Nel 2017, il mercato globale era composto da oltre 720 brand di smartphone: nel 2023, questo numero è sceso a quasi 250, un calo drastico avvenuto nell’arco di pochi anni. È questo il quadro che traspare da una recente analisi pubblicata dal team di Counterpoint Research, una fotografia di un panorama tecnologico che sempre di più si sta assottigliando attorno a poche realtà.
Ecco quante aziende di smartphone sono scomparse negli ultimi anni
Il 2017 è stato l’anno del picco per il mercato degli smartphone: più di 1,5 miliardi di telefoni venduti in tutto il globo, numeri mai più raggiunti negli anni successivi. Secondo le stime, invece, il 2023 dovrebbe chiudersi con i numeri di vendita più bassi del decennio, situazione che si riflette nel significativo calo del -66% nel numero di aziende attive nel settore telefonico.
Questo calo è da attribuire principalmente alla sparizione dei marchi locali, cioè di quelle aziende concentrate principalmente sulla vendita di smartphone in ristrette aree geografiche. È il caso di Micromax, Lava, Intex e Karbonn in India, InnJoo e Xtouch in Africa e Medio Oriente, BLU negli Stati Uniti, Kyocera e NEC in Giappone, Evercoss in Indonesia, Vestel in Turchia ed LG in Sud Corea. È accaduto lo stesso anche in Europa: BQ in Spagna, Wiko in Francia, e come non citare Stonex, NGM e Komu per l’Italia. Si potrebbe poi aprire una grossa parentesi sui tanti brand cinesi spariti, ma su quello c’è un video-editoriale dedicato.
Nel 2023, quasi il 90% dei marchi locali ha venduto sotto le 100.000 unità, per un contributo nel mercato mondiale diminuito di oltre l’80% rispetto al 2017. I motivi sono svariati: in primis, i consumatori sono sempre più consapevoli e tendono a fare acquisti più ponderati. Prima c’era chi dava fiducia a marchi sconosciuti ma apparentemente promettenti, fiducia che spesso è stata tradita da aziende che nel giro di poco tempo non hanno rispettato le promesse finendo per ridimensionarsi.
Il progresso tecnologico ha portato anche prodotti qualitativamente migliori e quindi un allungamento del ciclo di sostituzione che mal si sposa con brand piccoli spesso focalizzati su prodotti di fascia medio/bassa che necessitano di vendite frequenti per risultare profittevoli. Inoltre, gli smartphone montano tecnologie sempre più evolute: per esempio, la transizione da 4G a 5G li ha resi più costosi, complicando ulteriormente la vita alle aziende più piccole. Non dimentichiamoci del boom dei ricondizionati, con sempre più persone che preferiscono sì spendere meno ma per acquistare modelli usati di marchi più blasonati (Apple in primis).
Uniamo a tutti questi fattori la crisi economica del 2020, periodo in cui c’è stato il calo più significativo dei brand locali, ed ecco che invece i brand globali si mantengono costantemente oltre i 30. Il risultato è la concentrazione del potere nelle mani di quelle poche compagnie che possono vantare una copertura su larga scala, fra Cina, Europa e Stati Uniti e offrire ai clienti una maggiore stabilità qualitativa e nell’assistenza.
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