Paura della Cina: TSMC risponde all’ipotesi di scappare da Taiwan

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Crediti: IO Fund

Lo spauracchio dell’invasione della Cina ai danni dell’isola di Taiwan non si allontana, e TSMC si ritrova ancora una volta fra l’incudine e il martello. I suoi clienti più importanti non si trovano in Asia bensì negli Stati Uniti: nomi come Apple, Qualcomm, NVIDIA, Intel e Broadcom, tutte aziende spaventate dall’eventualità che l’annessione dell’isola significhi che la Cina metta le mani sulle fabbriche di TSMC, con tutti i problemi che ne nascerebbero. “Oggi, gli Stati Uniti acquistano il 92% dei chip all’avanguardia da TSMC a Taiwan“, ha detto il segretario al Commercio statunitense Gina Raimondo. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che queste società avanzino l’ipotesi di spostare via gli impianti TSMC da Taiwan.

Portare via gli impianti da Taiwan per via della Cina: la risposta di TSMC

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Non si sa chi, ma TSMC ha confermato di aver incontrato alcuni dei suoi clienti per rispondere alle loro preoccupazioni e parlare dell’assurda richiesta: prendere le fabbriche taiwanesi di TSMC e portarle altrove, fuori dalle mire della Cina. TSMC non ci ha girato troppo attorno: sarebbe impossibile, in quanto l’80/90% della capacità produttiva è situata nell’isola di Taiwan.

Ai giornalisti, il presidente CC Wei ha risposto: “l’instabilità attraverso lo Stretto di Taiwan è effettivamente una considerazione per la catena di approvvigionamento, ma non vogliamo che si verifichino guerre“. Dell’argomento si è parlato al Computex 2024: secondo Frank Huang, presidente di Powerchip Semiconductor Manufacturing, “nessuno è ancora preoccupato, continueranno a esserci attività militari, ma ancora una volta Taiwan è così importante per l’AI” che un’eventuale azione militare comprometterebbe le stesse compagnie cinesi.

Anche ipotizzando che la Cina attacchi e annetta Taiwan, ASML ha ribadito che non starebbe a guardare e che disabiliterebbe i macchinari TSMC da remoto, lasciando di fatto alla Cina degli impianti inutilizzabili. Da parte degli Stati Uniti sono arrivate dichiarazioni decisamente più controverse, con un membro della Camera che ha minacciato il bombardamento degli impianti. Sarebbe più conveniente per tutti lasciare la situazione com’è adesso: anche secondo Morris Chang, fondatore di TSMC, escludere la Cina dall’industria globale dei microchip sarebbe un problema per tutti.

Non si sa chi abbia discusso con TSMC dell’idea di spostare le fabbriche fuori da Taiwan, ma una delle parti coinvolte potrebbe essere OpenAI. Di recente, il CEO Sam Altman ha discusso di una possibile partnership con TSMC per la fabbricazione di microchip, confermando la volontà di slegarsi dalla costosa NVIDIA. TSMC ha però definito “troppo aggressiva per essere credibile” la richiesta di OpenAI: si parla di circa 36 fabbriche, troppe per poter essere gestite con una capacità dell’80% o superiore e anche per soddisfare una domanda che non sarebbe così elevata da giustificare un numero tale di nuovi impianti.

Visto che si parla di nuovi impianti, OpenAI potrebbe aver chiesto a TSMC quanti di questi potrebbero essere costruiti altrove anziché a Taiwan, possibilmente negli Stati Uniti dove il chipmaker taiwanese sta già costruendo impianti molto avanzati. Ma sempre Morris Chang ha parlato del perché l’espansione statunitense sia da bocciare.

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