La scorsa settimana abbiamo visto come i nostri smartphone possano rilevare, attraverso un vasto arsenale di sensori, molti dati sull’ambiente che li circonda e, naturalmente, sui loro utenti. Una delle informazioni più importanti per il funzionamento di tante app, tuttavia, non può essere misurata da un semplice sensore ma necessita, a monte, dell’esistenza di una grande (e costosa) rete di satelliti artificiali.
Ci riferiamo naturalmente alla posizione che, per sua natura, ha bisogno di un sistema di riferimento esterno al device per essere determinata. Così come gli antichi navigatori si orientavano nel mare grazie alla luce delle stelle, dunque, i moderni smartphone (e non solo) si affidano ad un segnale elettromagnetico emesso dagli attuali sistemi di posizionamento satellitare per determinare le loro coordinate.
Oggi parleremo proprio dei Global Navigation Satellite System (GNSS), dei principi fisici che stanno alla base del loro funzionamento e, ovviamente, all’implementazione dei ricevitori nei nostri dispositivi. Data la sostanziale stabilità della tecnologia utilizzata (che in buona parte è stata sviluppata per scopi militari negli anni settanta del secolo scorso) e la carenza di alternative credibili, inoltre, cercheremo di trattare integralmente l’argomento in questo articolo, lasciando che lo spazio di giovedì sia dedicato all’audio dei nostri dispositivi.
Affinché il concetto di posizione abbia senso è necessario, come abbiamo detto, un sistema di riferimento che consenta di effettuarne la misura. Se volessimo disegnare una crocetta in un punto ben preciso di un comune foglio di carta, ad esempio, potremmo utilizzare un classico sistema di assi cartesiani (formato da due rette ortogonali) o, tra le alternative, potremmo scegliere due angoli del foglio e dichiarare la distanza della crocetta da questi.
L’insieme dei punti che si trova ad una determinata distanza da uno degli angoli, infatti, formerà una circonferenza che, intersecandosi con quella formata dai punti equidistanti dall’altro angolo, determinerà due punti. Per costruzione, infine, uno solo di questi si troverà sul foglio, e rappresenterà la posizione della nostra crocetta.
In maniera del tutto analoga è possibile associare a tre punti e tre distanze una posizione nello spazio se si stabilisce a priori, ad esempio, che questa si trova sotto ai punti che costituiscono il sistema di riferimento. Questa tecnica, nota come trilaterazione, è utilizzata dagli attuali dispositivi GNSS per misurare la loro posizione rispetto ai satelliti e, grazie a semplici calcoli, in coordinate geografiche.
Ogni satellite artificiale, in particolare, trasmette verso la terra un segnale radio che contiene le sue effemeridi ed il tempo in cui è stato emesso il segnale stesso (misurato tramite l’orologio atomico presente a bordo). Le prime sono tabelle che permettono di identificare la posizione del satellite rispetto al nostro pianeta, mentre il secondo è trasmesso tramite un codice PRN(pseudo-random noise) e consente di misurare la distanza tra il satellite ed il ricevitore.
Dato che il segnale radio viaggia alla velocità della luce, infatti, basterebbe misurare la differenza tra il tempo di emissione e quello di ricezione (che è nell’ordine dei microsecondi) per conoscere la distanza percorsa. Il tempo di emissione viene rilevato confrontando il PRN ricevuto con uno generato sul posto, che coincidono solo quando sono stati calcolati utilizzando lo stesso tempo come input. Il tempo di ricezione, invece, non può essere misurato dai classici orologi al quarzo (che non sono abbastanza precisi per questo uso).
I nostri dispositivi, non disponendo di orologi atomici, utilizzano di conseguenza il segnale di quattro satelliti per determinare (tramite opportune equazioni) le loro coordinate spaziali e temporali. Il calcolo, inoltre, tiene conto dei dati forniti dal satellite sulle correzioni relativistiche e su quelle dovute alla presenza della ionosfera. L’utilizzo di un numero maggiore di satelliti, poi, aumenta la ridondanza delle informazioni e, quindi, consente di migliorare la precisione nella determinazione della posizione.
Osservando l’effetto doppler sul segnale (lo spostamento in frequenza che si verifica se sorgente e sensore sono in moto relativo, di cui un classico esempio si ha al passaggio di un mezzo di soccorso con le sirene attive), infine, i nostri smartphone possono calcolare con ottima precisione la loro velocità rispetto alla terra.
Ora che abbiamo visto a grandi linee i principi di funzionamento su cui si basano tutti i GNSS, possiamo finalmente addentrarci nella parte più intima di quella tecnologia GPS che, ad oggi, è la più utilizzata in tutto il mondo.
