16 agosto 2010. Una data che potrebbe non dirvi nulla ma che segnò a tutti gli effetti la nascita della MIUI. Una data che sancì l’inizio di una nuova era per la telefonia, e non soltanto per Xiaomi, ma per capirlo meglio dobbiamo innanzitutto fare un passo indietro ad 11 anni fa. Al tempo, i brand che comandavano il mercato erano principalmente Samsung, HTC e Motorola, Blackberry andava ancora di moda ma in tanti avevano occhi soltanto per iPhone 4. Pensate: in Italia vennero venduti 1,6 miliardi di telefoni ma soltanto un quinto erano smartphone; il 2010 era un’epoca ben diversa da quella attuale, specialmente per l’assenza dei produttori cinesi, fino a quel momento relegato perlopiù ad assemblatori di telefoni per conto di altri.
Indice
Evoluzione della MIUI: ripercorriamo la storia di Xiaomi
Quando il software conta più dell’hardware
È in questo contesto che, dalla mente di Lei Jun e altri sei soci, il 6 aprile 2010 venne fondata Xiaomi. Sin da subito, l’intento della compagnia fu quello di affrontare il settore tecnologico in maniera fresca e diversa dal solito, offrendo qualcosa di quasi impensabile per una neonata startup. Prima di proseguire, è necessario capire quanto sia importante il software nell’economia della compagnia. C’è un motivo per cui i prodotti Xiaomi costano così poco, soprattutto in oriente: oltre alla diversa tassazione, in Cina la MIUI è una delle principali fonti di guadagno per Xiaomi: abbonamenti cloud, pubblicità, app store proprietario, servizi di streaming multimediale e l’auto-promozione di un’ecosistema praticamente sconfinato di gadget di ogni tipo, fra il marchio Mijia e lo store YouPin con tutti i vari marchi partner. Anche perché non va dimenticato che in Cina molti servizi che noi utilizziamo normalmente non esistono: niente Google, Meta, Netflix e Spotify, per dirne soltanto alcuni.
E poi, dalla MIUI passa molta della quotidianità degli utenti asiatici. Basti solo pensare che con l’app Mi Pay possono associare il conto bancario per effettuare pagamenti, bonifici, scambiarsi denaro con gli amici, pagare bollette, abbonamenti dei mezzi pubblici e così via. Una visione dell’economia ben diversa dalla nostra, con un’Europa più restrittiva quando si parla di permettere alle multinazionali tech di gestire l’economia della popolazione e più restia a farlo quando si tratta di aziende non occidentali.
A Xiaomi non importa guadagnare dalla vendita dello smartphone, quello che conta è che venga utilizzata la MIUI e tutti i servizi al suo interno. Non a caso, Xiaomi non si definisce una “smartphone company“, bensì una “internet company“, dove “M” ed “I” in “XiaoMi” stanno proprio per “Mobile Internet“. Oggi questo modello di business, dove il software vale più dell’hardware, non ci suona come una novità, ma ricordo che nel caso di Xiaomi parliamo di 11 anni fa, un’epoca in cui cambiare telefono avveniva molto più frequentemente e quindi aveva senso concentrarsi ancora molto sull’hardware.
2010 – La nascita della MIUI
Ed è allora che il 16 agosto 2010, da una Xiaomi ancora in veste di startup, venne presentata la primissima MIUI, acronimo che sta per “(Xiao-)MI User Interface“. Pensate che a quel tempo lo sviluppo veniva portato avanti da soltanto tre ingegneri, per quanto supportati dal lavoro di un centinaio di beta tester. L’obiettivo era di quelli importanti: creare una ROM Android, prendendo gli stilemi pensati da Google e modificandoli secondo la propria visione.
La MIUI 1 si basava su Android 2.2 Froyo ma paradossalmente era più vicina ad iOS, vuoi per l’assenza di un’app drawer che per l’estetica generale; non scopriamo certo oggi la fascinazione che la Cina ha per Apple e la sua filosofia dell’ispirarsi ai migliori, sia come tributo che come percorso di auto-miglioramento. La volontà di puntare più sul software che sull’hardware la si intuisce dal fatto che la MIUI nacque quando ancora non esisteva uno smartphone Xiaomi.
