Aggiornamento 28/03: nuovi dettagli sulla vicenda, li trovate nell’articolo.
Si aggiunge un nuovo capitolo allo scontro legale fra Qualcomm e ARM, amiche e nemiche in un mercato dei semiconduttori che sta vivendo una delle peggiori crisi di sempre. Tutto parte nel 2019, quando alcuni ex di Google ed Apple come Gerard Williams, John Bruno e Manu Galati decidono di allearsi e fondare NUVIA, startup ideata con lo scopo di realizzare CPU per server e data center. Per farlo, NUVIA contatta ARM per ottenere le licenze necessarie per creare un core custom “Phoenix”: per chi non lo sapesse, infatti, il business principale di ARM Holdings è quello di vendere ai chipmaker le licenze sulle architetture dei processori che ha brevettato. Se avete uno smartphone o un tablet Android o iOS, così come uno degli ultimi Mac con Apple M1/M2, sappiate che i relativi chipset non esisterebbero senza le architetture ARM.
Ecco perché Qualcomm e ARM sono in guerra e perché i consumatori potrebbero rimetterci
Quello di ARM è sostanzialmente un monopolio a cui chipmaker come Qualcomm devono sottostare pena il rischio di ritrovarsi ridimensionati in un mercato altamente competitivo. Ma dal 2019 arriviamo al 2021, anno in cui Qualcomm annuncia l’acquisizione di NUVIAper 1,4 miliardi di dollari, ed è qui che il chipmaker statunitense si accorge di un’anomalia. Quando un’azienda si rivolge ad ARM per ottenere le sue licenze, le opzioni percorribili sono due: stringere un accordo TLA (Technology Licensing Agreement) o ALA (Architecture Licensing Agreement). Nel primo caso rientra MediaTek, che all’interno dei suoi System-on-a-Chip inserisce CPU e GPU realizzate interamente sui design di ARM. Nel secondo caso, invece, rientrano tutti quei chipmaker che richiedono solamente le istruzioni ma non il design dei core ARM; per esempio i SoC Snapdragon, basati su architettura ARM ma con CPU personalizzare (core Kryo) e GPU Adreno altrettanto custom.
Come prevedibile, gli accordi ALA sono più economici di quelli TLA ed è quello che richiese al tempo NUVIA per realizzare il suo core custom “Phoenix”. Ma una volta acquisita, Qualcomm si è accorta che il prezzo pagato da NUVIA ad ARM era ben più alto di quelli solitamente pagato da aziende come la stessa Qualcomm ma anche Samsung, NVIDIA e così via. Una dinamica non poi così strana, dato che parliamo di un’azienda appena nata con cui ARM non ha legami storici (al contrario dei nomi succitati) e indirizzata a un mercato premium come quello delle CPU server con cui ammortizzare i prezzi è potenzialmente più facile rispetto a una CPU per smartphone.
Il problema è che non scorre buon sangue fra Qualcomm e ARM. Quando nel 2020 arrivò l’annuncio che NVIDIA avrebbe acquistato ARM, i vari enti antitrust ricevettero preoccupazioni e proteste da parte delle compagnie del settore, compresa Qualcomm. Saltò così l’accordo da 40 miliardi, e ARM capisce che l’acquisizione di NUVIA da parte di Qualcomm significa due cose: in primis, che Qualcomm vuole fare valere i suoi accordi ALA sulla produzione di NUVIA, abbassando quindi i prezzi stabiliti in precedenza; ma soprattutto, in secundis, che Qualcomm vuole usare i core NUVIA nei server ma anche in prodotti consumer come smartphone, tablet e PC. E questo significherebbe meno soldi per ARM, con un partner enorme come Qualcomm che passerebbe dalle licenze TLA alle più economiche ALA.
ARM cambia strategia, e i prezzi aumenteranno
Ed è qui che arriviamo all’ultimo capitolo dello scontro fra le parti, perché Qualcomm apre un vaso di Pandora che rischia di creare un caos non indifferente nel mercato tecnologico. Allo stato attuale, le licenze vengono pagate dai chipmaker (Qualcomm, MediaTek, UNISOC, ecc.) sulla base del valore del chip; per esempio, uno Snapdragon 8 Gen 2 il cui costo è di circa 50$, comporta una royalty dell’1/2% per ARM pari a circa 0,50/1$. Ma a partire dal 2025, ARM avrebbe deciso che sarebbero invece i produttori a pagarele licenze in base al valore del dispositivo, richiedendo quindi una percentuale anche sul prezzo di vendita di quel prodotto; non si sa a quanto ammonti la percentuale, ma anche fosse ancora dell’1/2% sarebbero 10/20$, cifra ben superiore a quella derivante dai soli chip. Ma non finisce qui, perché il nuovo piano di ARM prevede che i chipmaker con licenze ARM possano fornire i propri chip solamente ai produttori che hanno stretto l’accordo con ARM.
Un cambiamento di politica che porterà a un fisiologico aumento dei prezzi finali ai danni dei consumatori; inoltre, Qualcomm accusa ARM di essere arrivata persino ad azioni intimidatorie, come il minacciare di rivolgersi alle società concorrenti qualora non avessero deciso di pagare e di lasciarli senza CPU e GPU. Se si parla di smartphone, questa mossa riguarderebbero praticamente tutti da Apple a Samsung, Xiaomi, Honor, Huawei, OPPO, vivo, OnePlus, Realme, Motorola e così via, ma la mossa si estenderebbe anche ad altri settori della tecnologia come tablet, notebook, ecc.
E non finisce qui, perché l’accusa si estende anche a un altro importante aspetto, dato che ARM avrebbe intenzione di obbligare i produttori a usare solamente design ARM e di riflesso abbandonare i progetti che riguardano la realizzazione di core custom; non solo i core NUVIA, ma anche le CPU Kryo e GPU Adreno di Qualcomm o le NPU Tensor di Google, per fare qualche esempio noto ai più. Tutte mosse che ARM avrebbe deciso per aumentare i profitti, anche in vista del suo rientro in borsa nel 2023 dopo esserne uscita nel 2016.