Problemi per Xiaomi in Cina: l’ecosistema è a rischio?

xiaomi cina

Dopo le tensioni scaturite in India, un’altra brutta tegola si abbatte su Xiaomi. E questa volta direttamente in madre patria, visto che sono le stesse autorità di regolamentazione del mercato cinese ad aver eseguito dei controlli ai danni dell’azienda di Lei Jun. Da qualche anno, il governo cinese ha deciso di dimostrarsi più rigido nei confronti delle compagnie cosiddette “big tech”. Lo abbiamo visto con il freno posto ai vari colossi del commercio come Alibaba e JingDong, con una lotta ai monopoli che ha impattato sui profitti dello scorso Singles Day. Ma anche nel mercato videoludico, dove il blocco della pubblicazione di nuovi titoli ha messo in ginocchio il settore.

Nel caso di Xiaomi, i controlli da parte delle autorità si sono concentrati sui collegamenti con le aziende che ne compongono l’ecosistema. Come probabilmente saprete, Xiaomi vanta un universo di gadget pressoché sconfinato grazie a numerosissime collaborazioni. Ci sono i prodotti a marchio Xiaomi e Mijia che sono prodotti dalla compagnia stessa, ma la maggior parte degli altri prodotti sono fabbricati da aziende di terze parti. In questo modo, si crea una situazione win-win, dove le piccole aziende possono godere del supporto di Xiaomi e della sua popolarità commerciale e dove Xiaomi si ritrova con un catalogo quasi infinito di accessori di ogni tipo con uno sforzo minimo.

Le autorità cinesi di regolamentazione mettono al vaglio l’ecosistema di Xiaomi

Fra le tantissime aziende con cui Xiaomi collabora, sono tre quelle su cui si sono concentrati i controlli delle autorità cinesi: Yeelight, 8H e Sunmi. Quasi sicuramente conoscerete Yeelight, resasi famosa negli anni grazie alla creazione di prodotti di illuminazione smart per case e uffici, in particolare le celebri lampadine RGB che popolano le case di tantissime persone (me compreso). Forse conoscete anche 8H, che nell’ecosistema di Xiaomi si occupa di realizzare gli apprezzati letti e materassi smart, in grado di favorire e controllare il sonno tramite strutture e feature apposite. Infine, la meno conosciuta Sunmi si occupa della creazione di sistemi operativi a sfondo commerciale.

In tutti e tre questi casi, le aziende sono state interrogate sulla loro relazione con Xiaomi. Se si torna allo scorso marzo, Xiaomi ha dichiarato di aver effettuato investimenti per 8,8 miliardi di dollari in oltre 400 società di questo tipo, compresa l’altrettanto famosa Roborock. Una cifra cospicua, se si considera che nel corso del 2021 Xiaomi ha registrato “solo” 3,1 miliardi di profitti. Come afferma l’analista Richard Kramer, Lei Jun viene visto come il “Masa Son cinese“, una figura parallela al celebre investitore nipponico di SoftBank.

xiaomi lei jun

Questa inchiesta verso Xiaomi si ricollega alla succitata lotta al monopolio del governo cinese, con cui controllare in maniera più stretta le azioni di chi ha portafogli di investimento così ampi. Come afferma un anonimo investitore, “Xiaomi possiede diversi vettori di investimento […] e il governo è sensibile all’espansione disordinata del capitale“. In seguito alla candidatura in borsa di 8H, Yeelight e Sunmi, alle aziende sono stati richiesti chiarimenti sui legami con Xiaomi da parte della Borsa di Shanghai e Shenzhen. Più precisamente, le domande hanno toccato argomenti come la misura con cui Xiaomi controlla tecnologie, approvvigionamento, produzione, fornitura e vendite; se ci sono trattamenti preferenziali per vendita e promozione sui canali di Xiaomi

Come risultato, queste aziende hanno deciso di interrompere il proprio ingresso in borsa, chi per motivi di “aggiustamenti politici“, chi per “strategie di sviluppo“. Evidentemente non è il momento migliore per farlo, vista la scomoda situazione in cui si ritrovano, stando a quanto traspare dai documenti consultati dai media cinesi. Concludiamo con la risposta di Xiaomi: “non è possibile per noi capire se sono in grado o meno di entrare in borsa, oltre ad avere investimenti da Xiaomi e lanciare alcuni prodotti, sviluppano il loro business in modo indipendente“. Con controlli così stringenti da parte del governo cinese, non è da escludere che un’azienda possa pensarci due volte prima di associarsi a Xiaomi, se questo potrebbe significare un’esclusione dalle borse.

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