L’effetto domino che è conseguito dal ban USA inferto ai danni di Huawei si è ripercosso anche su società esterne, come nel caso di SMIC e Sony. Nel primo caso, il chipmaker si poneva come possibile alternativa all’impossibilità di farsi produrre i SoC Kirin di HiSilicon da parte di TSMC. Possibilità a cui si è rapidamente opposto lo schieramento statunitense, accusando SMIC di essere un alleato strategico per la divisione militare dello stato cinese. Nel secondo caso, invece, Sony è uno dei tanti partner che potrebbe non poter vendere più i propri prodotti a Huawei.
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Il ban USA contro Huawei sta colpendo anche realtà come Sony e SMIC
L’inserimento di Huawei nella Entity List, la famigerata blacklist statunitense, ha fatto sì che numerose aziende abbiano intavolato discussioni con il governo americano. Per esempio Samsung Display, uno dei fornitori di schermi di Huawei, così come MediaTek, ad oggi l’unica possibile alternativa concreta lato chipset. SMIC sta affrontando un braccio di ferro con lo U.S. Bureau of Industry and Security, a causa delle restrizioni sulle esportazioni che rischia di dover affrontare.
Il problema nasce anche dalla volontà di rimanere all’interno della Borsa di Hong Kong. “SMIC sta conducendo valutazioni sull’impatto rilevante di tali restrizioni all’esportazione sulle attività di produzione e funzionamento della società“, si legge nei documenti. Inutile dire che la dirigenza si sta duramente opponendo alle decisioni del governo USA, affermando di non aver violato alcuna legge vigente. Il suo inserimento nella Entity List rischia di far scappare gli azionisti, con il titolo che è già sceso del -23% nella borsa di Hong Kong. Senza contare che grossi clienti come Qualcomm, da cui deriva il 13% dei ricavi totali, rischiano di non poter più comprare i loro wafer con chip.
Per quanto riguarda Sony, è ufficialmente partita la richiesta di licenze speciali da parte del Dipartimento del Commercio degli USA. Se ciò non accadesse, Huawei non potrebbe più utilizzare i suoi sensori fotografici a bordo dei propri terminali. Non è stata la sola: anche il chipmaker numero 2 al mondo Kioxia Holdings (parte del colosso Toshiba) ha fatto richiesta, in modo da continuare la fornitura di memorie flash. Privandosi di un cliente grosso come Huawei, entrambe le aziende vedrebbero compromesso il proprio ricavo annuale.