La Cina forza i turisti con Android ad essere spiati con un’app

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L’associazione di parole come “privacy” e “Cina” spesso genera un sorriso agrodolce sul volto di noi appassionati della tecnologia asiatica. Fra Great Firewall e sorveglianza della popolazione, il governo cinese non è propriamente di manica larga sull’argomento. Non stupirebbe, quindi, scoprire che la Cina spia anche i turisti, come stanno segnalando i principali giornali statunitensi in collaborazione con Motherboard. Ma la notizia ha comunque un ché di grave: vediamo di capirci meglio.

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Al confine cinese i turisti vengono forzati ad essere spiati tramite smartphone

Ciò significa che se visiterò la Cina verrò spiato? Non proprio. Il caso in questione riguarda una determinata area geografica della nazione, da anni particolarmente nell’occhio del ciclone. Mi riferisco alla regione autonoma dello Xinjiang, la quale confine con il Kirghizistan. Si era già parlato in passato di questa zona e del Grande Fratello sviluppatosi al suo interno, con sistemi di riconoscimento facciale in grado di monitorare la popolazione. Un sistema di scansione sempre più diffuso, pure nelle scuole, grazie anche ad appositi occhiali smart in mano alla polizia. Pensate che tali sistemi sono pure in grado di riconoscere le persone da come camminano.

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Ad essere particolarmente sorvegliata, quindi, è la popolazione degli Uiguri, un’etnia turca musulmana che vive proprio nello Xinjiang. Il motivo è presto detto: tensioni politico/sociali legate ad etnia e religione. Un argomento spesso poco trattato nel dibattito pubblicato ma nel 2009 fece abbastanza scalpore, viste le manifestazioni sedate in malo modo dalla polizia cinese. Insomma, una situazione non propriamente rilassata, anzi, tutt’altro.

Ne consegue che, per sorvegliare ulteriormente l’area, le autorità cinesi hanno deciso di bloccare i turisti che passassero il confine dell’Irkeshtam per controllare loro il telefono. Nel caso fosse un iPhone provvedevano a farselo sbloccare per analizzarlo, mentre se si trattava di un Android la faccenda si complicava ulteriormente. All’interno dei telefoni, infatti, veniva installata un’app chiamata BXAQ (oppure Fēng cǎi), in grado di carpire moltissimi dati del possessore. Fra questi comparivano rubrica, SMS, cronologia delle chiamate, app utilizzate con tanto di dati per il login e calendario.

Ma non finisce qui: l’app scansionava anche la memoria del telefono per cercare files potenzialmente pericolosi, perlomeno secondo i parametri dettati dal governo cinese. Per esempio estratti del Corano o addirittura brani musicali degli Unholy Grave, band in contrasto con le autorità cinesi. Purtroppo a subire questo trattamento non erano soltanto i soggetti “a rischio”, ma anche i turisti stranieri che provenivano da zone estranee alle vicende locali. Fortunatamente l’app era ben visibile sul telefono e, quindi, disinstallabile, dato che, una volta tornati al confine per uscire, la polizia di frontiera si sarebbe occupata di rimuoverla. Tuttavia, non sempre ciò avveniva, a danno degli utenti meno esperti.


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