Xiaomi è stata una delle prime compagnie ad intraprendere la corsa al full screen. Era il 2016 quando la presentazione del primo storico Xiaomi Mi MIX “ruppe internet”, mostrando al grande pubblico come sarebbero stati gli smartphone del futuro. Da quel momento in poi, tutti i brand si sono adeguati, chi prima, chi dopo. Ma è anche vero che questa guerra al full screen ha in un certo senso mietuto delle vittime, in primis la praticità e la funzionalità degli smartphone. Nel giro di qualche anno siamo passati dal concepire i telefoni come strumenti di produttività ad oggetti di prestigio. Uno smartphone full screen, magari anche con bordi curvi, è tanto bello da sfoggiare al ristorante, quanto fragile e costoso da riparare.
Ma non solo: uno smartphone full screen deve anche compensare tutta una serie di componenti hardware che fino a qualche anno fa risiedevano tranquillamente nel bordo superiore del display. Il caso più plateale è quello della selfie camera ed è proprio con Xiaomi Mi MIX 4 che abbiamo assistito allo step finale del full screen. La sua selfie camera sotto al display è la culminazione di un percorso tanto affascinante quanto controverso. E quindi, affrontiamo l’elefante nella stanza: il sensore di prossimità.
Problemi col sensore di prossimità: Xiaomi sta lavorando per farsi perdonare
Da quando Xiaomi ha iniziato a produrre smartphone full screen, specialmente punch-hole, è sorta una quantità infelice di segnalazioni sui problemi legati al sensore di prossimità. Non a caso, gli articoli in cui ne parliamo sono tuttora fra i più cliccati e commentati, a segnalare che c’è un evidente problema che colpisce un po’ tutti gli utenti. Ovviamente Xiaomi se n’è accorta, lanciando un indagine a riguardo e un sondaggio per ascoltare la community. In realtà c’è poco da indagare, perché il problema è palesemente legato ad una delle modifiche hardware introdotte con l’avvento degli smartphone full screen di Xiaomi. Mi riferisco al sensore ad ultrasuoni che Xiaomi ha deciso di adottare da un po’ di tempo a questa parte. Il suo funzionamento l’ho spiegato a fondo in questa guida dedicata, perciò non sto a ripetermi sul perché agisca così male.
Con il lancio di Xiaomi Mi 11, abbiamo scoperto che questa “feature” nasce dalla collaborazione con Elliptic Labs, azienda norvegese che si occupa proprio di sensori virtuali. Sul loro sito scopriamo che anche Honor utilizza i suoi sensori, ma fra i suoi partner figurano anche nomi come Intel, Qualcomm, AMD, MediaTek, ARM, Samsung ed altri ancora. Insomma, non proprio un’azienda di sprovveduti, a quanto pare. Ciò nonostante, i sensori virtuali INNER BEAUTY realizzati da Elliptic Labs hanno significato un grosso problema per Xiaomi. Potremmo ipotizzare che il problema sia un’implementazione non adeguata da parte di Xiaomi e che quindi la colpa sia di quest’ultima. Ma considerato che, a parte Honor, nessun produttore utilizza questi sensori, forse il motivo è un altro.
Proprio per questo, è nata in rete un’indiscrezione che vedrebbe Xiaomi abbandonare Elliptic Labs, interrompendo una collaborazione che non si è rivelata poi così fruttuosa. I rumors parlano di una Xiaomi che starebbe investendo economicamente in una compagnia cinese chiamata Suzhou Minghao Sensing Technology. Un’azienda sconosciuta, ma provando a cercare in rete troviamo il sito ufficiale, sul quale scopriamo che il suo nome commerciale è MiraMEMS. La ragione sociale della società è quello di sviluppare tecnologie MEMS, acronimo che sta per Micro Electro-Mechanical Systems, una categoria generica di componenti che teoricamente include anche i sensori di prossimità.
Xiaomi dice addio ad Elliptics Labs in favore di MiraMEMS?
Detto questo, la teoria che si è fatta strada in rete e rimbalzata su vari media è che Xiaomi avrebbe deciso di accantonare Elliptic Labs in favore di questa piccola azienda cinese. Provando ad indagare ulteriormente, nel catalogo prodotti offerto da MiraMEMS figurano accelerometri, giroscopi, sensori di Hall e contapassi, perciò niente sensori di prossimità. Ma dato che il rumor parla di investimenti di Xiaomi, è possibile che la compagnia di Lei Jun voglia aiutarla economicamente per includere anche questa tipologia di sensori a catalogo.
Per vederci più chiaro, provando a visitare la pagina CrunchBase relativa a MiraMEMS, scopriamo qualche dettaglio in più. Innanzitutto, stando ai dati riportati, parliamo di una piccola azienda che conta meno di 10 dipendenti, al contrario di Elliptic Labs che ne conta fra i 50 e i 100. E già qui potrebbe stranire il fatto che una grande azienda come Xiaomi voglia affidare un elemento rivelatosi così delicato ad una realtà così piccola. Consultando la pagina dedicata agli investitori, poi, fra le aziende che hanno investito in MiraMEMS sono elencati solo i gruppi di investimento Yihe Chuangtou e Teda Venture Capital.
Di Xiaomi non sembra essercene traccia, ma in realtà su CBInsights scopriamo che recentemente varie aziende, fra cui Xiaomi, hanno investito più di 10 milioni di dollari in MiraMEMS. Insomma, qualcosa si muove, ma da qui a dire che Xiaomi è pronta a risolvere i suoi problemi col sensore di prossimità ce ne passa. Anche perché, come detto poco fa, MiraMEMS non sembra averne in catalogo, pertanto se effettivamente volesse sostituire quelli di Elliptic Labs, ci vorrà ancora tempo prima che si concluda un’eventuale fase di progettazione, sviluppo, realizzazione e test su larga scala di questi eventuali nuovi sensori MiraMEMS.