È passata quasi una settimana dall’inizio del conflitto fra Russia e Ucraina: il conto dei danni è ingente, sia in termini umani che economici, con implicazioni che si riflettono anche al di fuori dell’Europa. Finora la Cina ha mantenuto una posizione a tratti ambigua, esprimendosi a sfavore delle azioni della Russia ma senza aderire alle sanzioni del mondo occidentale. Tuttavia, anche il colosso asiatico sta iniziando ad accusare il danno economico provocato dal conflitto. Se si guarda al mercato tecnologico, ci sono aziende come Xiaomi che si trovano in un certo senso coinvolte ma soprattutto colpite da quanto sta accadendo in Europa.
Le conseguenze della guerra fra Russia e Ucraina si riflettono sul mondo tech e sulla Cina
Nel caso di Xiaomi, partiamo col dire che parliamo di un brand di smartphone che punta molto sul mercato dell’Est Europa. Nel 2019 la compagnia di Lei Jun riuscì a diventare il primo produttore di smartphone in Ucraina conquistando quasi metà del mercato. Ma anche in Russia, dove il brand detiene quasi un terzo del mercato: pertanto possiamo capire come una guerra del genere non possa non influire sull’andamento delle vendite di Xiaomi in Est Europa. In questi giorni nella nazione sarebbe dovuta essere presentata la serie Redmi Note 11, smartphone che probabilmente sarebbe prontamente diventato un best seller, visto il trend di vendita della serie Redmi Note.
Ma anche OPPO ne dovrebbe risentire, visto che parliamo del brand #3 in Ucraina (dietro a Samsung). La scorsa settimana aveva promosso un taglio di prezzo per marzo per OPPO A55, uno degli smartphone più venduti del suo catalogo.
Per non parlare di Huawei e ZTE, due compagnie che hanno aiutato l’Ucraina nella costruzione di infrastrutture di telecomunicazione, fra reti internet, 3G e 4G. Huawei debuttò in Ucraina già nel 1998 e i suoi smartphone continuano a essere venduti nel paese, con il brand che siede ancora in quarta posizione nella classifica attuale.
Se si esclude il mondo smartphone, anche ByteDance si trova in una posizione scomoda nell’affrontare le conseguenze del conflitto fra Russia e Ucraina. Negli scorsi giorni ha bloccato temporaneamente l’account russo RIA Novosti, oltre a cancellare video controversi sulla situazione. Ma anche Didi, cioè l’Uber cinese, che ha annunciato che dal 4 marzo cesserà la sua attività di taxi in Russia e Kazakistan “a causa delle mutevoli condizioni di mercato e di altre sfide“.
Al contrario della Russia, poi, l’Ucraina fa attivamente parte della Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta che la Cina sta costruendo per espandere i suoi affari fuori in Medio Oriente ed Europa. Paesi come Ucraina e Polonia sarebbero dovuti essere un “ponte verso l’Europa”, ma i cambiamenti geopolitici in atto rappresentano un blocco notevole. Anche perché dall’Ucraina sono e sarebbero dovute passare rilevanti arterie stradali e ferroviarie per il trasporto di merci da est a ovest, rischiando di aggravare le già imperanti crisi dei trasporti e dell’approvvigionamento.
La Russia diventerà il nuovo Iran?
Vi ricordate Meng Wanzhou, CFO di Huawei che gli Stati Uniti arrestarono (e poi rilasciarono) a causa di frode e relazioni commerciali con l’Iran? Il rischio che ciò possa accadere anche con la Russia inizia a farsi concreta. L’asse occidentale ha colpito duramente la Russia con una serie di sanzioni e divieti commerciali che potrebbero riflettersi anche sul mercato tecnologico. Come afferma lo studio legale Seyfarth Shaw di Hong Kong, le aziende cinesi potrebbero ritrovarsi costrette a bloccare il proprio mercato in Russia.
Come affermato, “le multe potrebbero arrivare a miliardi di dollari e le sanzioni includerebbero la reclusione e persino sanzioni imposte direttamente a quelle società che violano le sanzioni se le violazioni sono particolarmente gravi“. Il riferimento è a quelle aziende, cinesi e non, che commerciano prodotti realizzati sulla base di tecnologie americane, fra cui semiconduttori, ma anche smartphone, PC e quant’altro. E mentre Taiwan, Sud Corea e Giappone hanno approvato tale decisione, la Cina non si è ancora esposta in merito. Anche se sembrerebbe che Lenovo, così come le americane Apple, Dell e Intel, avrebbe già iniziato a sospendere le sue attività in Russia.
Le sanzioni potrebbero colpire nuovamente Huawei, che lo scorso anno ha avviato accordi 5G con MTS e Rostelecom, i più grande operatori telefonici in Russia.
Finora la Cina si è dimostrata “non favorevole all’uso delle sanzioni per risolvere i problemi e alle sanzioni unilaterali, che non hanno fondamento nel diritto internazionale“, come affermato dal ministero degli esteri. Resta da vedere come si svilupperà la vicenda: la Russia è un importante mercato tecnologico per la Cina, fra esportazione di computer, apparecchiature di trasmissione e componenti per veicoli, tutti prodotti che spesso contengono brevetti statunitensi.