Era considerabile a tutti gli effetti una ROM di terze parti, come oggi potrebbe esserlo le varie Pixel Experience, LineageOS o l’ormai defunta CyanogenMod, e quindi gli utenti si divertivano ad installarla su smartphone di altri brand. Addirittura si vociferava che Xiaomi fosse in trattativa con Samsung, LG e soprattutto Motorola per montare la MIUI sui loro smartphone e promuoverne la vendita in Cina, paese dove questi brand non hanno mai veramente sfondato.
Nel mentre fu sfornata la MIUI 2, una versione marginale che sostanzialmente migliorava la prima MIUI, affinandone l’estetica e limandone qualche asperità.
2011/2012 – MIUI 3 e Xiaomi Mi One
Nell’agosto del 2011, un anno dopo l’esordio della MIUI, nacque Xiaomi Mi One, il primo storico smartphone dell’azienda. Per spingerne il lancio, l’azienda di Lei Jun volle stupire tutti con un prodotto dalle velleità da top di gamma ma dal basso prezzo: aveva lo stesso Snapdragon S3 di Samsung Galaxy S2 ma costava soltanto 270€.
Hardware a parti, quello che incuriosiva gli appassionati è che era il primo smartphone MIUI: si basava più precisamente sulla MIUI 2, alla quale seguì nell’aprile del 2012 la MIUI 3. Basata su Android 2.3 Gingerbread, fu un aggiornamento importante per Xiaomi, che introdusse un altro elemento cardine e molto apprezzato nella MIUI, ovvero i Temi. La UI divenne ancora più personalizzata, con immagini e foto che rendevano l’esperienza graficamente più ricca.
2013 – MIUI 4, tante novità
Salto in avanti a febbraio 2013, due anni dopo l’esordio del primo smartphone, e Xiaomi raggiunse risultati considerevoli, diventando il quinto brand più diffuso in Cina con quasi 19 milioni di smartphone venduti. Avvenne così il lancio di un altro importante aggiornamento, la MIUI 4. Basata su Android 4.0 Ice Cream Sandwich, marcò ancora di più lo scostamento da Google: arrivarono l’app store proprietario, migliorarono le app dedicate per musica e video e anche un anti-virus sviluppato con Tencent, feature assente nella versione stock di Android.
Nella lock screen venne aggiunta la possibilità di entrare immediatamente in fotocamera, telefono e messaggi tramite le relative scorciatoie, la UI divenne più fluida, ordinata e ricca di transizioni e widget, il dialer aggiunse la registrazione delle chiamate e il T9 per la ricerca rapida dei contatti, arrivarono i messaggi di gruppo, la fotocamera aggiunse il touch to focus, nuovi parametri manuali, la modalità Panorama e l’editing nella Galleria.
2014 – MIUI 5 e addio Google
È nel dicembre 2014 che arrivò la MIUI 5 basata su Android 4 Kitkat, un ulteriore punto di svolta per il software di Xiaomi. Portò con sé un notevole redesign della UI: nuove icone, nuove animazioni, arrivarono le prime gestures ma il cambiamento più radicale riguardò Google. Già nel 2006 la Cina aveva iniziato a censurarlo, ma nel 2014 il governo cinese decise di vietare l’utilizzo delle app Google sugli smartphone cinesi, e Xiaomi fu costretta ad adeguarsi.
2015 – MIUI 6, 7 e nascita della MIUI Global
Il 2015 segnò il quinto anniversario dalla nascita di Xiaomi, un anno importante anche per il suo approdo in India, mercato che sarebbe diventato importantissimo per l’azienda. E visto che in India non sussisteva il ban di Google, ecco che venne concepita la MIUI Global che ben conosciamo, completa di servizi Google, Play Store e quant’altro. Il 16 agosto, a 5 anni esatti dalla prima MIUI, venne lanciata la MIUI 6. Sulla scia del Material Design introdotto con Android 5 Lollipop, Xiaomi modificò la sua UI, abbracciando uno stile grafico più minimal e bidimensionale.
