A fine ottobre Meta ha introdotto i piani in abbonamento per Facebook e Instagram: si tratta di versioni senza pubblicità, completamente opzionali ma che prevedono il pagamento di un canone mensile. Tuttavia la cosa ha suscitato varie polemiche dato che si tratterebbe essenzialmente di una vera e propria tassa sulla privacy. Alle critiche iniziali ora si aggiungono anche le voci di ben 28 organizzazioni specializzate nella tutela della privacy: il nuovo servizio lanciato da Meta è un rischio per la sicurezza degli utenti e getta le basi per un futuro non proprio roseo.
Facebook e Instagram a pagamento sarebbero un rischio per la privacy, secondo un gruppo di 28 agenzie specializzate
Il Digital Markets Act ha rivoluzionato le cose per le compagnie tech in Europa: il nuovo regolamento ha introdotto tutta una serie di misure per tutelare la privacy degli utenti e tra gli argomenti trattati c’è ovviamente quello della pubblicità. Meta è stata costretta a fornire una scelta agli iscritti a Facebook e Instagram, proponendo un piano a pagamento: attivando il nuovo abbonamento è possibile utilizzare le piattaforme social senza pubblicità e quindi avere la certezza che i propri dati siano al sicuro. Poco dopo l’organizzazione no-profit NOYB ha suscitato i primi dubbi: pagare un abbonamento per tutelare i propri dati è una tassa sulla privacy? Non sono mancate una serie di risposte da parte di Meta, che vede il modello dell’abbonamento come un consenso e come un’espressione del libero arbitrio (ad un giusto prezzo, tra l’altro).
A quanto pare in tanti hanno trovato poco convincente il modello proposto da Meta: un gruppo di 28 agenzie per la tutela della privacy (tra cui NOYB, Irish Council for Civil Liberties, Wikimedia Europe, Electronic Privacy Information Centre e di altri enti) ha pubblicato una lettera congiunta da sottoporre all’European Data Protection Board (EDPB). Quest’ultimo è il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati e si occupa di garantire l’applicazione coerente del “Regolamento generale sulla Protezione dei Dati” (GDPR).
Il nuovo modello di abbonamento potrebbe essere sfruttato anche da altre aziende e di fatto rappresenterebbe un rischioenorme: pagare per vedere la propria privacy protetta e quindi una “tassa sulla privacy”. Tra parentesi, nella lettera si legge anche che le aziende sono consapevoli del fatto che la maggioranza degli utenti non sarà né in grado né disposta a pagare un abbonamento per proteggersi dal tracciamento aggressivo e dalla raccolta dei dati, minando proprio il GDPR.
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