Definito in madrepatria come “l’Einstein dei semiconduttori“, secondo Burn-Jeng Lin gli USA non riusciranno a impedire ai chipmaker cinesi, Huawei e SMIC in primis, di avanzare nell’evoluzione dei microchip. Un’opinione decisamente interessante da ascoltare in quanto proferita da un elemento decisamente di spicco nell’industria tecnologica, senza cui forse non conosceremmo i SoC Apple, NVIDIA, Samsung, Qualcomm e MediaTek e così via per come li conosciamo oggi.
L’ex capo di SMIC parla dello scontro tecnologico in atto fra Stati Uniti e Cina
Burn-Jeng Lin è divenuto noto per essere il padre della litografia a immersione, concettualizzata negli anni ’70 durante la sua carriera dentro IBM e per cui negli anni ha ricevuto numerosi premi, onorificenze e cattedre universitarie. Nei primi decenni, la fabbricazione dei semiconduttori avveniva imprimendo il disegno del circuito sui wafer di silicio tramite delle piastre, operazione che non solo era poco precisa (con un tasso d’efficienza anche solo del 10%) ma anche molto costosa, in quanto dopo pochi utilizzi le piastre si rovinavano e andavano sostituite per non abbassare ulteriormente la precisione di stampa.
L’idea di Lin fu quella di sostituire le piastre con un liquido, il ché abbassò notevolmente i costi di produzione: da un chip come il Motorola 68000 che costava 250$ si passò a un MOS 6502 a soli 20$. Cosa altrettanto importante, l’utilizzo di un liquido ottico aumentò la risoluzione di stampa, permettendo di andare oltre i 193 nm, sfidare la legge di Moore e permettere un’ulteriore miniaturizzazione. La litografia a immersione è stata una tecnologia chiave per lo sviluppo di nuove tecnologie, specialmente quelle necessarie per la realizzazione di elettronica compatta, che si parli di PC portatili, tablet o smartphone.
Nel 1992, Burn-Jeng Lin lasciò IBM, e dopo aver fondato Lingchuang Company negli anni 2000 tornò in Taiwan e lavorò per TSMC, portando con sé tutto il bagaglio acquisito nell’aver inventato una tecnologia del genere. Come spiegato in questo editoriale, ciò intensificò il matrimonio fra TSMC e ASML, con quest’ultima che in pochi anni conquistò il monopolio dei macchinari DUV ed EUV che il chipmaker taiwanese utilizza per stampare i suoi microchip.
Al contrario di Taiwan, la Cina non ha accesso alla tecnologia EUV a causa del ban statunitense, che ha impedito sia a SMIC che a Huawei di progredire nel panorama tech e di stampare a 7/5 nm e oltre. Nonostante ciò, le due aziende cinesi sono riuscite a fabbricare il Kirin 9000S, di cui si è parlato in lungo e largo, anche sui dubbi che vi gravitano attorno. Secondo Burn-Jeng Lin, SMIC riuscirà comunque a usare i macchinari ASML DUV che già possiede per stampare anche a 5 nm, come già vociferato in passato. Per addetti ai lavori ciò sarebbe potenzialmente possibile ma a fronte di investimenti molto salati, e ciò sarebbe reso sostenibile dal sostegno economico del governo cinese che ha tutto l’interesse a investire in tal senso.
“Non è possibile per gli Stati Uniti impedire completamente alla Cina di migliorare la propria tecnologia dei chip”, ha affermato Lin durante un’intervista all’università cinese National Tsing Hua, aggiungendo che “ciò che dovrebbero realmente fare è concentrarsi sul mantenimento della loro leadership invece di cercare di limitare i progressi della Cina, è inutile poiché la Cina sta adottando una strategia nazionale per rilanciare la propria industria di chip, danneggiando l’economia globale“. Anche perché nel frattempo l’altrettanto bannata YMTC ha prodotto la memoria più avanzata al mondo.
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