Dopo aver assistito alla presentazione ufficiale in quel di Madrid, oggi sono qua per parlarvi dello Xiaomi Mi A2. Si tratta del nuovo modello della gamma tutta occidentale (più o meno) il cui core ruota attorno al progetto Android One. Niente MIUI, infatti, soltanto Android Stock ed un focus su prestazioni e qualità fotografica. Ma come si sarà comportato in questi giorni di utilizzo? Sarà un degno erede del suo predecessore? Scopritelo nella nostra recensione.
Recensione Xiaomi Mi A2
Unboxing
All’interno della confezione troviamo la seguente dotazione:
- Xiaomi Mi A2;
- cover morbida in silicone;
- caricatore EU da 5V 2A;
- cavo USB / USB Type-C;
- adattatore mini-jack / USB Type-C;
- spilletta per lo slot SIM;
- manualistica.
Design e qualità costruttiva
Posteriormente lo Xiaomi Mi A2 riprende le linee del Mi A1 senza stravolgerne particolarmente le fattezze, eccezion fatta per la dual camera, adesso verticale (non poco sporgente). Il look dello smartphone è curato ed elegante, con una scocca in metallo dalla sensazione tattile pregiata. Nei profili superiore ed inferiore ci sono le discrete bande per le antenne. È un dispositivo che dona una forte sensazione di solidità.
Con dimensioni di 158.7 x 75.4 x 7.3 mm per 168 g, la portabilità è buona, grazie anche alla sinuosità delle forme, curve in ogni dove. Tuttavia, si avverte una certa scivolosità dovuta alla lavorazione del metallo. Sul davanti è stato integrato il LED di notifica monocromatico.
Posteriormente c’è il lettore d’impronte, ben posizionato, sempre reattivo e preciso. Non ci sono gestures collegate, al contrario di Mi A1 in cui si abbassava la tendina delle notifiche, così come è assente il riconoscimento facciale di Xiaomi. Scavando un po’ fra i menu si può attivare quelli di default di Android ma è un’opzione trascurabile in quanto a precisione e sicurezza.
Display
Dal punto di vista costruttivo la vera differenza la troviamo sul fronte. Qua, infatti, si staglia l’ampio display da 5.99 pollici Full HD (2160 x 1080 pixel) con una densità di 403 PPI. Questo perché è stato adottato un form factor in 18:9, con un vetro protettivo Gorilla Glass 5 con curvatura 2.5D.
Niente più tasti capacitivi, quindi, sostituiti dai più comodi tasti a schermo. Avrei gradito la possibilità di nasconderli per sfruttare maggiormente la diagonale, ma per il momento Google non sembra permetterlo. Lato software c’è la modalità Notturna, così come il Display Ambient, il quale si attiva alla ricezione di notifiche per segnalarcele.
Il pannello è di tipo IPS, con una qualità riproduttiva nella media in questa fascia di prezzo. Tutti i colori sono visualizzati in maniera adeguata e con una certa vivacità, con una buona laminazione che offre ampi angoli di visuale. Buona la luminosità massima, seppur non raggiunga livelli record, mentre il sensore automatico è reattivo ma tende un po’ al ribasso.
Prestazioni
Uno dei maggiori upgrade dello Xiaomi Mi A2 è rappresentato dalla configurazione hardware. Al suo interno trova posto il potente Snapdragon 660 di Qualcomm, soluzione non di ultima generazione ma più che valida. È un chip a 14 nm con CPU octa-core Kryo 260 fino a 2.2 GHz, qua affiancato da 4 GB di RAM LPDDR4X-1866 dual channel e 32 GB di memoria eMMC 5.1 non espandibile (circa 17 GB a disposizione).
Tutto ciò è coadiuvato da un software decisamente snello, in quanto facente parte del programma Android One. Questa leggerezza software, unita al succitato SoC, ha fatto sì che durante questi giorni non avvertissi rallentamenti nell’utilizzo. Questo anche a fronte della quasi totale saturazione della memoria dopo pochi giorni, visti i pochi GB a disposizione e l’assenza di espandibilità.
