Mentre si finalizza l’ingresso dei primi impianti Intel in Italia, nel 2022 si è vociferato che TSMC, il colosso taiwanese dei chipmaker nel mondo, stesse anch’esso valutando di espandersi in Europa. Se si escludono le fabbriche in costruzione negli USA, attualmente gli impianti TSMC non sono presenti da nessuna parte in occidente, ma solamente in Taiwan e Cina. Per il nostro continente sarebbe stato un grosso vantaggio assistere all’insediamento di TSMC e dei suoi impianti; purtroppo per la nostra industria, però, questo rimarrà solamente un progetto che non ha trovato realizzazione, almeno per il momento. Ripercorriamo le tappe e cerchiamo di capire perché questo matrimonio “non s’ha da fare“.
Dell’importanza cruciale di TSMC abbiamo già parlato in lungo e largo: se non conosceste la sua storia, vi invito a recuperarla in questo video-editoriale. Attualmente, il chipmaker con sede a Taiwan rappresenta oltre il 50% del mercato mondiale dei semiconduttori, dove la seconda in classifica (Samsung) scende al 16%; una percentuale che diventa ancora più esagerata se si guarda al solo mercato telefonico, dove quasi il 70% dei SoC presenti negli smartphone escono dalle sue fabbriche. Il tutto per un fatturato che nel 2021 si è attestato sui 56,8 miliardi di dollari. Capirete, quindi, l’importanza di avere una compagnia di tale portata sul proprio suolo, specialmente quando la crisi dei chip continua a piagare il mondo tecnologico.
TSMC ha valutato l’Italia per il suo ingresso in Europa: ecco cos’è successo
A proposito di crisi, nel 2022 è partito l’European Chips Act, un programma di rafforzamento del settore dei semiconduttori per aumentare la produzione europea di chip. I piani prevedono di raddoppiare la produzione entro il 2030, salendo dal 10% al 20% del mercato globale, grazie a finanziamenti per oltre 43 miliardi di euro. Questi investimenti riguardano l’apertura di nuove fabbriche, così come un potenziamento delle infrastrutture già presenti, incentivare la ricerca e lo sviluppo e dare sostegno ad aziende e startup.
Tuttavia, il mercato dei chip per come lo conosciamo oggi esiste in virtù della globalizzazione, che ha permesso a compagnie come TSMC di collaborare con nazioni in tutto il mondo. Specialmente con gli Stati Uniti, dove il chipmaker taiwanese ha avviato la costruzione di due fabbriche, in Washington e Arizona; di queste, la prima si occuperà di processo produttivi più standard da 350 a 160 nm, mentre la seconda si dedicherà all’avanguardia, realizzando chip a 5, 4 e 3 nm. Nei piani di TSMC c’è anche una joint venture col Giappone, più precisamente con Sony: in questo caso, l’impianto si occuperà di produrre chip a 22 e 28 nm, perlopiù destinati al mondo delle auto.
TSMC guarda all’Europa: sfida fra Germania e Italia
E quando si parla di mercato automobilistico, l’Europa sta con le antenne dritte, perché è nel nostro continente che vengono realizzati molti dei chip che trovano posto nei veicoli. Penso a realtà come Infineon, NXP e STMicroelectronics, i tre principali chipmaker europei il cui impiego è perlopiù nel settore delle auto e in quelli industriali. Il problema è che molte compagnie, compresi quelle europee, non sono riuscite a sopperire alla crisi dei chip: il risultato è che se si vuole acquistare un’auto nuova in Europa si rischia di dover attendere mesi prima di vederla consegnata.
In questa ottica, diversificare è sempre ideale perché evita colli di bottiglia, e qua arriviamo a TSMC in Europa. Era l’estate 2021 quando iniziarono a circolare le prime notizie, con il gigante di Taiwan che puntava il vecchio continente per valutare un’espansione, in un piano complessivo che prevede 100 miliardi di dollari in investimenti entro il 2024. Dopo USA e Giappone, quindi, l’Europa avrebbe dovuto rappresentare un nuovo tassello verso una TSMC sempre più internazionale.
Come affermò allora il presidente Mark Liu, la Germania sembrava l’ipotesi più papabile: assieme all’Olanda, la nazione tedesca rappresenta il polo industriale primario per i semiconduttori europei. Tuttavia, nel 2022 le voci si sono spostate verso l’Italia: dopo mesi di discussioni e trattative con la Germania, il nuovo governo a guida Olaf Scholz ha portato a uno stallo. Durante il mese di gennaio, anche l’acquisizione della tedesca Siltronic da parte della taiwanese GlobalWafers è saltata, segno che il sodalizio fra Taiwan e Germania fosse tutto fuorché consolidato.
Da qui, la volontà di TMSC di guardare al nostro paese per l’espansione in Europa, con rappresentati taiwanesi che avviarono alcuni contatti preliminari per sondare il terreno. Il piano avrebbe riguardato la costruzione di uno stabilimento per fabbricazione e assemblaggio, ma i dettagli finiscono qua e non sappiamo di quali processi produttivi avrebbe riguardato. Se devo ipotizzare, TSMC potrebbe aver valutato l’Europa in virtù del succitato mercato automobilistico, pertanto chip con processi produttivi attorno ai 20 nm.
Le difficoltà di TSMC in Europa
Rispetto alla Germania, l’Italia avrebbe potuto rappresentare un vantaggio per TSMC in termini di costo del lavoro. Basti guardare i problemi riscontrati da WaferTech (sussidiaria di TSMC) e dalla sua fabbrica in Oregon (dove si trovano molti degli impianti americani di semiconduttori); a causa del costo del lavoro più alto rispetto all’Asia, TSMC è incappata in costi più alti del 50%. Tuttavia, questi costi sono valutati come gestibili da TSMC, anche in virtù del fatto che uno dei suoi clienti più danarosi, Apple, si trova in America; non a caso, i primi smartphone a 3 nm dovrebbero essere proprio gli iPhone di prossima generazione.
Ma se l’Italia vanta costi dei lavoro più bassi, lo stesso non può dire in quanto ad expertise: nonostante le 4 fabbriche della multinazionale STMicroelectronics (fra Caserta, Catania e Brianza). Mancano i talenti, senza considerare i fondi: a fronte di un investimento da 10 miliardi per aprire una fabbrica, TSMC chiede il 50% di sussidi governativi; sussidi che non sarebbero coperti però dall’European Chips Act: nonostante Taiwan rientri fra i “partner che condividono il modo di pensare dell’Europa“, il piano europeo copre soltanto i finanziamenti per processi produttivi avanzati.
In tutto ciò, non dimentichiamoci che c’è appena stato un cambio al comando, essendo passati da un governo tecnico con Mario Draghi al neoeletto governo di centro-destra. Così come accaduto in Germania, questo cambio ai vertici potrebbe rallentare discussioni e valutazioni già in stallo per le suddette ragioni. Ecco quanto affermato negli scorsi mesi dal presidente di TSMC: “In Europa abbiamo relativamente meno clienti, stiamo ancora valutando e non abbiamo ancora piani concreti“.
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