Dopo mesi che se ne parlava, il 15 maggio è ufficialmente arrivata la scure dell’amministrazione Trump sulla questione Huawei. Come riportato sul sito del governo statunitense, adesso Huawei e le sue sussidiarie rientrano nella cosiddetta “Entity List“. Questa lista è fondamentalmente una blacklist, nella quale sono elencate le aziende potenzialmente pericolose per la nazione.
Huawei vs USA: e l’Europa non sta a guardare
Cosa succederà adesso per Huawei, quindi? Da adesso l’azienda non potrà più vendere o acquistare tecnologie negli USA senza il consenso del governo. E pare scontato supporre che tale consenso arriverà molto difficilmente, per usare un eufemismo. La situazione non è delle più semplici, dato che una manovra del genere va a toccare numerose aziende di varie dimensioni.
Nel frattempo Huawei ha provveduto a far circolare una mail all’interno delle filiali americane, per aggiornare i dipendenti sullo stato delle cose. In questa missiva si parla della volontà degli USA di sopprimere l’andamento dell’azienda a causa di motivazioni politiche. Oltre ad incoraggiare i dipendenti a continuare a fare il lavoro normalmente, si sottolinea come questa mossa non andrà ad inficiare nella crescita societaria.
Ecco quanto affermato da Ren Zhengfei, fondatore e CEO di Huawei: “Se gli Stati Uniti dicono che non forniranno più merci a Huawei, il danno sarà sulle compagnie americane, dato che siamo la terza più grande società di chip al mondo. Gli Stati Uniti perderanno così tanti ordini che i bilanci di molte aziende americane andranno già, con grandi fluttuazioni nel mercato azionario. Senza di loro abbiamo anche la possibilità di sostituire la produzione, quindi da questo punto di vista non abbiamo crisi di sopravvivenza.”
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Non sono tardate ad arrivare le dichiarazioni da parte di alcune delle nazioni europee. Per esempio, la cancelleria tedesca Angela Merkel ed il premier olandese Mark Rutte si sono espressi contro la decisione degli USA, specificando che non la seguiranno. Anche il presidente francese Emmanuel Macron si è dimostrato sulla stessa linea d’onda, affermando che “non è appropriato lanciare una guerra tecnologia o commerciale contro qualsiasi paese“.