Se siete stati in Giappone e vi siete fatti un giro per le strade di Tokyo, potreste esservi imbattuti in uno dei negozi di smartphone Galaxy presenti sul suolo nipponico. No, non mi sono sbagliato a scrivere: se credete che mi stia riferendo a Samsung avete ragione, ma forse non sapete che fino a ieri il brand Samsung era ufficialmente scomparso dalla terra del Sol Levante. Vi basta fare un giro sul sito ufficiale giapponese per accorgervi che da nessuna parte è menzionato il nome Samsung e tutti i prodotti sono chiamati come “Galaxy“. Da oggi, però, Samsung torna a poter utilizzare il suo brand nel paese, perciò vi voglio raccontare la storia del perché siamo arrivati a questa situazione.
Gli smartphone Galaxy tornano a chiamarsi Samsung in Giappone: ecco perché
Era il 2015 quando Samsung iniziava a vendere i suoi prodotti in Giappone senza il marchio Samsung, partendo con Galaxy S6 ed S6 Edge e proseguendo fino all’ultima serie S23. Da allora, il logo Samsung è sparito da ogni dove: dai negozi ai prodotti, dalle scatole alle pubblicità, dai social ai centri d’assistenza, in favore del marchio “Galaxy“.
Non sembrano esserci dichiarazioni ufficiali in merito, ma il motivo sarebbe legato alle storiche tensioni fra Sud Corea e Giappone; in epoca più recente, il Giappone invase la penisola durante la Seconda Guerra Mondiale dando poi vita alla spaccatura fra Nord e Sud Corea dopo la sua sconfitta. Il mercato giapponese (anche quello degli smartphone) è tendenzialmente nazionalista, favorendo le vendite dei marchi locali (come Sony e Sharp) o di quelli di nazioni alleate come gli USA (e infatti iPhone vende molto in Giappone). Una spaccatura che si accentuò nel 2012, quando il Giappone elesse come primo ministro il conservatore Shinzo Abe.
Una parte di colpa va a Samsung, che nel 2016 peggiorò la situazione con il rimuovere emoji ispirate al Giappone dai suoi telefoni (per poi reintrodurle successivamente). Tutti gli smartphone si basano sullo standard UNICODE, perciò ogni produttore può creare il proprio design ma le emoji devono mantenere lo stesso significato indipentemente dal marchio. Quello che fece Samsung fu invece prendere alcune emoji e cambiarne il significato: le bambole giapponesi divennero quindi coreane, la Tokyo Tower divenne la Torre Eiffel e soprattutto bandiere giapponesi incrociate divennero bandiere sud coreane. Anche qua non c’è una spiegazione ufficiale, ma c’è chi suggerisce che sia per la simbologia della bandiera giapponese (l’iconica Goood Luck Flag bianca con cerchio rosso), che in passato venne usata come oggetto simbolico dai militari giapponesi.
Questo fu considerato un affronto e fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso: onde evitare il rischio di subire un potenziale boicottaggio verso il marchio Samsung, scelse di accantonare il marchio principale in favore del più neutro Galaxy. Nonostante si potrebbe pensare che in Giappone vadano forte gli smartphone giapponesi, non è affatto così: ad oggi, le vendite sono praticamente dominate da Apple, stimata a oltre il 60% delle vendite nazionali, seguita da Sony all’8% e proprio da Samsung che siede sul podio con solo il 6% (nel 2014 era al 16%), quando nel resto del mondo è la prima azienda per numero di vendite.
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