Per quanto la situazione pandemica sembra si stia assestando grazie ai piani vaccinali, la crisi dei semiconduttori è ancora lungi dall’essere definita conclusa. Gli strascichi del lockdown del 2020 si fanno ancora sentire, così come la penuria di componenti che sta colpendo vari settori del mercato tecnologico. Uno dei primi fu quello automobilistico, ma è stata soltanto questione di tempo prima che anche quello videoludico subisse la stessa sorte. Comprare una PS5 o una nuova scheda grafica può rivelarsi un’impresa, al contrario di smartphone, tablet e notebook che ancora si trovano con discreta facilità. Anche se non è non sempre è così, specialmente per prodotti di difficile realizzazione, come nel caso di Xiaomi MIX 4. Ma potrei citare anche lo Snapdragon 780G, che probabilmente rimarrà ad appannaggio del solo Xiaomi Mi 11 Lite 5G, dato che Qualcomm ne ha interrotto la produzione.
Aggiornamento 28/08: nuovi dettagli sulla situazione rincari dei chipset. Ve ne parliamo a fine articolo.
TSMC prepara rincari sulla vendita dei chipset: ecco come verrà colpito il mercato tech
E per la legge della domanda e dell’offerta, quando c’è penuria ci sono innalzamenti di prezzo. Negli scorsi mesi ci sono già stati aumenti in vari segmenti di produzione, come in quello dei notebook, dove alcuni modelli stanno aumentando di prezzo anziché calare come di solito succede col passare del tempo. Se il fornitore aumenta i prezzi dei componenti, il produttore paga di più e alla fine questo rincaro si riflette sul costo per il consumatore finale. Prendendo ad esempio HP, gli analisti fanno notare come in un anno abbia aumentato i prezzi dei PC dell’8% e delle stampanti del 20%. Ma anche DELL e ASUS hanno confermato che valuteranno di quanto aumentare i prezzi dei propri prodotti.
Un elemento vitale nella produzione di elettronica sono i chipmaker, produttori di quelle componenti fondamentali per far funzionare prodotti tech di ogni tipo. Ad esporsi sulla vicenda sono state diverse figure, fra cui il CEO di Analog Devices: “non ci stiamo approfittando di questa situazione per alzare i prezzi, se non per quei prodotti per i quali stiamo pagando di più per le fornitura aggiuntive richieste“. Prosegue il CEO di Broadcom, sottolineando come questa inflazione sia accettata dai vari partner come Apple e Samsung, i quali spesso ammortizzano questi costi maggiorati senza alzare i prezzi.
Il perché i chip costano di più non è soltanto per il calo di manodopera avvenuta nel 2020, ma anche per l’aumento dei costi dei materiali usati in fase di produzione, come nel caso di resine e metalli. Ed ecco che anche il più grande chipmaker al mondo, ovvero TSMC, si sta preparando ad alzare i costi dei chipset che vende a numerose aziende. Ricordiamo che fra le compagnie che si riforniscono da TSMC troviamo Qualcomm, MediaTek, AMD, NVIDIA ed Apple, per citarne alcune. Secondo le stime, i chipset a 7 e 5 nm (così come i futuri a 4 nm, immaginiamo) subiranno un aumento del +10%, mentre quelli meno avanzati fino al +20%.
Detto questo, è difficile prevedere cosa accadrà al mercato degli smartphone, da sempre famelico di quanti più chipset possibili. La produzione frequente di nuovi modelli da parte di compagnie come Xiaomi, OPPO, vivo e Samsung ha sicuramente un impatto su questo innalzamento della domanda (e quindi dei prezzi). Ma chi dice che il prezzo degli smartphone aumenterà del 10/20% azzarda un’ipotesi che non sta in piedi. Per quanto costosi siano, i chipset rappresentano soltanto una frazione del costo totale di produzione di uno smartphone, per quanto degli aumenti siano – ahimè – plausibili. Anche perché, a parte TSMC, non ci sono alternative che possano fornire così tanti chipset con processi produttivi avanzati. Ci sarebbe Samsung, ma i problemi di surriscaldamento riscontrati con Snapdragon 888 e 888+ potrebbero far desistere alcuni clienti.
Non solo TSMC alzerà i prezzi | Aggiornamento 28/08
Un nuovo report, questa volta dai media coreani, fa presente come anche Samsung Electronics sta valutando di adeguarsi all’andamento di mercato ed alzare i prezzi. La domanda è aumentata di molto, tanto da portare Samsung ad esternalizzare la produzione di chipset per i propri smartphone Galaxy. Senza contare i grossi investimenti messi in atto per l’espansione necessaria per compensare l’alta richiesta di semiconduttori. Soltanto le macchine EUV, necessarie per la stampa dei wafer con i SoC, hanno costi che superano i 170 milioni di dollari. Fra 2018 e 2020, infatti, Samsung ha annunciato un enorme piano di investimenti pari a quasi 100 miliardi di euro. Il 60% di questa cifra sarà indirizzato proprio alla produzione di semiconduttori, compresa la ricerca d’acquisizione di altre compagnie. Si è vociferata una possibile acquisizione di NXP Semiconductors, specialmente per aumentare la produzione di chip per il settore automobilistico. Ma si tratterebbe di un’acquisizione particolarmente costosa, con stime che parlano di 58 miliardi richiesti.
Fra l’altro, Western Digital sta valutando di fondersi al chipmaker giapponese Kioxia, per un accordo pari a 20 miliardi di dollari. Se ciò avvenisse, a fondersi sarebbero il 2° e il 3° produttore di memorie al mondo, alzando notevolmente la competizione per il 1° produttore, cioè proprio Samsung. Senza contare la fusione avvenuta fra Analog Devices e Maxim Integrated Products, AMD che sta cercando di acquisire Xilinx e NVIDIA che sta tentando lo stesso ma con ARM.
Non solo: anche il chipmaker taiwanese UMC, il terzo al mondo, aumenterà i prezzi nei prossimi mesi, dopo i rincari del 10/20% già occorsi nel primo semestre 2021. È ancora presto per capire quando la situazione si ristabilizzerà, vista la situazione senza precedenti. Secondo il CEO di GlobalFoundries, le forniture dovrebbero rimanere insufficiente almeno fino al 2022.
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