Aggiornamento 04/07: in risposta ai rumor spuntati negli scorsi giorni, la dirigenza di Huawei parla dello stato dei chip AI in Cina, trovate i dettagli a fine articolo.
Che Huawei sia una sua diretta rivale della divisione intelligenza artificiale non lo diciamo noi ma i documenti depositati da NVIDIA alla Securities and Exchange Commission. Al punto da aver fatto escogitare agli Stati Uniti un nuovo CHIPS Act 2 che contrasti gli sforzi che la Cina sta cercando di compiere per riuscire a prodursi da sola i microchip AI che le serviranno per rendersi competitiva a livello globale. Un obiettivo guidato proprio da Huawei e da SMIC, che però starebbero avendo grossi problemi di produzione.
I problemi tecnologici continuano ad affliggere Huawei e SMIC, anche nell’AI
Nei piani di Huawei ci sarebbero 500.000 unità di microchip, nello specifico quel Huawei Ascend 910B che dovrebbe porsi come diretto competitor dell’NVIDIA A100. Un traguardo che però sarebbe difficile raggiungere, perché i rumor dettagliano i difetti di fabbricazione degli impianti cinesi di SMIC. Nonostante la produzione di massa si dica vada avanti da più di sei mesi, 4 microchip su 5 sarebbero difettosi, con un tasso di rendimento del 20%.
Il motivo sarebbe l’eccessiva arretratezza dei macchinari in mano a SMIC, che nel provare a soddisfare la domanda di Huawei si sarebbero persino guastati nel processo, anche a causa della scarsità di ingegneri e addetti alla manutenzione. Essendo state bannate dagli USA, Huawei e SMIC non hanno accesso ai macchinari con tecnologia EUV che utilizzano invece chipmaker quali TSMC, Samsung e Intel.
Quelli di SMIC si basano su tecnologia DUV, che rispetto a quella EUV richiede 34 fasi anziché 9 per la stampa di microchip a 7 nm e oltre, risultando così più costosa e incline ai difetti di stampa. Questo avrebbe un diretto impatto negativo sull’evoluzione AI della divisione HiSilicon di Huawei, e a questo punto i rumor su un possibile Ascend 910C a 5 nm rischiano di sgretolarsi.
Parla Huawei | Aggiornamento 04/07
“Nessuno negherà che in Cina ci troviamo di fronte a una potenza di calcolo limitata“: è questo quanto dichiarato da Zhang Ping’an, CEO della divisione cloud di Huawei, in occasione della World AI Conference di Shanghai. Anche se non vengono confermate la suddette indiscrezioni, è evidente che le aziende cinesi siano un passo indietro rispetto a quelle estere che hanno libero accesso a tutte le tecnologie non soffrendo il ban statunitense.
Per Zhang Ping’an, la carenza di microchip AI avanzati realizzati in Cina non è necessariamente un ostacolo la ricerca di indipendenza della Cina nel campo dell’intelligenza artificiale: “se crediamo che non avere i chip AI più avanzati significhi non essere all’avanguardia nel campo dell’intelligenza artificiale, allora dobbiamo abbandonare questo punto di vista“. Ci vorrà innovazione, però: “non possiamo fare affidamento esclusivamente sui chip AI con nodi di processo di produzione avanzati come fondamento ultimo per l’infrastruttura AI“.
Non avendo accesso alla tecnologia EUV e quindi ai nodi di ultimissima generazione, per Zhang Ping’an il limite dovrà essere aggirato in altro modo, ovvero tramite il concetto di cloud. Mancano dettagli specifici, ma si parla di approccio convergente che combini cloud, PC e reti, un nuovo concetto di architettura informatica che punti soprattutto a efficienza e consumi ridotti.
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