Come dichiarato da Kendra Schaefer dell’azienda di consulenza Trivium China, Huawei “è ora il punto centrale, i controlli sulle esportazioni hanno unito lo Stato e l’industria in un modo mai visto prima“. Anni fa il ban statunitense si abbatté sulla compagnia di Ren Zhengfei, bloccandole la possibilità di realizzarsi i microchip Kirin, non potendo più avere a che fare con TSMC. Ma il lancio della serie Mate 60 ha riportato in auge la divisione semiconduttori HiSilicon di Huawei, che assieme a SMIC ha tirato fuori dal cappello un Kirin 9000S che nessuno si aspettava. E nonostante esistano dubbi sulla sua natura, ciò ha spinto Bloomberg ha realizzato un’inchiesta in cui vengono individuati legami sospetti fra Huawei e il governo cinese.
Ecco quale sarebbe il piano cinese per far risorgere la divisione microchip di Huawei
Il governo cinese avrebbero deciso di affidare a Huawei un ruolo da protagonista per far evolvere la sua industria dei semiconduttori, secondo quanto dichiarato da fonti anonime a Bloomberg. Il governo avrebbe sorpreso Huawei nel chiederle di presentare la serie Mate 60 in occasione della visita in Cina di Gina Raimondo, ministro del Commercio americano, dovendo così anticipare l’evento rispetto a quanto fosse inizialmente programmato. Questo spiegherebbe perché Mate 60 sia stato mostrato sul sito ufficiale settimane prima dell’evento ufficiale al pubblico.
Il motivo di tale richiesta sarebbe ovvio, cioè mostrare agli Stati Uniti le capacità tecnologiche di Huawei e quindi della Cina, che con Mate 60 hanno presentato (seppur senza menzionarlo mai ufficialmente) un SoC 5G come il Kirin 9000S senza l’ausilio di tecnologie occidentali. La preoccupazione ufficiale del governo USA sarebbe quella che la Cina utilizzi il know-how di Huawei nei semiconduttori per scopi militari, che si tratti di super computer, missili, droni, video-sorveglianza e intelligenza artificiale, anche in ottica di una possibile invasione di Taiwan.
L’inchiesta di Bloomberg rivela una presunta rete di imprese statali che starebbero aiutando Huawei a raggiungere l’obiettivo nazionale. Recentemente, la Cina avrebbe investito 30 miliardi di dollari per la costruzione di fabbriche Huawei, finendo per violare le leggi americane, ma già nel 2019 venne fondato lo Shenzhen Major Industry Investment Group, un fondo di investimento creato con i soldi dello stato e gestito dal governo municipale di Shenzhen, città dove ha sede Huawei.
Questo gruppo avrebbe investito in varie aziende: fra quelle del settore manifatturiero ci sarebbero PXW (sensori fotografici, chip RF), Swaysure (chip di memoria) e PST (chip logici), mentre per quello di sviluppo MITK, Pengjin e SiCarrier. Quest’ultima avrebbe un legame segreto col gruppo di ricerca Huawei 2012 Lab per lo scambio di talenti e tecnologie del settore dei microchip, nonostante le smentite di Huawei. Inoltre, la sua estraneità dai fatti del ban USA le permetterebbero di interfacciarsi al mercato fuori senza paletti legali e senza destare sospetto, essendo azionista di maggioranza di compagnie come Cornerstone, Zetop e UEASCEND, coinvolte nella produzione di macchine litografiche, fondamentali per la realizzazione di microchip, specialmente dopo il blocco delle vendite da parte dell’azienda leader ASML; per aggirare questo blocco, Huawei avrebbe assunto alcuni ex dipendenti ASML.
Essendo l’azienda cinese più grande in materia di progettazione di microchip, Huawei sarebbe un elemento fondamentale nel fornire competenze e supporto economico per la nascita e la crescita di altre aziende che facciano crescere l’industria nazionale. La succitata rete di imprese sostenuta dai fondi statali sarebbe concentrata proprio nell’aiutare Huawei nella costruzione di una filiera indipendente.
Dylan Patel del team di ricerca SemiAnalysis afferma che “l’entità dei sussidi è enorme, ben oltre ciò che la gente normalmente pensa“. Secondo Chris Miller, autore di Chip War: The Fight for the World ’s Most Critical Technology, però, “più sussidi governativi renderanno ancora più difficile per Huawei presentarsi come indipendente, anche se i sussidi le permetteranno di vendere prodotti a prezzi più bassi” e poter così competere maggiormente; “in molti mercati emergenti, ciò consentirà probabilmente a Huawei di conquistare quote di mercato“, aggiunge.
Secondo gli addetti ai lavori, gli obiettivi del governo cinese (e quindi di Huawei e aziende annesse) sarebbero principalmente tre: litografia, produzione di wafer di silicio e software di progettazione, cioè quelli dove Stati Uniti o altre nazioni hanno la leadership. Nel frattempo, Huawei ha negato tutto: “Si tratta interamente di speculazioni e congetture basate su informazioni online“.
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