Per quanto assurdo possa sembrare, un caricatore a 65W di un determinato brand non carica mai a 65W gli smartphone di altri brand; la stessa cosa vale per i caricatori di terze parti, che anche a pari wattaggio non hanno accesso agli standard proprietari dei produttori di smartphone e devono quindi affidarsi unicamente agli standard di dominio pubblico. Quello principale si chiama USB-C Power Delivery, è teoricamente in grado di caricare fino a 240W ma viene utilizzato solo da Samsung e Google. Ci sarebbe anche lo standard USB Power Delivery PPS (Programmable Power Supply), tecnologia di ricarica molto avanzata e più efficiente ma poco diffusa.
Senza parlare, poi, degli standard di ricarica Qualcomm Quick Charge o MediaTek Pump Express, disponibili in base al chipset adottato e usati da quasi nessuno. Apple ha la sua ricarica senza un nome specificato; Samsung ha la sua Adaptative Fast Charging; Xiaomi la Hypercharge; Realme usa la SuperDart e OnePlus la Warp Charge ma sono soltanto nomi alternativi della SuperVOOC di OPPO; idem per la FlashCharge di vivo e iQOO; Huawei e Honor utilizzano la SuperCharge; infine, Motorola ha la sua TurboPower.
Questo marasma di tecnologie differenti viene rimarcato nei test di DxOMark, con protagonisti iPhone 13, Xiaomi 12 Pro, Samsung Galaxy S22 Ultra, Oppo Find X5 e Google Pixel 6. Per tutti questi modelli, DxOMark ha effettuato la prova di ricarica incrociando tutti i rispettivi caricatori proprietari, ma non solo. Utilizzando caricatori di terze parti Amazon, Anker, Belkin e Force Power, ciò che si evince è che non vengono sfruttati al loro massimo potenziale: per esempio, il caricatore Anker da 65W arriva solo a 18W su OPPO; in generale, questo tipo di caricatori sono più efficaci su Apple, Samsung e Google.
Per capirci, se Xiaomi 12 Pro si carica in circa 40 minuti col suo caricatore da 120W, ci mette 3 ore e mezzo con il caricatore da 80W di OPPO; viceversa, OPPO Find X5 ci mette 45 minuti col suo caricatore a 80W salendo a 2 ore con quello da 120W di Xiaomi. Con il progressivo svilupparsi di queste tecnologie di ricarica rapida, il rischio è che aumentino i rifiuti tecnologici: quando un utente passa da uno smartphone Xiaomi a uno OPPO, per esempio, rischia di ritrovarsi con un caricatore potente ma inutilizzabile sul suo nuovo telefono.
Ovviamente i produttori non sono incentivati a creare tecnologie condivise, perché in questo modo “forzano” i propri clienti a rimanere con loro, ma la nuovanormativa europeaprevede che i caricatori diventino più compatibiliincentivando l’utilizzo della USB-C Power Delivery, con una potenza garantita di almeno 30W. Fortunatamente per noi, qualcosa si sta muovendo e paradossalmente proprio in Cina, terra di molti standard proprietari, dove brand come Xiaomi, OPPO, vivo e Huawei si stanno muovendo per creare la prima ricarica rapida universale.
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