Il Global Positioning System attualmente può contare su una costellazione di 32 satelliti artificiali, disposti su 6 piani orbitali inclinati di circa 55 gradi rispetto l’equatore terrestre e distanti poco più di 20000 Km dal suolo. Ogni satellite dispone di alcuni pannelli solari, una batteria ed alcune antenne che trasmettono su due diverse frequenze (banda L1 a 1.57542 GHz e L2 a 1.2276 GHz) con una potenza di circa 25 Watt.
Il GPS è nato per scopi militari (per guidare missili, aerei e sommergibili nucleari), è mantenuto dall’aviazione statunitense e riserva tuttora alcune delle sue capacità al solo settore della difesa. Per questo motivo le due bande sono popolate da diversi segnali, dei quali solo alcuni sono disponibili ai consumatori. L’utilizzo della frequenza L2, ad esempio, è stata a lungo riservata ai soli ricevitori militari, e sono passati pochi anni dal lancio dei primi satelliti studiati per emettere un segnale civile anche su questa banda (L2c).
Ogni volta che uno dei satelliti della costellazione GPS passa sopra il territorio americano (il che accade due volte al giorno), d’altra parte, le stazioni di terra ne controllano l’orbita e, se necessario, ne aggiornano le effemeridi e la sincronizzazione dell’orologio atomico. Il lancio di nuovi satelliti in sostituzione di quelli più obsoleti, poi, è finanziato interamente dagli Stati Uniti, e la costruzione stessa dei moduli è effettuata da aziende nazionali.
La presenza di più segnali sulla stessa frequenza, comunque, è resa possibile proprio dall’uso di codici PRN che, di fatto, rappresentano un sistema di comunicazione CDMA (Code division multiple access). Ogni canale, infatti, è codificato utilizzando un algoritmo distintivo noto anche al ricevitore: è come se dai satelliti arrivassero messaggi scritti in lingue differenti, che possono essere facilmente smistati dai nostri dispositivi.
L’altro GNSS attualmente in funzione, poi, è GLONASS (Globalnaya navigatsionnaya sputnikovaya sistema), la risposta russa al GPS. Anche questo sistema è nato per scopi militari e, dopo un periodo di abbandono dovuto alla caduta del regime sovietico, oggi può contare su una nuova generazione di satelliti che gli consentono prestazioni simili alla versione americana e copertura globale.
La costellazione russa conta 28 satelliti gestiti dalle forze aerospaziali, situati su tre diversi piani orbitali inclinati di 64.8 gradi rispetto l’equatore ad una distanza di circa 19000 Km dalla superficie terrestre. Questa configurazione, in particolare, garantisce una copertura maggiore di quella GPS per alte latitudini, cioè per i luoghi più vicini ai poli.
Anche in questo caso i satelliti utilizzano due bande di frequenza (L1 a 1602 MHz e L2 a 1246 MHz), delle quali la seconda inizialmente era dedicata al solo uso militare di alta precisione. Al posto di un sistema CDMA, comunque, GLONASS ne utilizza uno FDMA, che consente ad ogni satellite di avere una propria sottobanda di frequenza in cui trasmettere. La codifica PRN (che è presente), dunque, è utilizzata solo per migliorare la ricezione del segnale nonostante la scarsa potenza delle antenne (che pure in questo caso raggiungono i 500W).
Gli ultimi modelli (dal 2008) di satellite GLONASS, infine, hanno iniziato a trasmettere anche in CDMA sulla banda L3 (a 1202.025 MHz). È prevista per il futuro un’ulteriore espansione del servizio con questa tecnologia, in modo da consentire la costruzione di moduli GNSS economici compatibili anche con GPS e Galileo.
A questo punto possiamo finalmente scendere dall’orbita terrestre e tornare dentro ai nostri smartphone per vedere cosa accade quando utilizziamo un’applicazione che richiede la conoscenza della posizione. Nel caso in cui fosse sufficiente una bassa precisione il nostro terminale potrebbe ricavarla, ad esempio, interrogando le torri radio più vicine sulla loro identità o, in caso di assenza del segnale telefonico, identificando le reti WiFi in zona.
Se fosse necessaria un’elevata accuratezza, tuttavia, il device dovrebbe necessariamente ricorrere al posizionamento satellitare. Il segnale ricevuto dall’antenna, in particolare, verrebbe amplificato (da un low noise amplifier, LMA) prima di passere da un filtro MEMS. Quest’ultimo componente, di fatto, è costituito da un sistema acustico che può entrare in risonanza solo in una ristretta banda di frequenza.
