Solo poche settimane fa sono stato protagonista di un viaggio indimenticabile in Cina, dove OPPO mi ha dato la possibilità di visitare il suo eccezionale flagship store e di scoprire come nasce uno smartphone grazie ad un tour in una delle fabbriche del brand. Siete curiosi di sapere com’è andata e come vengono assemblati i dispositivi dell’azienda? E allora non resta che continuare a leggere!
Diario di viaggio: nella fabbrica di OPPO in Cina per scoprire come nasce uno smartphone
Controllo qualità
Il tour della fabbrica di Dongguan parte dal QE Lab, un laboratorio in cui gli smartphone vengono testati all’inizio della produzione in serie, in modo da controllarne la qualità e la resistenza. Qui i “poveri” dispositivi devono affrontare tutta una serie di prove di laboratorio – oltre 150 test differenti! – suddivise in prove di prestazione elettrica, prove strutturali e test di invecchiamento ambientale (comprendono anche quelli di adattabilità in vari ambienti). In parole povere gli smartphone vengono sottoposti a varie “torture”, in modo da essere certi della loro resistenza.
Test di resistenza cadute, urti e torsioni
Tra questi troviamo i test di resistenza alla caduta tramite un macchinario che simula una caduta accidentale. Il dispositivo viene fatto cadere da un’altezza di 7 cm circa 20 mila volte, sia frontalmente che posteriormente e la stessa operazione viene riproposta anche per ognuno dei quattro lati del frame perimetrale. Il test viene riproposto anche in versione avanzata, con una caduta da 1 metro di altezza ed anche in questo caso non manca la meticolosità: lo smartphone viene fatto cadere su ognuna delle sue sei superfici, otto angoli e dodici bordi, per due volte. Dopodiché tutto il processo andrà riprodotto ancora una volta, ma da 1.5 m d’altezza.
Si continua con un macchinario in cui i device vengono inseriti tutti insieme e sottoposti ad un movimento rotatorio (per 75 volte e 3/5 volte al minuto) che li porterà inevitabilmente a collidere l’uno con l’altro. Anche con questo test è possibile valutare la resistenza, in particolar modo alla resistenza agli urti con altri oggetti. Nonostante sembri “brutale” si tratta di un’operazione necessaria; eventuali piccole ammaccature sono consentite e l’importante è che non si registrino danni strutturali all’interno dei singoli dispositivi.
Il test dei pulsanti prevede che un macchinario controlli la resistenza del tasto di accensione (fino a 100 mila volte) e quella del lettore d’impronte digitali (fino a 1 milione di volte). Una piccola curiosità: pigiando sul pulsante Power per 50 volte al giorno saranno necessari circa 6 anni per ottenere lo stesso risultato. Insomma… è decisamente meglio che sia una macchina a farlo!
Resistenza ambientale
Nel corso del mio viaggio alla scoperta della fabbrica di OPPO ho avuto modo di assistere alle varie prove a cui sono sottoposti questi smartphone ed è decisamente stimolante scoprire l’accuratezza con cui questi vengono testati.
Se pensate che si concluda qui, vi sbagliate di grosso perché l’azienda ha in serbo tante altre sorprese, anche parecchio suggestive. Dopo la prima sezione dedicata agli urti, ho avuto modo di visitare l’area in cui i device vengono messi alla prova contro il caldo, il freddo e l’umidità, in modo da osservare la reazione dei vari componenti.
Ad esempio, gli smartphone vengono posizionati in un ambiente fino a 85° per ben 500 ore (oppure a -40°), al termine delle quali tutte le normali funzionalità dovranno essere intatte. Per concludere in grande stile, i dispositivi vengono testati alle prese con bevande (come il caffé), sotto la pioggia (ovviamente in un apposito ambiente ricreato in laboratorio) oppure con spray salino. In quest’ultimo caso, viene spruzzata una concentrazione salina al 5% sulla superficie del telefono; questo viene poi conservato in un ambiente caldo e umido (55° e 95% di umidità) in modo da verificare eventuali danni.
Nella catena di montaggio
Dopo la panoramica di tutti i vari test per il controllo qualità, finalmente sono arrivato nella catena di montaggio! È qui che troviamo tutta una serie di macchinari, ognuno dedicato ad assemblare una diversa tipologia di componentistica interna. L’intervento umano è ridotto al minimo e quasi tutto è automatizzato (come ci si aspetterebbe!). Uno o più operatori seguono il lavoro svolto dai macchinari, con il compito di verificare che tutto proceda secondo i piani.
Ogni area produce una parte differente dello smartphone che viene assemblato man mano. Ovviamente, passo dopo passo, non mancano controlli nel funzionamento e nella qualità del prodotto, con tanto di piccoli test simili a quelli affrontati poco prima.
Infine, un macchinario si occupa di installare il software all’interno della scheda madre. Questo recupera la scheda madre vergine, la inserisce all’interno della linea produttiva, effettua il download del software e poi la riposiziona sui rulli, pronta il proseguire il suo viaggio verso il resto della catena di montaggio!
Curiosità e Conclusioni
Per avere chiara la portata del lavoro dietro ogni telefono bastano un paio di numeri: ogni mese questa fabbrica di OPPO produce 7.5 milioni di schede madri e 25 milioni di schede secondarie. Come già specificato – e come ho potuto constatare in prima persona – durante tutto il processo produttivo vengono effettuate ben 18 verifiche della qualità. Si tratta di uno standard davvero molto alto, tra i migliori del settore della telefonia mobile (in Cina e non solo).
Tra le mille curiosità di questa fabbrica, quella che più mi ha colpito è la presenza di circa 20 mila lavoratori! Inoltre si tratta di un vero e proprio campus in cui le persone vivono e lavorano, anche con le proprie famiglie. Quella che ho visitato è solo una delle tre fabbriche di OPPO presenti a Dongguan (in tutto ne sono 7 nel mondo).
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