Le radici della sfida fra Google Search e Microsoft Bing affondano nella storia stessa di queste due aziende. La prima, fondata da Larry Page e Sergey Brin nel 1998, rivoluzionò internet con i suoi potenti algoritmi e la sua intuitiva interfaccia, e il motore di ricerca divenne ben presto sinonimo di ricerca sul web. La seconda scelse di affrontare seriamente la supremazia di Google nel 2009 con la creazione della sua controparte, prima sotto forma di timidi esperimenti come MSN Search e Live Search poi rinominati nell’odierno Bing.
Prosegue lo scontro fra Google Search e Microsoft Bing, e sono coinvolte Apple e Samsung
Nonostante gli sforzi di Microsoft di alzare l’asticella nella competitività del suo Bing, quello di Google continua a essere il motore di ricerca più utilizzato al mondo, con una quota di mercato che oscilla attorno al 90%. A distanza di quasi quindici anni, quella di Microsoft sembra una missione impossibile, anche perché probabilmente parliamo dell’unico colosso della tecnologia che sulla carta avrebbe le capacità tecniche e finanziarie per tenere testa a Google.
Uno spiraglio sembrava essersi aperto con la partnership con OpenAI: fra decine di miliardi di dollari finanziati e piattaforme cloud Azure fornite, l’azienda di Redmond ha pesantemente investito nella direzione dell’intelligenza artificiale. A trarne beneficio è stato proprio Bing, che nel corso del 2023 ha vissuto una sorta di rinascimento, attirando a sé molto più traffico di prima integrando un assistente virtuale su base ChatGPT e la generazione di immagini su base DALL-E.
Per quanto allettanti siano queste possibilità, lo scopo base di motore di ricerca rimane nelle mani di Google, che con il suo Bard si sta progressivamente mettendo in pari con le funzionalità offerte dalla concorrenza di Microsoft e OpenAI. L’impressione è che il buzz mediatico attorno al nuovo Bing sia rapidamente calato, anche a fronte delle più o meno gravi imprecisioni che ancora affliggono un po’ tutti questi chatbot; e se a Bing si toglie tutta la componente AI, il motore di ricerca di Google continua a essere il preferito in tutto il mondo.
A non facilitare la situazione ci sono poi gli accordi con le aziende, una su tutte Samsung, che da tempo collabora con Microsoft e ha un rapporto conflittuale con Google. Sui suoi smartphone è possibile trovare app pre-installate che in alcuni casi sono vere e proprie sovrapposizioni: Assistant e Bixby, Chrome e Internet, Galaxy Store e App Store e così via. Durante il boom di Bing AI, Samsung stava valutando di sostituire Google Search con Bing, operazione che però non andò in porto a causa delle pressioni di Google. L’idea era quella di permettere facilmente agli utenti di modificare il motore di ricerca nel browser Samsung, ma farlo avrebbe significato per Samsung pagare miliardi di penali avendo violato gli accordi con Google.
L’informazione è stata confermata in occasione del processo antitrust ai danni di Google, durante il quale è stato sentito anche il CEO di Microsoft Satya Nadella, il quale ha confermato anche l’interessamento da parte di Cupertino. Nello scontro fra i due giganti informatici, avere dalla propria Apple e Samsung significa trovare spazio negli smartphone del 40% della popolazione mondiale.
Fallito il tentativo con Samsung, gli sforzi in direzione di Apple sarebbero persino più importanti. L’obiettivo non è guadagnare di più, bensì raccogliere più dati tramite le ricerche degli utenti, passaggio essenziale per costruire un motore di ricerca che sia in grado di pareggiare se non superare quello di Google. Per stessa ammissione di Nadella davanti al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Microsoft sarebbe disposta a perdere 15 miliardi di dollari l’anno per recuperare terreno su Google nonché nascondere il logo e ogni riferimento a Bing pur di diventare il motore di ricerca predefinito di iOS: “esserlo è l’unica cosa importante se si parla di cambiare il comportamento degli utenti“, afferma Nadella.
Ciò nonostante, Apple non ha mai dimostrato serie intenzioni verso Microsoft, anche perché ogni anno Apple riceve 20 miliardi da Google per garantire che il suo sia il motore di ricerca predefinito di iOS e iPadOS. Forse proprio perché accortasi della difficoltà della missione, nel 2020 Microsoft provò persino a vendere Bing ad Apple, un affare potenzialmente storico per il mercato tecnologico ma che non andò in porto a quanto pare per la scarsa fiducia di Cupertino verso le tecnologie di Redmond.
E anche se il buzz mediatico attorno a Bing e ChatGPT sembra che si sia spento, è fisiologico che la prossima generazione di motori di ricerca sarà sempre più basata su AI e AI generativa. Ma il rischio per Microsoft è che quello che avviene da tempo con Google Search avvenga anche con Bard, cioè che Google ottenga l’esclusiva con l’Apple o la Samsung di turno sui dati raccolti e con cui allenare la propria AI. Come afferma Nadella, alcuni grossi editori online stanno già stringendo accordi di questo tipo.
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