Sta entrando nel vivo il conflitto fra Russia e Ucraina e fra le conseguenze potrebbe esserci anche un peggioramento della crisi dei chip. È da quando la pandemia ha colpito la filiera globale che il mercato dei semiconduttori ne ha pesantemente risentito e con esso tutte le aziende annesse. I motivi per i quali c’è ancora questa crisi ve li ho spiegati in questo video-editoriale, a cui adesso potrebbero aggiungersi anche quelli correlati al conflitto nell’Europa orientale. Come stanno facendo presenti analisti di settore, gli episodi bellicosi a est del continente comporterebbero un ulteriore inasprimento di una già difficile situazione di approvvigionamento delle materie prime.
Ecco come peggiorerà la crisi dei chip per colpa del conflitto fra Russia e Ucraina
Negli scorsi giorni, il gruppo di ricerca Techcet ha sottolineato come l’industria dei semiconduttori dipenda dalla produzione di materiali di origine russa ed ucraina e che pertanto sarebbero soggetti a forti rallentamenti nel momento in cui la Russia decidesse di avanzare nel conflitto. I materiali in questione sono principalmente due: neon e palladio. Numeri alla mano, il 90% delle forniture di neon utilizzati dalle fabbriche statunitensi di semiconduttori arriva dall’Ucraina. Il neon è un materiale indispensabile per la realizzazione dei laser adoperati per la stampa dei chip sui wafer di silicio. Sempre dalla Russia proviene il 45% del palladio usato delle fabbriche mondiali, materiale utilizzato per la creazione di sensori e memorie.
Fra i materiali colpiti dalla crisi ci sono anche le terre rare, di cui la Russia possiede il 4° giacimento più grande al mondo stimato per 12 milioni di tonnellate, mentre gli Stati Uniti si fermano a 1,4 milioni. Il conflitto fra Russia e Ucraina potrebbe colpire le forniture di scandio, una delle materie prime utilizzate nella fabbricazione dei semiconduttori. Ma non finisce qui: le preoccupazioni degli analisti comprendono anche gas come neon, elio e C4F6, cioè gas anch’essi utilizzati nel processo litografico per l’incisione dei chip sulle lastre di silicio. Parliamo di materiali prodotti dall’industria siderurgica in Russia e poi purificati in Ucraina, pertanto particolarmente suscettibili a un conflitto del genere.
Per mettersi al riparo da tale problematica, la Casa Bianca ha avvisato gli esponenti nazionali dell’industria dei semiconduttori di attuare una diversificazione, cioè individuare fonti alternative per l’approvvigionamento di questi materiali. Ricordiamo che negli Stati Uniti troviamo chipmaker come Intel, Micron, Texas Instruments, GlobalFoundries, Analog Devices e altre realtà minori. Non sarebbero interessate invece compagnie come Apple, AMD, NVIDIA, Qualcomm e Broadcom, dato che questi sono chipmaker fabless e che perciò si affidano ad altre compagnie, in particolar modo la taiwanese TSMC per la produzione fisica.
Per il momento il governo americano non si è esposto pubblicamente, ma una fonte anonima vicina alla vicenda ha così dichiarato: “Stiamo lavorando con le aziende per assicurarci che se la Russia intraprende azioni che interferiscono con le catene di approvvigionamento, le aziende siano preparate a interruzioni. Comprendiamo che sono disponibili altre fonti di prodotti chiave e siamo pronti a collaborare con le nostre aziende per aiutarle a identificare e diversificare le loro forniture.“.
L’impressione è che un eventuale conflitto fra Russia e Ucraina non fermerebbe il mercato, ma causerebbe comunque un inasprimento della crisi dei chip. In particolare un innalzamento dei prezzi, in quanto calerebbe l’offerta ma aumenterebbe la domanda verso fonti alternative a quelle dell’Est Europa. Aumenti che sono già avvenuti nel 2014, quando il prezzo del neon aumentò del +600% a causa della crisi in Crimea sempre fra Russia e Ucraina.
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