Sembrava che, dopo la vendita da parte di Huawei, per Honor si prospettasse un futuro più tranquillo. Grazie a questa scissione, l’azienda ha deciso di puntare in alto, grazie anche al ri-ottenimento di tutte le partnership perse precedentemente con il ban USA. In particolare la partner con Qualcomm, non potendo più usufruire della catena produttiva di Huawei e quindi dei chipset Kirin prodotti da HiSilicon. Ciò ha reso possibile la creazione di dispositivi come la famiglia Honor 50, per non parlare di Magic 3, il primo al mondo con Snapdragon 888+. Ma sembra che la tempesta sia tutto fuorché passata per Honor, dato che l’azienda rischia di finire nuovamente vittima delle decisioni del governo americano.
Aggiornamento 15/10: si torna a parlare della possibilità che gli USA bannino Honor. Trovate tutti i dettagli a fine articolo.
Dopo Huawei, anche Honor potrebbe (ri)entrare nella Entity List degli USA
Lo scorso 6 agosto, 14 politici repubblicani nella Camera dei Rappresentanti (una parte del Senato USA) hanno espressamente chiesto al Dipartimento del Commercio di inserire Honor nella Entity List. Il motivo di questa richiesta deriva dall’idea che Huawei abbia scorporato Honor dalla sua compagnia “nel tentativo di eludere le politiche di controllo delle esportazioni statunitensi volte a tenere la tecnologia e il software statunitensi fuori dalle mani del Partito comunista cinese (PCC)“. I politici coinvolti hanno sottolineato che “le stesse preoccupazioni sulle esportazioni di tecnologia verso Honor quando faceva parte di Huawei dovrebbero applicarsi nell’ambito della sua attuale struttura di proprietà sostenuta dallo stato“.
Di risposta, il Dipartimento del Commercio ha accolto la richiesta, affermando di “riesaminare continuamente le informazioni disponibili per identificare potenziali aggiunte all’elenco delle entità“. Ricordiamo che le aziende inserite in questa blacklist non possono commerciare con le compagnie americane. Di conseguenza, se Honor finisse nuovamente vittima del ban USA non potrebbe più avere partner come Google e Qualcomm. Ciò comprometterebbe in larga scala i piani di rinascita post-Huawei, con una Honor che sta programmando il suo ritorno in occidente. Per ora, nessuna delle parti coinvolte ha rilasciato comunicazioni in merito.
A questo punto, il perché Honor abbia aspettato prima di rientrare a tutti gli effetti sul mercato occidentale potrebbe derivare proprio da questa situazione. Per quanto la proposta dei repubblicani sia di pochi giorni fa, è possibile che la dirigenza Honor abbia voluto prendere tempo proprio per vedere se qualcosa del genere potesse succedere. Certo è che la partnership con Qualcomm, e la conseguente nascita di smartphone come Honor 50 e Magic 3, è già in atto. Ma nel frattempo, Honor si è in parte tutelata affidandosi al chipmaker UNISOC per la fornitura dei SoC per i suoi modelli di fascia medio/bassa.
Ban o no ban? Questo è il dilemma | Aggiornamento 21/09
Un nuovo report dagli Stati Uniti evidenzia come le agenzie di sicurezza statunitensi siano divise sull’eventualità di inserire Honor nella famigerata Entity List. La discussione fra le agenzie verte sull’essere o meno d’accordo sul fatto che la compagnia, precedentemente di proprietà di Huawei, rappresenti o meno una minaccia per la sicurezza nazionale degli USA. Da un lato, Pentagono e del Dipartimento di Energia sarebbero a favore di questa decisione. Dall’altro, Dipartimento del Commercio e Dipartimento di Stato sono contrari. E si discute anche dell’eventualità che, in caso di stallo, sulla questione possa pronunciarsi il presidente Joe Biden.
Il dibattito rimane acceso, con i legislatori che stanno facendo pressioni sulla presidenza affinché risulti più stringente sul controllo delle esportazioni cinesi. Lo scorso agosto, una cerchia di legislatori repubblicani hanno richiesto al segretario al commercio Gina Raimondo l’inserimento di Honor nella lista nera americana. La valutazione è che Huawei abbia sì ceduto il suo ex sub-brand, ma che sostanzialmente stia continuando ad operarci sotto banco, con una vera e propria “evasione del controllo delle esportazioni“.
Allo stesso tempo, gli analisti hanno una posizione molto più cauta, specialmente senza sostegno da parte dei partner stranieri e con possibili ricadute sull’industria statunitense. Anche perché, a differenza di Huawei che si occupava anche di infrastrutture di rete utilizzate negli USA, i prodotti Honor non sono venduti nel continente americano. Senza contare che vari chipmaker lamentarono alla presidenza Trump il calo delle vendite derivanti dall’impossibilità di Huawei di accedere alla filiera globale. La stessa Qualcomm, una delle eccellenze del mondo tech americano, ha prontamente stretto un importante accordo con Honor.
Il senato USA spinge per il ban di Honor | Aggiornamento 15/10
Non si accenna a placare il pressing da parte dei senatori repubblicani nei confronti del governo USA per l’esecuzione del ban contro Honor. La frangia di politici guidati dal senatore Marco Rubio ha invitato nuovamente la presidenza Biden a considerare l’inserimento dell’ex sub-brand di Huawei all’interno della Entity List. Honor continua ad essere additata come una “minaccia alla sicurezza nazionale“, definendola “un braccio del governo cinese” con accesso alla tecnologia statunitense negata a Huawei. Verrebbe da chiedersi in che modo Honor sia una minaccia per gli USA, se si considera che gli smartphone Honor non sono venduti in America e, al contrario di Huawei, non realizza apparecchiature per le infrastrutture di rete.
Nella lettera firmata dai membri del Partito Repubblicano si legge come “la scissione di Honor ha evitato a Pechino un critico controllo delle esportazioni americane“. La lettere prosegue, affermando che “omettendo di agire, il Dipartimento del Commercio rischia di creare un pericoloso precedente e di comunicare agli avversari che non abbiamo la capacità o la forza di volontà di punire l’evidente ingegneria finanziaria di un regime autoritario“.
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