Recensione Black Shark 5 Pro: finalmente Xiaomi ha TOLTO I FRENI allo Snap 8 Gen. 1

Arriviamo subito al punto: Black Shark 5 Pro è uno smartphone di punta in tutto e per tutto. E non solo perché è animato da uno Snapdragon 8 Gen. 1, ha un display a 144 Hz ed una fotocamera da 108 megapixel, ma lo è soprattutto perché l’azienda ha ben pensato di raddoppiare la camera di vapore per il raffreddamento per gestire al meglio le temperature del SoC di Qualcomm.

In realtà, poi, la camera di vapore non è neppure l’unico fattore che nel Black Shark 5 Pro si è fatto in due: lo smartphone può arrivare fino a 512 Gb di spazio di archiviazione, che sono suddivisi in 256 GB di memorie di tipo UFS 2.1 e 256 GB di spazio in una memoria NVMe. Insomma, utilizzando un vero e proprio SSD con la tecnologia DM Cache quelli l’azienda è riuscita a migliorare significativamente le prestazioni in lettura e scrittura casuali.

In soldoni, questo Black Shark 5 Pro punta tutto sulle prestazioni. E ci riesce: è uno degli smartphone in cima alla classifica di AnTuTu, e lo è per un motivo ben preciso, che (finalmente) porta una particolare caratteristica in questo difficilissimo Snap 8 Gen. 1.

Ma andiamo con ordine.

Recensione Black Shark 5 Pro: lo Snap 8 Gen. 1 è stato finalmente domato

Design e materiali

In realtà, non ci sono differenze eclatanti tra il Black Shark 5 Pro e la generazione precedente (qui la recensione). Anche il nuovo smartphone continua ad essere uno dei più “eleganti” smartphone da gaming in circolazione con forme tondeggianti e una back cover vellutata che, tra le altre cose, gestisce molto bene le impronte digitali. Ma sia chiaro, le virgolette ad “eleganti” le ho utilizzate perché effettivamente l’aspetto del dispositivo continua ad essere da gaming, ma lo fa con uno stile un po’ meno “tamarro” di quello a cui siamo abituati con questa categoria.

Con i suoi 163,9×76,5×9,5 mm ed un peso di 220g, le dimensioni ed il peso del Black Shark 5 Pro continuano ad essere praticamente identici a quelli che abbiamo visto nella generazione precedente (che, vi ricordo, era grande 163,8 x 76,4 x 9,9 mm e pesava 220 grammi) e, proprio come nel Black Shark 4, anche nel nuovo modello l’azienda ha integrato un LED RGB che si attiva e si può personalizzare.

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Certo, come ci si potrebbe aspettare da uno smartphone da gaming non è tra i dispositivi più sottili del mercato, soprattutto nello spessore, ma c’è un motivo: oltre al sistema di dissipazione del calore (del quale parleremo a breve) lungo la scocca laterale del dispositivo sono stati integrati due trigger a scomparsa meccanica che per i giocatori accaniti potrebbero portare dei grandi benefici: sono fisici, il che li rende molto più comodi di alcune soluzioni che abbiamo visto in altri dispositivi competitor, e ad esempio in Call Of Duty Mobile permettono di avere un pulsante per prendere la mira e un altro per sparare.

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Personalmente però, devo dirvelo: io non sono un fan dei trigger fisici. Non fraintendetemi, si tratta di una soluzione “fisicamente” più comoda da utilizzare, ma continuo ad avere la sensazione che con questa tipologia di trigger aumenti leggermente l’input lag, che è un fattore molto importante per alcune delle persone che penseranno di acquistare uno smartphone da gaming come quello di Xiaomi.

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La comodità di questa soluzione però, è che quando non si sta giocando, poi, è possibile assegnare ad ognuno dei trigger delle funzioni rapide: per impostazione predefinita il tasto in alto scatta uno screenshot, ma si può anche decidere di avviare la registrazione dello schermo, la modalità con una mano o impostare delle funzioni in base all’app che si sta utilizzando.

Il sensore per le impronte digitali è stato posizionato sul tasto di accensione sulla destra, è presente un ottimo sistema di speaker stereo simmetrici e del tutto indipendenti dalla capsula auricolare, mentre tutta la zona anteriore è occupata dal display che, però, continua ad essere caratterizzato da una forte asimmetria delle cornici superiori ed inferiori.

Display

Guardando superficialmente le specifiche tecniche dello schermo del Black Shark 5 Pro, si potrebbe cadere nel tranello di pensare che sia stato utilizzato lo stesso pannello che abbiamo visto nel 4 Pro. Perché anche la vecchia generazione aveva un display in grado di arrivare a 144 Hz, con una luminosità di picco di 1300 nits ed una frequenza di campionamento del tocco di 720 Hz.

