Non so voi, ma nella storia contemporanea non ricordo elezioni più turbolente di quelle per il presidente USA 2020. Lo scontro fra Donald Trump e Joe Biden assunse toni molto accesi, per usare un eufemismo. Al punto da costringere i social a correre ai ripari: Facebook, Twitter e YouTube hanno bannato gli account di Trump, mentre Google ha rimosso l’app Parler dal Play Store. Tutte scelte che hanno gettato benzina sul fuoco sulla discussione attorno all’enorme potere che queste aziende detengono sulla libertà di parola. Finora non era mai successo che un politico di questo calibro venisse “cancellato” dal dibattito online e questo ha inevitabilmente portato a movimenti di opposizione. Ovviamente non starò qua a farne un dibattito politico: per quanto stimolante potrebbe essere, ci sono altri lidi per discuterne. Qua parliamo di tecnologia e l’argomento di oggi, il Freedom Phone, ricade (ahimé) proprio in questo calderone.
Freedom Phone è il nuovo e controverso smartphone “contro la censura”
L’idea di questo Freedom Phone nasce dalla mente di Erik Finman. Probabilmente non l’avrei mai sentito nominare: salì alla ribalta della cronaca anni fa per aver investito 1.000$ in bitcoin nel 2011 all’età di 12, ritrovandosi così a 18 anni con un patrimonio milionario in tasca. Ma come afferma nelle sue intervista, si è stancato del mondo delle criptovalute e ha deciso di intraprendere una carriera come imprenditore. Ecco, quindi, che nel 2021 decide di buttarsi nel mondo tech sulla base di quanto detto ad inizio articolo. Come si può intuire già dal nome, il concetto dietro a Freedom Phone è quello di offrire uno smartphone totalmente privo di censure.
Sin da subito, il progetto ha fatto alzare più di un sopracciglio. In primis perché non capita tutti i giorni che un giovane ragazzo cerchi di inserirsi in un mercato altamente competitivo come quello degli smartphone. In secundis per ragioni politiche, visto che il progetto nasce per contrastare le ideologie che approvano quanto fatto da Google, Facebook e Twitter. Il ban di Donald Trump dai social è stato duramente contestato dalla destra conservatrice statunitense, con aspre accuse di censura contro queste piattaforme. Come afferma lo stesso Finman, Freedom Phone “il primo grande respingimento delle società Big Tech che ci hanno attaccato“, paragonando il comportamento di Big Tech a quelle dei dittatori del passato.
Ma cosa c’entra UMIDIGI?
E visto che siamo su GizChina, ha attirato il mio interesse un particolare menzionato da Erik in un’intervista al The Daily Beast. Alla domanda su chi fosse l’azienda manifatturiera, ha confermato che è UMIDIGI ad occuparsi della sua realizzazione. A questo punto, si potrebbe far presente che UMIDIGI è un’azienda con base a Shenzhen in Cina, una nazione dove l’attività censoria è storicamente molto prolifica. Egli ha specificato che lo smartphone viene costruito ad Hong Kong, quindi fuori dalla Cina, ma stando al sito di UMIDIGI, il quartier generale (e quindi ipotizziamo anche la catena di produzione) è a Shenzhen (che comunque dista pochi km da Hong Kong). In tutto ciò, l’azienda cinese non ha ancora rilasciato commenti sulla situazione.
Non sappiamo quali siano le specifiche di questo Freedom Phone, ma l’impressione da più parti è che si tratti nient’altro che di un rebrand dell’UMIDIGI A9 Pro. La differenza, però, è che mentre lo smartphone UMIDIGI costa attorno ai 150/200$, il Freedom Phone sale a ben 499$. Ma se l’hardware è identico, significa che tutto il budget è stato investito nella realizzazione di un software a prova di censura. Giusto? Cerchiamo di capirlo.
Cosa c’è che non va nel Freedom Phone
Mettendo da parte la questione morale/politica, i dubbi suscitati dal Freedom Phone sono parecchi. Vi starete chiedendo come sia possibile che un’azienda nata dal nulla possa proporre uno smartphone con un software totalmente privo di censure. Bella domanda. Come riportato sul sito ufficiale, lo smartphone integra uno sconosciuto sistema operativo FreedomOS (da non confondere con la custom ROM omonima). Viene definito “il primo OS con libertà di parola“, privo di tracking per app, tastiera e GPS. Ruota attorno a due elementi: partiamo da Trust, definito come il “guardiano della privacy” del sistema operativo: se un app o un sito inizia a tracciarvi, si verrà informati potendo bloccarlo.
La prima cosa che è stata notata è la somiglianza con il logo di un elemento all’interno della custom ROM LineageOS che si chiama… Trust. Forse è solo una coincidenza? In realtà no: come segnalato da Ron Amadeo di ArsTechnica, in un video online del Freedom Phone è possibile notare diverse app stock di LineageOS (così come altre di Google, ma vabbè). Se più indizi fanno una prova, è altamente probabile che siamo di fronte ad un UMIDIGI A9 Pro con una ROM LineageOS GSI. Anche perché, parliamoci chiaro, Huawei sta faticando a costruire un sistema operativo da 0 e dovrebbe riuscirci un 20enne con 0 esperienza nel mondo tech?
Il secondo elemento attorno al quale è costruito il Freedom Phone è l’app store proprietario, chiamato PatriApp Store. A differenza del Play Store, dove Google “fa il bello e il cattivo tempo” eliminando le app che non ritiene legittime, qua sarà possibile trovare qualsiasi app, anche quelle bannate. Mostrato in video dall’influencer conservatrice Candace Owens, non c’è voluto molto prima che qualcuno sgamasse la “somiglianza” con un altro app store.
Sembra trattarsi nient’altro che di un rebrand dell’Aurora Store, client open source del Google Play Store già esistente da anni. Se così fosse, l’azienda del Freedom Phone non avrebbe alcun vero controllo sulle dinamiche dello store.
Ciò che traspare da tutta questa manovra è che sostanzialmente Freedom Phone non sia altro che uno smartphone di origine cinese venduto a quasi il triplo del suo prezzo. Un surplus che non è giustificato da un software che sembra essere una custom ROM open source sul quale non è stato svolto alcun lavoro, se non cercare di camuffare i collegamenti alle fonti. Condite il tutto con del marketing “contro i poteri forti” ed ecco a voi un prodotto che sa molto di truffa legalizzata.
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