Anche se dal 2016 è il suo più grande partner commerciale, la Germania starebbe valutando di contrapporsi alla Cina e alla sua industria nazionale dei microchip. Si intensifica la guerra tecnologica fra USA e Cina, che finora ha visto coinvolte anche Paesi Bassi e Giappone e a cui a breve dovrebbe aggiungersi anche la nazione europea, con difficili conseguenze per la filiera di produzione di semiconduttori cinsi.
Anche la Germania si affianca agli USA nel blocco dei microchip della Cina
Si aggiungerebbe così un pesante tassello per la precaria situazione del mercato cinese dei microchip, sempre più bloccato nella produzione di semiconduttori avanzati. Essere bannati dagli Stati Uniti significa non avere accesso a software e hardware necessari per la loro produzione, e lo stesso vale col Giappone, da cui arrivano molti dei wafer di silicone mondiali, per non parlare dei Paesi Bassi, dove c’è ASML e i suoi macchinari senza i quali è impossibile produrre sotto i 7 nm.
Dopo anni di forte partnership commerciale, il governo Scholz ha deciso di adottare una linea più dura con la Cina, da quando la nazione ha mostrato una certa vicinanza alla Russia anche durante il conflitto con l’Ucraina, anche nel mercato degli smartphone. L’idea sarebbe quella di limitare l’esportazione di prodotti chimici da parte di aziende leader come Merck e BASF, altro elemento necessario per la produzione di microchip di ogni tipo. Una mossa del genere rappresenterebbe l’ennesima tegola che si abbatterebbe sulla catena tecnologica cinese, che nonostante sia la fabbrica tech del mondo si affida ancora moltissimo alla produzione estera di chip. Che la Germania non veda di buon occhio la presenza della Cina nel mercato tecnologico lo abbiamo già visto in passato: basti pensare al ban di OPPO, OnePlus e vivo dalla nazione e alla volontà di togliere Huawei e ZTE dalle reti 5G.
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