Il filtro, in particolare, sarà di tipo BAW se le oscillazioni avvengono dentro il chip, e di tipo SAW se invece avvengono sopra di esso. I cristalli piezoelettrici inseriti in questi elementi trasformano quindi il segnale elettrico in onde sonore che, se sono in risonanza, si rafforzano e vengono ritrasformate in elettricità. Le onde che sono fuori risonanza, naturalmente, vengono soppresse dal sistema.
A questo punto il segnale è pronto per essere processato dal modulo GNSS vero e proprio che, nella maggior parte degli smartphone odierni, è integrato direttamente nel SoC. Questo ha poi bisogno di un oscillatore molto affidabile (temperature controlled crystal oscillator, TXCO) per garantire un fix veloce del segnale.
Nel modulo il segnale viene processato secondo il modello che abbiamo già descritto, cioè viene demodulato confrontando il PRN ricevuto con uno generato sul posto. La velocità di questo processo può essere aumentata utilizzando il posizionamento assistito (come A-GPS) che, utilizzando informazioni inviate tramite rete cellulare, consente al modulo ricevente di conoscere approssimativamente la lista dei satelliti in vista e la loro posizione garantendo una consistente diminuzione del tempo di primo fix.
I moduli più avanzati in commercio utilizzano entrambe le costellazioni di satelliti (GPS e GLONASS), si affidano ai dati di accelerometri e giroscopi per prevedere la posizione futura del modulo e, infine, sfruttano sistemi di GNSS augmentation per migliorare la velocità e la precisione del fixing.
I sistemi di GNSS augmentation (come l’europeo EGNOS), per concludere, utilizzano satelliti geostazionari e basi a terra per correggere i frequenti errori delle reti GNSS dovuti, ad esempio, alla variabilità delle condizioni atmosferiche. Questi sistemi, dunque, trasmettono semplicemente dei dati aggiuntivi che sono utili a correggere la posizione calcolata tramite satellite e consentono, già oggi, di ridurre ad un solo metro l’errore dei GNSS commerciali.
Il mondo della navigazione satellitare, come avrete capito, si muove molto lentamente ed è schiavo della disponibilità delle grandi costellazioni messe in orbita dagli stati più grandi e ricchi. Questo vuol dire, da un lato, che nessuna azienda può da sola compiere scatti tecnologici rilevanti nella corsa alla precisione e, dall’altro, che i piani per il futuro di questo componente sono noti da tempo.
In primo luogo dobbiamo quindi segnalare l’esistenza del programma Galileo con cui l’Europa, sin dal 2003, punta a creare un sistema GNSS militare e commerciale di alta precisione che sia sempre disponibile ai suoi utenti con la massima accuratezza. La costellazione, in particolare, conterà a regime 30 satelliti che voleranno a circa 24000 Km dal suolo terrestre su tre piani orbitali inclinati di circa 56 gradi rispetto l’equatore.
Il sistema rappresenta una versione evoluta del GPS e sarà interoperabile e compatibile con il rivale americano. Saranno presenti dei messaggi di integrità per evitare errori di posizionamento, e l’innalzamento della velocità di trasmissione (che passerà dai 50-100 sps del GPS a 1000 sps) permetterà l’invio globale o locale di messaggi di sicurezza, meteo, aggiornamenti di mappe e indicazioni sul traffico.
La prevista compatibilità con il “vecchio” GPS e le caratteristiche orbitali, infine, lo renderanno particolarmente utile nelle zone ad elevata latitudine (come il nord europa) e nei canyon cittadini. I due sistemi GNSS attuali, inoltre, hanno iniziato l’aggiornamento dei loro sistemi che li renderà sempre più compatibili con il nuovo sistema europeo.
Non possiamo dimenticare poi BeiDou 2 (già noto come COMPASS), la risposta cinese ai GNSS occidentali. In questo caso, purtroppo, i 35 satelliti artificiali che saranno in orbita nel 2020 non consentiranno ai consumatori di ottenere le stesse performance dedicate ai militari, ma limiteranno l’accuratezza commerciale a soli 10 metri. Si tratta, comunque, di un importante tassello che aumenterà ulteriormente la ridondanza e la precisione dei sistemi di posizionamento satellitare.
Concludiamo questo articolo citando i sistemi regionali che, pur non essendo attualmente visibili dall’Europa, potrebbero un giorno estendersi a livello globale. Oltre a BeiDou, che già ha programmato il grande passo, dobbiamo quindi citare l’indiano IRNSS ed il giapponese QZSS. L’insieme di questo gran numero di satelliti, che saranno in orbita secondo le stime attuali entro il 2020, consentirà in futuro di produrre moduli GNSS in grado di rilevare un numero elevatissimo di segnali e, di conseguenza, di calcolare la posizione con grande precisione e velocità!