Anche in fase gaming lo Xiaomi Mi A2 si è comportato in maniera adeguata, permettendomi di giocare a titoli come PUBG a dettagli alti sui 30 fps costanti. Tuttavia, anche abbassando i dettagli, non si riescono a raggiungere i 60 fps. Le temperature vengono gestite bene, senza mai scaldare granché. Stranamente, però, gli stress test della CPU indicano un forte thermal throttling, come indicato negli screenshot sottostanti.
Da segnalare che, pur essendo un telefono destinato all’Europa, la certificazione Widevine è di tipo L3: ciò significa che sulle piattaforme di streaming, come Netflix e simili, i video saranno riprodotti soltanto in 480p.
Benchmark
Software
Come anticipato, il programma Android One offre un firmware basato su Android 8.1 Oreo e patch di sicurezza di giugno. Al contrario della MIUI, qua le funzioni sono state ridotte all’osso, eccezion fatta per pochissime app come Mi Drop e Mi Community (comunque disinstallabili). Ci auguriamo che, a differenza di Mi A1, i 18 mesi di aggiornamenti garantiti siano gestiti in maniera meno travagliata.
Personalmente non è una scelta che mi ha entusiasmato, anche se capisco bene coloro che preferiscono Android stock, rispetto a determinate interfacce proprietarie, ricche ma pesanti. Anche se non sono un fan accanito della MIUI, reputo che l’interfaccia di Xiaomi abbia raggiunto un livello tale di maturità, fra potenza e consumi, in grado di soddisfare un’ampia platea. Considerando, poi, che la MIUI Global ha tutto ciò che un utente europeo possa volere in termini di supporto e servizi Google.
Preferire un dispositivo Xiaomi con Android One ad uno con MIUI significare fare diverse rinunce e compromessi. Ecco la lista delle features assenti rispetto ad un tradizionale smartphone dell’azienda con MIUI 9, ovvero tutta una serie di dettagli sicuramente non indispensabili ma di cui personalmente avverto la mancanza:
- riconoscimento facciale;
- gestures per il lettore d’impronte;
- gestures varie, fra cui il double tap to wake;
- modalità Full Screen per togliere i tasti a schermo;
- Dual App per duplicare le app social;
- Second Space e App Lock per criptare app e files;
- Registra Schermo;
- taratura del display via software.
Qualità foto/video
Il punto forte dello Xiaomi Mi A2 è senz’altro la qualità fotografica, aspetto sempre più preso in considerazione dall’utenza appassionata e non. E qua, infatti, troviamo una dual camera “AI” da 12+20 mega-pixel con sensori Sony IMX486+IMX376, entrambi con apertura f/1.75. Ho messo il virgolettato perché per il momento di funzioni legate all’intelligenza artificiale non ce ne sono: suppongo arrivino successivamente con un update.
Il software è quello di Xiaomi e le opzioni di scatto sono quelle standard. Le implementazioni da parte di Google sono rappresentate dal cloud illimitato per le foto tramite Google Foto, così come Google Lens ed il relativo riconoscimento delle immagini.
LINK SAMPLE DIMENSIONI ORIGINALI
A differenza del Mi A1, qua non abbiamo un teleobiettivo, bensì un sensore secondario incaricato in primis di acquisire dettagli nella modalità Portrait. E devo dire che, per non essere un top di gamma, gli scatti con effetto bokeh mi hanno convinto. Non mancano le sbavature nello scontornamento, ma quasi soltanto nei casi più difficili.
Parlando di scatti più tradizionali, lo smartphone si pone come uno dei migliori dispositivi della sua categoria. Seppur gli scatti siano “soltanto” a 12 mpx, le foto sono ricche di dettagli e, grazie anche all’ISP Spectra 160 di Qualcomm, c’è una certa ricchezza cromatica. A compensare alcuni fenomeni di sovraesposizione c’è l’opzione Auto HDR, la quale interviene al momento giusto e con un effetto sobrio ma efficace.
