Sin da quando l’amministrazione Trump si è stabilita alla Casa Bianca, il governo USA si è mossa per rallentare l’evoluzione tecnologica della Cina. L’elemento più critico è quello riguardante i microchip, con gli Stati Uniti che hanno bannato SMIC, inserendo il chipmaker cinese nella famigerata Entity List. Nonostante la Cina sia l’epicentro del mercato tecnologico globale, quando si parla di semiconduttori non è affatto la nazione più avanzata. L’asse portante in questo settore è composto da Taiwan, Sud Corea e Giappone assieme agli stessi USA, mentre la Cina è ancora un passo indietro nel campo dei chipset. Lo dimostra il fatto che, da quando è stata anch’essa bannata, Huawei ha visto cadere in disgrazia la sua divisione chip HiSilicon.
Aggiornamento 07/10: ci sono nuovi risvolti nella vicenda USA vs Cina. Trovate tutti i dettagli a fine articolo.
Lo scontro tecnologico fra USA e Cina si sposta anche sul settore memorie
Come ho spiegato in un video editoriale, se la Cina vuole annettere a sé Taiwan è anche per colmare questo divario tecnologico con l’occidente e gli altri leader asiatici. A questo si aggiungono le preoccupazioni del legame fra Cina e Russia: per via del conflitto con l’Ucraina, gli USA stanno facendo pressioni per impedire che i produttori di chip li inviino alla Russia.
Attualmente, la Cina ha solo SMIC come chipmaker, una compagnia che però non è ancora all’altezza delle varie TSMC, Samsung e Intel. Se si parla di chipmaker fabless, invece, UNISOC sta dimostrando di poter dire la propria sul mercato degli smartphone. Diversa è invece la situazione nel mercato della produzione di memorie, più semplici ed economiche da a produrre. Degli oltre 150 miliardi di dollari di semiconduttori che la Cina importa ogni anno, il 35% sono memorie.
Per anni, la Cina (come praticamente tutte le altre nazioni) si è dovuta affidare a realtà come Samsung e SK Hynix (Sud Corea), Micron e Western Digital (USA) e Kioxia (Giappone). In questo ambito, Yangtze è delle fabbriche di semiconduttori più promettenti della Cina, specialmente se si parla di memorie NAND. Nasce dalle ceneri della divisione Wuhan di SMIC, che dopo anni di perdite ha deciso di abbandonare le fabbriche e cederle a Xinxin Semiconductor. A quel punto, il colosso Tsinghua Unigroup (proprietaria della succitata UNISOC) ha acquistato la maggioranza dell’azienda e da questa fusione è nata Yangtze.
Nel giro di pochi anni, Yangtze ha dimostrato di poter competere ad alti livelli: si stima che nel giro di pochi anni supererà un colosso quale Micron in termini di capacità produttiva. Nel frattempo, gli USA stanno valutando di bloccare l’invio alla Cina delle apparecchiature necessarie per la produzione dei chip usati nelle memorie più avanzate. Una mossa che colpirebbe direttamente Yangtze ma che indirettamente rischierebbe di andare a discapito anche di Samsung e SK Hynix, dato che entrambe hanno stabilimenti produttivi in Cina. E c’è chi vede in questa mossa anche un tentativo degli USA di proteggere le sue Micron e Western Digital, che assieme hanno il 24% del mercato, dopo le accuse di dumping e concorrenza sleale verso Yangtze, i cui prezzi più convenienti le hanno permesso di raddoppiare la quota di mercato al 5%.
Nuovi dettagli | Aggiornamento 07/10
Samsung e SK Hynix dovrebbero dormire sonni tranquilli, perché le nuove restrizioni degli USA verso la Cina non dovrebbero toccarle. Il Dipartimento del Commercio americano sta preparando un blocco sull’esportazione di tecnologia atta alla produzione di memorie DRAM e NAND, colpendo aziende cinesi come Yangtze, ChangXin e JHICC. Se invece le aziende coinvolte saranno non cinesi ma con fabbriche in Cina, come nel caso delle due coreane, allora le richieste verranno esaminate ed eventualmente accolte. Ma anche per quelle cinesi, il blocco non sarà messo in atto qualora si parli di memorie non avanzate: il ban riguarderà solamente le tecnologie di produzione per DRAM a 18 nm o inferiori, NAND a 128 strati o superiori o chip logici a 14 nm o inferiori.
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