Era soltanto questione di tempo prima che anche Clubhouse subisse la scure del ban della Cina. Il social network del momento entra così a far parte della sempre più ampia lista di piattaforme occidentali bloccati dalla Grande Muraglia internettiana d’oriente. L’elenco è molto ampio: Facebook, Messenger, Instagram, Whatsapp, Twitter, Reddit, Wikipedia, Netflix, Spotify, per non parlare di Google e di tutti i servizi che vi gravitano attorno. Al debutto globale lo scorso settembre, Clubhouse era comparso sull’App Store cinese per pochissimo tempo.
Dopo pochi giorni dal suo lancio, a causa del ban i possessori di iPhone non potevano più scaricare Clubhouse in Cina. Se il motivo fosse di Apple o meno non è ancora dato saperlo, ma a questo punto poco importa. Sì, perché la Cina ha evidentemente messo un blocco a monte, impedendo agli utenti di connettersi al social network. Come afferma Benjamin Ismail, direttore di GreatFire (sito che monitora la censura in Cina), “Apple sarà felice di uscire da una situazione difficile, poiché la discussione si sposterà dal coinvolgimento di Apple nella rimozione dall’App Store al blocco dei server da parte delle autorità“.
Il Great Firewall miete un’altra vittima: il social vocale Clubhouse non funziona più in Cina
Nonostante Clubhouse non fosse quindi disponibile sull’App Store, c’era chi lo utilizzava comunque, installandolo da terze parti e sfruttando una VPN per connettersi. Uno sforzo che non è bastato ad evitare il blocco imposto dalle autorità cinesi: provando ad accedere, infatti, si ottiene il seguente messaggio: “Un errore SSL è comparso e non può essere stabilita una connessione sicura al server“. In poche parole, la Cina ha direttamente bloccato i server d’accesso, così come le API a cui fa riferimento l’app. Un blocco che impedisce anche la ricezione dei codici di verifica via SMS.
Con la comparsa dell’errore, chi si è accorto del ban di Clubhouse in Cina è corso su altri social, come WeChat, per segnalare l’accaduto. Non essendo disponibile ufficialmente, è difficile avere una stima della quantità di utenti cinesi presenti al suo interno. Ci sono stati esempi di forte partecipazione: in una stanza in cui si parlava della celebre protesta di piazza Tienanmen si era raggiunto il limite di 5.000 partecipanti, proprio nel pomeriggio prima che giungesse il divieto.
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A questo punto viene da chiedersi se la Cina abbia già pronta l’alternativa con cui creare il proprio Clubhouse. Perché per ogni sito e app occidentali bloccati, in Cina c’è una controparte nazionale: al posto di WhatsApp c’è WeChat, di Twitter c’è Weibo, di Facebook c’è QQ, di Google c’è Baidu e così via. Tuttavia, il fatto che sia un social vocale, quindi difficilmente moderabile, lo rende di fatto un possibile ostacolo per il controllo governativo. Ma dalla Cina ci aspettiamo di tutto, compresa un’intelligenza artificiale in grado di captare in tempo reale parole non gradite dalle autorità.