In modalità notturna il secondario utilizza la tecnica definita “Pixel Binning 4 in 1” che, combinata con pixel da 2.0 μm, permette di catturare immagini migliori in fase notturna. Quando c’è poca luce il software interviene automaticamente, switchando su questo sensore. Lo si può attivare anche manualmente, tramite la modalità Manuale (appunto). Per quanto sia visibile un certo livello di rumore nelle immagini, il telefono è in grado di tirar fuori foto più che accettabili anche con poca luce (ovviamente in ottica social). Ed in alcune circostanze mi ha anche sorpreso, restituendo buoni scatti in situazioni al limite.
Frontalmente c’è nuovamente un Sony IMX376 da 20 mega-pixel, sempre con Pixel Binning e pixel da 2.0 μm ma apertura f/2.2. Anche in questo caso i risultati sono decisamente buoni per un utilizzo social. Anche perché la modalità Portrait scontorna bene il soggetto inquadrato, anche con poca luce. E non manca la modalità Auto HDR per compensare i forti contrasti di luce, così come un flash LED fisico per favorire gli scatti in notturna.
I video possono essere registrati in 4K e Full HD con un frame rate a 30 fps (niente 60 fps). La discreta stabilizzazione EIS entra in gioco soltanto in FHD, con clip buone a livello video ma meno a livello audio. Infatti, si avverte una soppressione del rumore troppo elevata che “ammazza” i rumori di sottofondo ed enfatizza la propria voce.
Connettività e qualità audio
Dato che si tratta di uno smartphone “internazionale”, lo Xiaomi Mi A2 offre il supporto dual Nano SIM standby con supporto alla banda 20. Di conseguenza, non si ha alcun tipo di problema di copertura, anche se in zone difficoltose altri smartphone Huawei riescono a fare meglio. Per quanto riguarda la velocità di connessione sono discrete ma non particolarmente elevate, anche sotto Wi-Fi ac Dual Band. Tutto regolare tramite Bluetooth 5.0 ed è presente anche il sensore IR per comandare dispositivi. Assenti, invece, il supporto NFC e la Radio FM.
Peccato per l’assenza dell’ingresso mini-jack, sostituito dalla porta USB Type-C e dall’apposito adattatore in confezione, i quali restituiscono un output nella media e dal volume non molto alto. Lato software troviamo il classico equalizzatore made in Xiaomi. Diversa la situazione tramite lo speaker mono inferiore, con una pressione sonora decisamente importante, soprattutto alla ricezione di notifiche.
Autonomia
Devo dire che questo è l’aspetto che maggiormente mi ha stupito in positivo. Questo perché al suo interno si trova una batteria da 3010 mAh. Un quantitativo sulla carta non entusiasmante ma che, all’atto pratico, mi ha accompagnato in maniera soddisfacente. In questi giorni di vacanza l’ho utilizzato prevalentemente in giro, quindi quasi esclusivamente sotto rete 4G.
Detto ciò, lo Xiaomi Mi A2 mi ha portato sempre a sera con circa 4 ore di display attivo. Questo con molta navigazione web via Chrome, tutti i vari social, 3 mail in push, un po’ di streaming video e qualche fugace sessione di gaming. Risultati niente male ma nella media, soprattutto se si considerano altri dispositivi Xiaomi.
Anche se il telefono supporterebbe il Quick Charge 3.0, il caricatore in dotazione è soltanto da 5V 2A. Ciò comporta una ricarica completa dallo 0% al 100% in circa 1 ora e 45 minuti.
Conclusione e prezzo
Giudicare negativamente questo Xiaomi Mi A2 sarebbe sbagliato, dato che ci troviamo di fronte ad uno smartphone equilibrato il cui scopo è proporsi ad un target più generalista. È un prodotto ben realizzato a livello costruttivo, con un ampio display, delle buonissime prestazioni ed un reparto fotografico fra i migliori nella sua fascia di prezzo.
Al contempo, però, è innegabile che ci siano delle limitazioni hardware e software che non possono non essere considerate. In primis la scelta di avere una variante base da 32 GB senza possibilità di usare microSD, una scelta ormai anacronistica, soprattutto se si considera che i competitors a queste cifre offrono memorie da 64 GB con espandibilità. E poi l’assenza della porta mini-jack, un fattore che personalmente ancora non digerisco. Lato software le mancanze ci sono, come mostrato nell’apposito capitolo, ma si tratta di un compromesso che determinati utenti potrebbero accettare.
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