui si vietava l’utilizzo di droni cinesi da parte del governo USA. Con la successione della presidenza Biden ci si chiedeva se sarebbe cambiato qualcosa, ma a quanto pare la posizione statunitense rimane invariata. Lo abbiamo visto con Huawei, con ingenti investimenti per buttarla fuori dalle reti nazionali e il pressing per spingere l’Europa a fare lo stesso. E lo abbiamo visto con le discussioni attorno alla possibilità di infliggere il ban anche su Honor.
E anche se per mesi non si è più sentito parlare della questione DJI, di recente Brendan Carr, membro della FCC, ha avanzato la possibilità che il ban diventi più stringente. Definendola “una Huawei con le ali”, ha sottolineato come l’azienda sia una minaccia per la sicurezza nazionale e che le apparecchiature DJI non dovrebbero essere acquistate con soldi dei fondi federali. Le accuse verso DJI parlano della presunta raccolta di enormi quantità di dati sulla popolazione americana, fra cui “immagini ad alto rischio, riconoscimento facciale, temperatura corporea e frequenza cardiaca“. Tutta una serie di dati che potrebbe essere utilizzata dal Partito Comunista Cinese in modo illegittimo, secondo le sue affermazioni.
A queste accuse si aggiungono le presunte violazioni dei diritti umani che hanno fatto decidere al governo USA di aggiungere DJI alla Entity List. Mi riferisco all’accusa secondo cui i droni DJI sarebbero utilizzati dal governo cinese per la sorveglianza dell’etnia degli uiguri nella regione dello Xinjiang. Una teoria in cui sarebbero coinvolte anche Huawei e Hikvision, accusate di aver realizzato un sistema di riconoscimento facciale che aiuterebbe il governo cinese nell’individuare gli uiguri. La proposta dell’FCC rientra nell’Equipment Act 2021, un disegno di legge repubblicano che vieterebbe i finanziamenti per l’acquisto di prodotti delle aziende bannate.
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