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In realtà però, non è così: nel Black Shark 5 Pro l’azienda ha abbandonato i pannelli E3, a favore del più nuovo A4. In soldoni, partendo dal presupposto che l’effettiva qualità di visualizzazione degli schermi OLED dipende in larga misura dai materiali organici applicati, i materiali E4 sono notevolmente ottimizzati in termini di luminosità di picco, consumo energetico, ma soprattutto in quanto a gestione della gamma dinamica.

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E ok, i 1300 nits di picco potrebbero sembrare pochi rispetto ai 1500 dello Xiaomi Mi 12 Pro (qui la recensione), ma il contrasto di 5000000:1 e la densità di pixel per pollice di quasi 400 ppi, rendono le immagini riprodotte su questo smartphone visivamente quasi perfette, e perfettamente visibili anche al centro del deserto del Sahara con il sole che punta direttamente sullo schermo.

C’è però da fare un appunto: quando le aziende parlano di luminosità di picco, non bisogna cadere nel tranello di pensare che quando si utilizza lo smartphone si arriva davvero ai nits di cui parlano. In realtà nella vita di tutti i giorni le cose sono molto diverse, ma vi dico una cosa: nei miei test ho registrato una luminosità massima di 682 nits, che non è niente male.

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Ad ogni modo, anche nel Black Shark 5 Pro è possibile scegliere tra 3 diverse modalità di gestione della frequenza di aggiornamento ma, personalmente, ho sempre utilizzato il dispositivo impostandolo a 144 Hz: in questa modalità la fluidità delle immagini è evidente, ma è altrettanto evidente il battery drain che risulta molto più marcato.

Hardware e prestazioni

In quanto ad hardware e prestazioni, faremo una velocissima carrellata in quanto a caratteristiche tecniche del Black Shark 5 Pro, perché c’è una cosa molto più interessante di cui parlare. Snap 8 Gen. 1, RAM da 12 o 16 GB di tipo LPDDR5, memorie che arrivano fino a 512 GB e sono di tipo UFS 3.1 e NVMe. Insomma, in quanto a caratteristiche parliamo del top in assoluto, ed è superfluo dire che tutto gira una meraviglia: sia nell’utilizzo di tutti i giorni, che nel gaming più spinto, Black Shark 5 Pro non mostra mai il minimo lag. E ci mancherebbe, con questa scheda tecnica.

Ciò di cui vorrei discutere però, è una cosa più tecnica che però mi ha lasciato sbalordito. Qui in alto troverete tutti i risultati dei benchmark che abbiamo eseguito, test di prestazioni che effettivamente hanno prodotto punteggi decisamente alti, soprattutto in AnTuTu.

Ma il grafico sul quale vorrei che focalizzaste la vostra attenzione è quello relativo allo stress test di AnTuTu: come noterete, con il Black Shark 5 Pro, per la prima volta si hanno prestazioni della CPU super costanti e praticamente sempre fisse a valori intorno al 100%.

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Prestazioni che ho volutamente paragonato a quelle dello Xiaomi 12 Pro, che utilizza lo stesso SoC ma che lo fa in maniera del tutto diversa. Mentre eseguivo i test però, ho anche notato un enorme surriscaldamento della scocca posteriore che, ammettiamolo, sotto stress test diventa davvero di fuoco.

E ragionando sulla doppia camera di vapore, che si estende su un’area di ben 5.320 mm2, ho fatto 2+2 e sono giunto ad una conclusione: il senso di questa nuova tecnologia di dissipazione passiva, non è quello di tenere a bada le temperature roventi dello Snap 8 Gen. 1, ma è quello di dissiparle verso l’esterno, in modo tale da non danneggiare il SoC quando si arriva a determinati livelli.

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In parole povere, il Black Shark 5 Pro è l’unico che riesce a far andare praticamente al massimo lo Snapdragon 8 Gen. 1, e lo fa senza doversi preoccupare troppo delle temperature perché riesce a trasferire il calore verso l’esterno della scocca. In soldoni va una bomba, ma diventa di fuoco.

E, ragionandoci, è una cosa piuttosto normale: in uno smartphone il calore non si può far sparire come per magia (o come si fa con i sistemi di raffreddamento a liquido) e l’unico modo per “allontanarlo” dalle componenti interne è quello di farlo uscire all’esterno della scocca, riscaldandola, appunto.

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Detto questo, torniamo alle cose più “normali”. Buono l’audio in capsula e la ricezione della rete cellulare, ma davvero ottimo il sistema di speaker stereofonici integrato: la posizione degli altoparlanti è giusta, così come il bilanciamento delle frequenze che riesce – strano ma vero – a far riprodurre non solo gli alti e i medi, ma anche i bassi. Da questo punto di vista la soluzione integrata nel Black Shark 5 Pro è superiore a dello Xiaomi 12 Pro. Ciò che manca però è un ingresso per il jack delle cuffie da 3.5mm, ed è davvero un peccato considerando che i veri gamers utilizzano le cuffie cablate per evitare i lag.