Con la successiva MIUI 7, sempre nel 2015 ma basata su Android 6 Marshmallow, non ci furono molti cambiamenti grafici. Xiaomi preferì concentrarsi sul migliorare le prestazioni, ridurre i consumi energetici e introdurre nuove features, come la modalità Bambino o quella Non Disturbare.
2016 – MIUI 8
Spostandoci al 10 maggio 2016 arrivò il momento della MIUI 8 basata su Android 7 Nougat. Lo stile minimal venne ulteriormente affinato, risultando sempre più attiguo a quello di Google. Le novità introdotte furono diverse e molto utili, fra cui Second Space e Dual App ma anche i pagamenti tramite NFC, la Quick Ball per le scorciatoie a schermo, una nuova modalità di risparmio energetico e più opzioni per gli screenshot, per citarne alcune.
Non dimentichiamoci, poi, che a fine 2016 ci fu il colpo di scena con l’annuncio a sorpresa dell’iconico Xiaomi Mi MIX, smartphone a suo modo fondamentale nell’evoluzione degli smartphone, il primo a portare il full screen al grande pubblico (Sharp fu la prima, ma solo in Giappone). E non solo: fu in quel periodo che iniziò la transizione dai canonici 16:9 ai form factor allungati.
2017 – MIUI 9, si passa al full screen
Nel luglio 2017 arrivano MIUI 9 e Android 8 Oreo, e una delle novità fu proprio lo split screen. Avendo display più lunghi, perché non sfruttare lo spazio in più per avere due app a schermo? Nel mentre, iPhone X faceva scuola dimostrando come sfruttare al meglio il suo essere a tutto schermo, e fu così che anche Xiaomi aggiunse le gestures full screen. Sempre sulla falsa riga di Apple, avvenne anche il debutto del riconoscimento facciale, ma non solo: vennero introdotti App Vault e Game Speed Booster, antesignano delle odierne modalità gaming, e la UI divenne più fluida e responsiva.
Da segnalare che il settembre 2017 fu anche il momento dell’ingresso di Xiaomi nel programma Android One, promosso da Google per incentivare la produzione di smartphone con software Android puro. Purtroppo l’iniziativa si rivelò un fiasco e Xiaomi confermò che non ci sarebbe stato un seguito allo sfortunato Xiaomi Mi A3.
2018 – MIUI 10 e nascita MIUI EEA
Con il debutto della MIUI 10 nel giugno del 2018, assieme ad Android 9 Pie, gli smartphone full screen divennero il trend, e Xiaomi si adeguò. Venne introdotta una nuova schermata verticale delle app recenti, le gestures migliorarono e cambiò la grafica di alcuni elementi della UI. Inoltre, l’intelligenza artificiale iniziò a essere sempre più presente, con un software in grado di predire alcuni comportamenti, dando maggiori risorse alle app più usate, auto-regolando la fotocamera in base al soggetto inquadrato. Da citare anche l’introduzione di XiaoAI, l’alternativa a Google Assistant per il pubblico cinese.
Il 2018 segna un’altra data importante per Xiaomi: il debutto in Europa e in Italia, e con esso anche quello della MIUI EEA, la versione europea della ROM proprietaria.
2019 – MIUI 11 e l’importanza dei display
Dopo la presentazione della MIUI 10, avvenne un grosso cambiamento: la decisione di aggiungere l’app drawer, allontanandosi alla concezione iniziale della MIUI in stile iOS. Con MIUI 11 e Android 10 arriviamo così al settembre 2019, periodo in cui i produttori (Xiaomi in primis) iniziarono a investire maggiormente sugli schermi; feature come pannelli AMOLED e bordi curvi iniziavano a non essere più solo per i consumatori più facoltosi ma diffusi anche su prodotti più economici, perciò Xiaomi colse la palla la balzo per aggiungere novità quali Tema Scuro, Always-On Display e effetti Dual Edge.
