Prima ancora del pesante ban USA, la situazione legale per Huawei non era delle migliori già a fine 2018. Fece molto discutere l’arresto di Meng Wanzhou, CFO di Huawei nonché figlia del fondatore Ren Zhengfei. Le autorità americane decisero di imporre un fermo sulla sua persona, a seguito delle indagini sui legami commerciali con l’Iran. Anche per questo si è deciso di inserire l’azienda nella famigerata Entity List, essendo valutata come un pericolo per la sicurezza nazionale. Questo perché l’Iran è una nazione con cui gli USA sono in conflitto da anni, con tanto di sanzioni ed embarghi di varia natura.
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Si complica la diatriba legale che vede contrapposte il governo USA
La procedura di arresta di Meng Wanzhou si è rivelata più ostica del previsto, dato che le autorità l’hanno fermata in Canada e non negli USA. In queste circostanze viene avviata una richiesta di estradizione, in modo da portarla sul proprio suolo e poter agire secondo le proprie leggi. Da qui sono sorte polemiche di stampo legale, con i suoi avvocati che hanno dichiarato che la polizia abbia agito contro le proprie possibilità. Per la precisione, la CBSA l’avrebbe detenuta, perquisita ed interrogata prima dell’effettiva procedura d’arresto.
Inizialmente previsto per gennaio 2020, anche causa Covid-19 il processo di estradizione è stato rimandato ai mesi successivi. Nel mentre, la difesa del CFO di Huawei si è occupata di chiedere ulteriori prove, nonché ribadire come le azioni eseguite dalle autorità dei confini canadesi abbiano infranto la legge. Adesso siamo quasi a giugno e la Corte Suprema canadese ha rifiutato la richiesta di sospensione dell’estradizione.
Perché gli USA ce l’hanno con Meng Wanzhou?
Facciamo un passo indietro e capiamo quali sono i capi di accusa. Tutto verte sul legame fra il gruppo bancario HSBC e Huawei. Nel 2013 Meng avrebbe mentito agli investitori, minimizzando il rapporto fra Huawei e Skycom Tech, azienda che sarebbe stata sfruttata sottobanco per ottenere liquidità. Dopodiché Skycom viene accusata di aver venduto attrezzatura informatica di stampo USA a società di telecomunicazione in Iran, violando le succitate sanzioni. Alché la difesa afferma che, seppur Meng sia stata membro del CdA di Skycom, ella si sia dimessa e abbia venduto tutte le azioni in suo possesso. Prosegue affermando che Huawei ha sì avuto legami commerciali con l’Iran, ma tramite una consociata cinese di cui HSBC non sarebbe stata a conoscenza.
Detto questo, la difesa di Huawei afferma che l’estradizione non può essere confermata, in quanto l’accusa di violazione delle sanzioni all’Iran degli USA non è reato in Canada. Per questo le banche canadese permettono il libero commercio con le aziende iraniane. Pertanto mancherebbe la base di doppia incriminazione che consente l’estradizione. Tuttavia, viene fatto presente che questa doppia accusa sussiste nel momento in cui è stato confermato il reato di falso nei confronto di HSBC. A questo punto il processo di estradizione può continuare, a meno che il ministro della giustizia federale canadese non assolvesse l’imputata.