OnePlus e Turbo Boost 3.0: l’azienda spiega la RAM virtuale

oneplus 9 pro turbo boost 3.0

Anche OnePlus fa parte di quei produttori che inizieranno ad utilizzare e sfoggiare i benefici del concetto di RAM virtuale. Dopo averlo spiegato in casa Xiaomi, anche l’azienda di Pete Lau ha deciso di illustrare come funziona questa feature. In occasione del lancio degli ultimi OnePlus 9 e 9 Pro, gli ingegneri hardware e software hanno cooperato per creare una maggiore sinergia fra la componentistica. Potendo contare su prestazioni sempre più elevate, ecco come si comportano i nuovi smartphone targati OnePlus.

OnePlus spiega i benefici del Turbo Boost 3.0 sulla serie 9

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Come tutti i SoC, anche lo Snapdragon 888 di Qualcomm contiene gli elementi chiave per le performance di smartphone come OnePlus 9 e 9 Pro. CPU e GPU gestiscono la parte computazionale e grafica, mentre le memorie si occupano di gestire i processi in esecuzione ed archiviare i dati da mantenere nel tempo. Ed è qua che interviene la modalità Turbo Boost 3.0, un nome che sta ad indicare sostanzialmente la funzione di virtualizzazione della RAM.

I due smartphone possono contare su 8/12 GB di RAM LPDDR5, incaricata di tenere in memoria il sistema operativo e le varie app in background. Quando avviamo per la prima volta un’app, utilizza un quantitativo minimo di memoria RAM, la quale aumenta ogniqualvolta che si effettua una nuova operazione in quell’app. Quando si passa ad un’altra app, quella precedente viene spostata in background ma non viene chiusa, in modo che sia già pronta quando la riapriremo. Questo comporta un consumo maggiore di memoria, soprattutto se si considera che nell’arco del quotidiano siamo soliti aprire molte applicazioni. Inoltre, bisogna considerare che determinate app continuano a consumare RAM, anche quando non sono attive e sono in background.

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Ed è qui che entra in gioco l’ottimizzazione di memoria svolta da OnePlus con Turbo Boost 3.0. La OxygenOS scandaglia app e servizi di sistema che sono in memoria per capire quali siano attivi e quali no. Quando viene rilevata un’inattività, questa viene marcata: se al successivo controllo l’app associata è ancora inattiva, passa dalla RAM fisica a quella virtuale. La virtualizzazione prende posto all’interno della memoria ROM UFS 3.1, solitamente incaricata di gestire altro, ovvero i dati da mantenere costantemente in memoria. In questo modo, la RAM vera e propria viene liberata e può far spazio a quelle app che invece sono attive e necessitano quindi di spazio immediato. I benefici si sostanziano in un +25% di app aperte simultaneamente rispetto a prima.

A questo punto, qualcuno potrebbe sollevare un’obiezione: a lungo andare ciò non rischia di usare la memoria ROM, tecnicamente non ideata per essere riscritta così frequentemente? OnePlus ha pensato anche a questo, ottimizzando il codice di Android per controllare che le operazioni di lettura/scrittura fra RAM e ROM avvengano con criterio.

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