2020 – MIUI 12 e le difficoltà pandemiche
Pochi mesi dopo, nell’aprile 2020, venne ufficialmente presentata la MIUI 12. Il periodo non era dei migliori, la Cina stava lentamente uscendo dalla crisi pandemica mentre l’occidente era nel bel mezzo del caos. Nonostante ciò, Xiaomi si sforzò di creare un aggiornamento con cui dare una rinfrescata alla componente estetica, a partire dall’introduzione del nuovo pannello Control Center d’ispirazione iOS-iana, le finestre flottanti, la modalità Lite e gli apprezzatissimi Super Wallpaper.
2020 – MIUI 12.5, focus sulle prestazioni
Quello della MIUI 12 fu uno degli aggiornamenti più controversi di quegli anni: non tanto per la mancanza di novità sostanziose quanto per il fatto che il firmware risultava piuttosto “buggato” e poco efficiente. Forse Xiaomi aveva anticipato troppo i tempi, rilasciando un major update a distanza non più di un anno come solito ma soltanto 6 mesi dopo. Per ovviare a queste difficoltà, sempre nel corso del 2020 (dicembre) venne rilasciata la MIUI 12.5 con Android 11.
Per la prima volta, a un aggiornamento intermedio venne data quasi la stessa importanza di un aggiornamento principale, e il motivo era la quantità di novità apportate dal team di sviluppo. Onde evitare gli stessi problemi della MIUI 12, Xiaomi sfruttò meglio l’hardware a disposizione, e realizzò feature dedicate esclusivamente agli smartphone più performanti, evitando che queste potessero appesantire quelli meno dotati. Performance migliorate, meno app pre-installate, nuovi effetti visivi, sonori e tattili, più privacy e l’introduzione della pseudo-modalità Desktop che fu la MIUI+.
2021 – MIUI 12.5 Enhanced e MIUI 13
La saga “12” proseguì anche nel 2021, quando nell’agosto venne presentata la MIUI 12.5 Enhanced, un potenziamento dell’aggiornamento intermedio focalizzato esclusivamente sul miglioramento delle performance: Liquid Storage, Atomic Memory, Focus Calculation e Intelligent Balance, tutte feature pensate per ottimizzare l’utilizzo delle risorse hardware. Il vero e proprio aggiornamento annuale arrivò a dicembre con la MIUI 13 basata su Android 12, una versione che fece discutere per la penuria di novità, molte delle quali esclusive del mercato cinese.
2022 – MIUI 14
L’anno successivo fu poi il turno di MIUI e Android 13, un major update che ancora una volta si concentrò sul miglioramento delle prestazioni e sul fornire agli utenti un’esperienza più snella, occupando meno memoria RAM e ROM. Arrivarono anche nuove funzionalità piuttosto utili, come la possibilità di estrarre il testo dalle immagini, nuove funzioni simbiotiche con l’ecosistema (tablet e smart display/speaker in primis) e MIUI Family per condividere dati con gli account dei parenti.
2023 – MIUI 15, anzi no, HyperOS!
Tutto era pronto per la presentazione della MIUI 15 con Android 14 a fine 2023, come da calendario assieme alla nuova serie Xiaomi 14, ma all’improvviso la compagnia ha deciso di cambiare le carte in tavola. Ecco quindi che MIUI diventa HyperOS, un cambio di nome che sembrerebbe preannunciare importanti cambiamenti nonostante le prime immagini.
Come spiegato dal fondatore, l’intento di Xiaomi è quello di unire il concetto di Android con Xiaomi Vela, il sistema operativo fondato nel 2017 per l’universo dei gadget Internet of Things. In questi mesi, l’azienda di Lei Jun sta preparando il suo debutto nell’industria automobilistica, con una prima auto elettrica che entrerà a far parte del suo ecosistema. Da qui la scelta di rinominare un firmware che sarà sempre più propenso a gestire non soltanto smartphone e tablet ma anche auto e tutti i vari prodotti a marchio Xiaomi.
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