Anche se non è un nome noto ai più, Geoffrey Hinton rappresenta una di quelle personalità che hanno lasciato il segno nella storia della tecnologia. È uno dei più importanti scienziati e psicologi nell’ambito dell’intelligenza artificiale, noto per le sue ricerche pionieristiche nel campo delle reti neurali e del deep learning al punto da diventare noto come il “Padrino dell’IA” e vincere nel 2018 il Premio Turing, considerabile il Nobel per l’informatica. Proprio per questo, l’annuncio delle sue dimissioni da Google fanno notizia, specialmente quando il motivo è legato proprio alle preoccupazioni sul futuro dell’IA.
Geoffrey Hinton se ne va da Google
Geoffrey Hinton entrò a far parte di Google nel 2013, quando Big G comprò per 44 milioni la sua azienda DNNresearch, per migliorare la sua funzione di ricerca foto grazie alle tecnologie di deep learning per riconoscere oggetti dentro a database con migliaia di immagini. Da quell’acquisto nacque poi Google Brain, una delle varie divisioni che compongono Google AI, il ramo di Mountain View dedito allo sviluppo del mondo dell’intelligenza artificiale; fra l’altro, dentro Google AI c’è anche LaMDA, il modello di linguaggio che tempo fa fece discutere quando uno dei suoi creatori affermò che fosse senziente. Negli anni, Google Brain è poi diventata quella che oggi conosciamo come la divisione DeepMind, fra i cui investitore c’è anche quell’Elon Musk che ambisce a diventarne rivale.
Ma dopo 10 anni di attività, Geoffrey Hinton ha deciso di dare le dimissioni, parlandone al New York Times con un certo rammarico. “Se non l’avessi fatto io, l’avrebbe fatto qualcun altro” è ciò che afferma quando riflette su come le sue scoperte abbiano contribuito, anche in maniera controversa, all’accelerazione che le tecnologie IA stanno avendo in questi ultimi anni. Quando annunciò l’uscita di GPT-4, oltre 1.000 personalità del mondo tech chiesero a OpenAI di frenare la corsa all’IA, e lo stesso Hinton afferma che sia “difficile impedire ai malintenzionati di usare in maniera maligna” il boom delle IA generative, che si parli di disinformazione che di perdita dei posti di lavoro. Coincidenza vuole che proprio in queste ore un colosso quale IBM abbia parlato di come l’intelligenza artificiale sia pronta a sostituire alcuni dipendenti all’interno dell’azienda.
Dopo aver lavorato per tutta la sua vita a fondare le basi per gli odierni sistemi IA, Geoffrey ha iniziato a ricredersi sul loro effetto sul mondo umano. Se inizialmente credeva che le reti neurali fossero inferiori al linguaggio umano per come viene gestito, adesso afferma che “forse quello che succede in quei sistemi è in realtà molto meglio di quello che succede nel cervello“. E da quando Microsoft ha dimostrato di poter sottrarle il monopolio del web con il suo Bing AI, sono pesantemente accelerati i lavori su Google Bard, al punto che gli stessi dipendenti ne sono spaventati. Secondo Geoffrey, un’accelerazione tale rischia che a breve internet sarà invaso da testi, foto, video e audio falsi al punto che le persone “non saranno più in grado di sapere cos’è reale“. Per molti come lui, l’idea che l’intelligenza digitale potesse diventare superiore a quella analogica era “distante non meno di 30 o 50 anni“, ma adesso non lo crede più.
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