Gli Stati Uniti stanno raggiungendo importanti traguardi grazie alla creazione del Chips Act: per la prima volta nella storia, TSMC sta costruendo fabbriche negli USA, e non è la sola. Anche il colosso dei semiconduttori qual è Samsung sta facendo lo stesso, e la vera svolta è rappresentata dal fatto che entrambi i chipmaker porteranno in occidente impianti di ultima generazione. Non ultimissima, perché i nodi a 3 e 2 nanometri stanno venendo sviluppati in Taiwan e Sud Corea, ma gli Stati Uniti potranno vantare la produzione di chip a 5 e 4 nm sul suolo americano. Ma la medaglia ha anche un’altra faccia, ovvero l’aumento dei prezzi che il mercato subirà per sostenere il fatto che TSMC possa produrre anche in occidente.
Ecco quanto aumenteranno i costi dei chip TSMC prodotti negli Stati Uniti
Se finora si è appoggiata a quelle asiatiche, la nascita di fabbriche occidentali comporta che TSMC stia creando una strategia di prezzo adeguata al nuovo territorio in cui opererà, in modo da mantenere un margine lordo del 53% e non scontentare azionisti e investitori. Rispetto all’Asia, costruire impianti così avanzati negli Stati Uniti comporta spese maggiori: per costruire gli impianti in Arizona, il colosso taiwanese sta investendo qualcosa come 40 miliardi di dollari, cifre ben superiori a quelle spese in Asia. C’è anche da dire che queste aziende hanno il coltello dalla parte del manico, e c’è chi vede in queste dichiarazioni un modo per aumentare i sussidi nazionali; per esempio, anche Intel ha rilasciato affermazioni simili, aumentando la spesa prevista per i nuovi impianti europei. Fra l’altro, proprio le americane Intel e Micron stanno spendendo centinaia di miliardi di dollari per costruire nuovi impianti statunitensi.
Tornando a TSMC, questi investimenti serviranno per per la creazione di impianti a 5 e 4 nanometri dal 2024, e se tutto va bene dal 2026 si passerà addirittura ai 3 nanometri. Da questi impianti usciranno 600.000 wafer all’anno, una cifra tecnicamente in grado di soddisfare la domanda annuale degli USA. Tuttavia, per i chip prodotti negli Stati Uniti sono previsti aumenti del 20/30% rispetto agli stessi chip prodotti in Taiwan. Lo stessa accadrebbe anche in Giappone, dove la produzione di chip sui nodi da 28 a 12 nanometri negli impianti di Kumamoto comporterà un aumento dei prezzi del 10/15%. Si ipotizza quindi che i chip americani di TSMC verranno riservati a settori meno sensibili al prezzo, come dispositivi per il governo e l’elettronica consumer più avanzata e costosa.
Non sorprende, quindi, che nelle ultime settimane si stiano intensificando le voci che vedrebbero alcuni dei clienti TSMC star valutando di passare a Samsung. Si è parlato principalmente di AMD, che negli ultimi anni ha fatto produrre molti microchip a Taiwan, e anche Qualcomm starebbe pensando di fare lo stesso. C’è poi Intel, che ha deciso di rendersi una diretta rivale di TSMC e Samsung e che potrebbe attrarre realtà americane come Qualcomm e AMD ma anche NVIDIA e Broadcom, anch’esse fra i più grossi clienti di TSMC. Si fa però presente che il costo sempre più elevato per la progettazione dei chip da parte di queste compagnie fabless faccia sì che sia difficile attuare con efficacia una strategia dual-source o tri-source, cioè far stampare sia a TSMC che anche a Samsung e/o Intel.
L’unica eccezione è Apple, l’unico cliente che è praticamente certo che continuerà a operare con gli impianti di TSMC anziché quelli di Samsung, grazie anche a uno sconto del 20/30%. D’altronde parliamo del più grande cliente di TSMC, da cui dipende il 25% del suo fatturato annuo e i cui miliardi permettono a Taiwan di poter investire e rimanere leader; tuttavia, Cupertino si sta vedendo cambiati i piani per Mac e iPad a causa dei problemi produttivi di Taiwan, oltre a subire l’aumento dei costi.
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