Fotocamera

Così come successe con il 4 Pro, il comparto fotocamera del Black Shark 5 Pro è uno di quei fattori che non ti aspetti da uno smartphone da gaming. Ok, non è di certo in grado di competere con i top di gamma più blasonati, ma probabilmente è tra le migliori soluzioni in uno smartphone pensato per il gioco. Le ottiche sono tre, e la risoluzione raddoppia rispetto alla generazione precedente: la fotocamera principale utilizza un sensore da 108 megapixel (che è un Samsung S5KHM2 1/1.52″ da 0.7 µm) non stabilizzato otticamente, che è affiancato da un’ultra wide da 13 megapixel (con sensore Samsung OmniVision, 1/3.06″, 1.12 µm sensor) ed una telemacro da 5 megapixel (con un sensore Samsung ISOCELL 5E9, 1/5″, 1.12µm).

Ora, tralasciando la totale inutilità della fotocamera macro, c’è da dire che le fotografie scattate con la fotocamera principale non sono niente male: la gamma dinamica è ben gestita, il contrasto è presente e tutte le foto vengono realizzate con una buona saturazione, nonostante la presenza dell’intelligenza artificiale che potrebbe rischiare di accentuare troppo il contrasto e la nitidezza degli scatti.

E la qualità della fotocamera principale si nota anche nelle fotografie notturne: questa modalità si può utilizzare solo con quest’ottica ed è in grado di produrre scatti piuttosto puliti e gestiti bene, anche con delle inquadrature molto scure.

Le cose cambiano quando si utilizza la fotocamera ultra-grandangolare che, ricordiamolo, non è possibile utilizzare nella modalità notturna e che – anche in condizioni di buona luminosità – tende a generare degli scatti piuttosto scarsi in quanto a nitidezza e caratterizzati da un’aberrazione cromatica piuttosto evidente lungo i bordi delle foto.

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Così così i selfie realizzati dalla fotocamera frontale da 16 megapixel (sempre con sensore Samsung OmniVision) che, anche se possono essere scattati con l’HDR a mio parare hanno una pessima gestione della gamma dinamica, buoni i video che possono essere registrati alla risoluzione massima 4K a 60 fps (sia con la principale che con l’ultra-wide) ma che tendono un po’ a soffrire della mancanza della stabilizzazione ottica in tutte le fotocamere.

Software

Ciò che mi piace meno del Black Shark 5 Pro è il software, ma questo perché io non amo particolarmente la MIUI di Xiaomi. Certo, il nuovo smartphone da gaming arriva con la JOY UI 13 che personalizza Android 13, ma sostanzialmente stiamo la. La più grande differenza con la versione più tradizionale della GUI dell’azienda cinese, sta nella presenza dello “Shark Space”, uno strumento dedicato al gioco nel quale è possibile modificare e personalizzare tutta una serie di impostazioni per ognuno dei giochi installati.

Nei giochi ad esempio, si può scegliere di spingere al massimo le prestazioni del processore e di limitare i processi in background in modo da ottenere un’esperienza quanto più prestazionale possibile, mentre con titoli più leggeri invece si può scegliere di non spingere al massimo in modo da migliorare l’autonomia.

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Per il resto, in sostanza, il resto dell’interfaccia grafica integra tutto ciò che ci si potrebbe aspettare dalla MIUI di Xiaomi, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti, ma che con un display a 144 Hz gira nel modo più fluido e veloce possibile.

Autonomia della batteria

Black Shark 5 Pro arriva con una batteria di poco più capiente di quella vista nella generazione precedente: si passa a 4650 mAh contro i 4500 mAh del 4 Pro. E sì, mi sarebbe piaciuto vedere almeno 5000 mAh nel nuovo smartphone da gaming di Xiaomi, anche perché in quanto ad autonomia non ci siamo proprio, soprattutto quando si stressa.

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La farò semplice: con un utilizzo normale del dispositivo si può arrivare a fine serata senza troppi problemi, ma quando si inizia a giocare e si inizia a spremere l’hardware, si possono superare di poco le 2 ore di autonomia.

Poco male però, perché Black Shark 5 Pro si ricarica da 0% a 100% in circa 15 minuti grazie al caricabatterie veloce da 120w incluso nella confezione, purtroppo però ancora una volta non è stata integrata alcuna tecnologia di ricarica wireless.

Prezzo e considerazioni

Il prezzo del Black Shark 5 Pro parte da 799€ (8/128 GB) per poi salire a 899€ e 999€ per le varianti super da 12/256 GB e da 16/256 GB. E senza troppi giri di parole, stiamo parlando sì di uno smartphone da gaming, ma di uno quegli esemplari che non deludono in sostanzialmente in nessun comparto. Certo è grande, è pesante ed effettivamente entra in grande competizione con il Poco F4 GT (qui la recensione) che, sulla carta, ha in linea di massima lo stesso hardware.

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Però, rispetto al poco, il fatto che lo Snap 8 Gen. 1 giri meglio sul Black Shark 5 Pro è praticamente palese. Insomma se volete sfruttare il SoC di Qualcomm al massimo delle sue potenzialità, la scelta è solo una.



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